AL BANO E ROMINA: UNA SIMPATICA, COMMOVENTE COMPLICITÀ

Di Gino Morabito

Amore è il sentimento che, nell’immaginario collettivo, vorremmo rappresentasse Albano e Romina in secula seculorum. Un amore – ci racconta lo stesso Re Leone – che transita nella fase degli “attimi maturi”, quegli attimi da continuare a raccogliere nel tempo, perché fondati su un forte senso di rispetto reciproco e della consapevolezza di essere ancora famiglia…

… con una storia di coppia sulla quale, un giorno, è arrivato il tramontare del sole. Al di là del clamore mediatico e della strumentalizzazione dei personaggi principali della vicenda, il romanzo popolare italiano per eccellenza scopre un capitolo inedito, fatto di musica e passione declinate in un progetto artistico che vede ancora insieme Al Bano e Romina Power. A 25 anni dall’ultima registrazione in duetto, la coppia musicale più famosa e amata in tutto il mondo raccoglie l’attimo e pubblica il nuovo lavoro, frutto di un’intesa complice. Una simpatica, commovente complicità.

Al Bano, il Re Leone ha ruggito!

«Sì, come sempre!»

Dopo il fortunato esperimento televisivo “Il cantante mascherato”, in onda su Rai 1, quanto ti senti leone?

«Mi sento un performer che può interpretare il leone, come l’orso… e sé stesso. La vita dev’essere anche un gioco.»

Cosa ti porti a casa di quell’esperienza?

«Il divertimento di aver fatto una cosa unica in tutta la mia carriera: cantare in totale playback, interpretando un animale. Con un risultato sicuramente positivo.»

Ti aspettavi di vincere?

«Sì, me l’aspettavo! E non solo io. Diciamo che, in base alle reazioni del pubblico e alla risposta che ho avuto dalla gente e dai media, era una vittoria evidente. Poi, pazienza, è andata com’è andata…»

Perché, un artista affermato come Al Bano, sente ancora la necessità di rimettersi in gioco, senza rete di protezione?

«Nella vita, o nasci coraggioso, e io lo nacqui, o sei un opportunista, e io non lo sono mai stato!»

Si ha sempre quel maledetto bisogno di dimostrare qualcosa, anche a sé stessi.

«A me stesso senz’altro! Ho dimostrato che la vita è un gioco e bisogna saper giocare. Quella trasmissione è molto piaciuta ai miei nipotini, che sapevano che il nonno era dentro il leone e si divertivano un sacco.»

Magari quell’esperienza è servita a far conoscere Al Bano anche alla prossima nuova generazione di fan.

«Non so se sarà così. Sicuramente ai miei nipoti ha fatto effetto.»

Restando in argomento televisivo, in molti sostengono che i talent danneggino la musica italiana, che non esiste più la gavetta per arrivare al successo ma tutti vogliono tutto e subito. Tu che ne pensi?

«Andrò controcorrente, ma la gavetta esiste nei talent. L’ho visto con i miei occhi! Ragazzi che stanno sei mesi lontano dalla famiglia, è una bella prova. Una palestra fatta di studi, di contatti con gente dell’ambiente, di vero mestiere… e non è per niente facile.»

Chiusi sei mesi in una scuola dello spettacolo, che è rappresentazione. Non si corre il rischio di perdere il contatto con la realtà?

«Tutta la gente che studia non perde il contatto con la realtà. Sta là dentro, impegnandosi al massimo e senza distrazioni. Per svagarsi ci sarà tempo! Se ci pensi, è così anche per lo sport: tutti i ragazzini e i giovani dei club calcistici più importanti, ad esempio, anche loro hanno un programma intenso da seguire senza distrazioni. Se non fai sacrifici nella vita, non ottieni risultati.»

Viviamo in un mondo caratterizzato sempre di più da relazioni virtuali, in cui il coinvolgimento spesso risulta indiretto. Come si può descrivere l’amore alle nuove generazioni? E la musica quale ruolo gioca?

«Ogni generazione vive a suo modo l’amore, che cambia a seconda dei tempi, delle pseudo-rivoluzioni o evoluzioni. Sai qual è il vero dramma per mamma Musica? I computer, le macchine, che stanno cancellando la melodia. È quello il vero dramma!»

Le nuove tecnologie, dunque, stanno annientando la parte umana della musica!?

«Chiaro! Ormai siamo in balia del tic tac dei tasti di computer, che ti propongono una musica non più scritta dall’uomo.»

Entrando più nel privato, amore è il sentimento che, nell’immaginario collettivo, rappresenta ancora oggi la coppia evergreen Al Bano e Romina Power. Ti è mai passato di mente di voler provare a raccogliere l’attimo con lei?

«Io raccolgo sempre l’attimo! Con Romina siamo in una fase di “attimi maturi”, nel senso che siamo coscienti che io sono il padre dei suoi figli e lei la madre dei miei figli, e che abbiamo avuto una vita insieme niente male. Una storia insieme sulla quale, poi, è arrivato il tramontare del sole. Però è rimasto in piedi un forte senso del rispetto, e questo è un grande risultato.»

Nel vostro nuovo progetto discografico, Romina interpreta, tra le altre, “Una canzone complice”. Ti rigiro la domanda: c’è stata una canzone complice nella vostra vita di coppia?

«Nella nostra coppia artistica, tutto quello che abbiamo cantato io e Romina è stato frutto di complicità. Una simpatica, commovente complicità. Poi, per venticinque anni, non abbiamo più fatto niente insieme. D’altronde, è difficile lavorare con una persona che si trova in America e l’altra in Italia. Ti assicuro che è difficile!»

Tu interpreti “Madre mia”, brano dedicato a tua mamma Jolanda, recentemente scomparsa.

«È un brano che ho dedicato a mia madre quand’era ancora in vita, poi l’ho riascoltato dopo che non c’era più ed ha avuto un significato ancora più violento, a livello emotivo.»

Perché più violento?

«Perché, quando una parte indispensabile della tua famiglia vola via, ti rimane un vuoto incolmabile. Ho avuto la fortuna di avere una mamma veramente straordinaria, era un faro che illuminava a 360 gradi. Se chiudo gli occhi, sono tantissimi gli episodi, i ricordi che legano le nostre vite.»

Che figlio sei stato?

«Ho combattuto contro mia madre nel periodo in cui, da ragazzo, volevo scappare via dal Sud. Lei non voleva, non aveva capito fino in fondo quali fossero la mia determinazione e la mia voglia di realizzarmi. Quando poi decisi di andare, so di averle fatto molto male, ma dovevo diventare ciò che sono. In seguito, mia madre ha capito, e siamo tornati ad essere ancora più vicini di prima.»

Che infanzia è stata quella di Albano Carrisi?

«Analizzando chi sono oggi, chi sono diventato dopo il grande successo, e chi ero da ragazzino, ho una nostalgia fottuta di quel periodo. Vivevo in una società povera, ma semplice e soprattutto sana, dove ogni casa era una famiglia e si celebrava quotidianamente il rito del saper vivere bene.»

Il 15 ottobre 2016 ti viene consegnata la cittadinanza onoraria del piccolo comune calabrese di Motta Santa Lucia. La motivazione di tale onorificenza è attribuibile al fatto che Al Bano è un grande testimonial della battaglia contro le discriminazioni del sud Italia.

«L’Unità d’Italia è avvenuta quasi 160 anni fa, ma non è ancora attiva. Io mi sto battendo, insieme a tanta altra gente, sul fronte alta velocità. Chissà perché arriva fino a Napoli, ma solo una fascia, e il resto del Sud è ancora lontano dall’essere parte integrante dell’Italia. Mi dispiace dirlo, ma siamo ancora discriminati!»

Se ne avessi facoltà, quale sarebbe la prima opera che allestiresti per il tuo Sud, affinché le giovani generazioni smettano di fuggire altrove, in cerca di un futuro possibile?

«Bisogna sposare la causa dell’associazione culturale “L’isola che non c’è”, e di tutte le verità sommerse che sta riportando a galla. Occorre un bel piano, un disegno di legge concordato con tutte le parti politiche, e che i politici del Sud siano un po’ meno attaccati alla propria poltrona e più attenti alle sedie dei cittadini che li hanno messi là per rappresentarli.»

Cos’è che non tolleri del nostro Meridione?

«Quanta plastica buttata per le strade! Quanta sporcizia! Hanno mai capito, quelli che adottano questi comportamenti incivili, che la terra è la nostra prima madre? Dobbiamo rispettarla come tale, non fare quelle sconcerie che denotano la totale assenza di sensibilità, cultura, amore verso la propria terra!»

In te non esistono stanze segrete, è tutto alla luce del sole. Quel sole che illumina la volontà di continuare a credere nei propri sogni. Oggi cosa sogna Al Bano?

«La giusta equità tra Nord e Sud, riuscire a sconfiggere le malattie che ci affliggono, vedere un mondo in pace. Un mondo dove l’uomo sia Uomo con la U maiuscola!»

Parlando di uomini, come vivi il pregiudizio?

«Penso che non esista una persona al mondo che non sia inseguita dal pregiudizio. Vuoi per invidia, stupidità, malumori… ognuno di noi porta addosso una parte di pregiudizio. È un elemento naturale, che fa parte dell’uomo.»

Nel bilancio della tua vita, c’è qualche rimpianto?

«Nessun rimpianto! Ho vissuto sempre con determinazione, sia le cose belle, sia quelle meno belle. E, siccome in bilancio, nella vita, bisogna mettere pure i propri errori, ci metto anche quelli.»

Vivere con determinazione! La determinazione di un uomo che mi ha sempre colpito per la profonda umanità e quell’umiltà tipica dei grandi. Ti percepisco così. Tu, invece, cosa vorresti si dicesse di te?

«Mi piacerebbe che si scaricasse quello che è il mio personaggio; uscire fuori, una volta per tutte, dal triangolo Al Bano-Romina Power-Loredana Lecciso, perché venire strumentalizzati dall’esercito dei gossippari mi dà proprio fastidio. Vorrei che si cercasse invece di approfondire maggiormente quelli che sono i miei meriti artistici, le mie canzoni.»

Nella tua discografia, c’è qualche canzone che avrebbe meritato più successo?

«C’è un Al Bano, sia compositore, sia artista, che dev’essere ancora capito e valutato per quello che è. Quanto alle canzoni che avrebbero meritato più successo, sono tante. Così, alla spicciolata, “Il pianto degli ulivi”, “E il sole dorme tra le braccia della notte”… e i brani del repertorio classico, che corrispondono ai nomi di Puccini, Verdi, Ciaikovskij… Ascoltali e vedi un po’ cos’è che è riuscito a fare Al Bano.»

www.musicaintorno.it

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