LUCA CARBONI, DAL CUORE VERSO LA GENTE

C’eravamo sentiti per gli auguri di Natale, due compagni di strada che, affrontando percorsi diversi, non si perdono mai di vista del tutto.

Ve lo racconto perché, dietro lo straordinario hit maker dai testi ironici e profondi, si disvela una personalità amichevole e accogliente.

Sarà perché, come tutti gli artisti della Bilancia, anche Luca Carboni vive questa dualità, nel tentativo di mettere in equilibrio gli opposti che lo definiscono, quegli estremi presenti a tutti i livelli della vita: la gioia e il dolore, il pianto e il sorriso. Contraddizioni che poi entrano in qualche modo nella sua opera artistica e la rendono unica. Anche “Sputnik” non si sottrae a questa logica: è una parola dal suono duro ma dal significato dolce, “compagno di viaggio”.

«Un viaggio in senso metaforico è sicuramente quello che avviene quando riesci a partire con un racconto nuovo ogni volta, con una nuova canzone, con un nuovo disco… Un viaggio nella creatività, dall’interno all’esterno: dal cuore verso la gente.»

Il raffinato pop d’autore di Luca Carboni ci prende per mano alla scoperta di quei segni del tempo che hanno caratterizzato trent’anni di musica, una musica figlia del dualismo culturale USA-URSS e interprete di un sentimento poetico declinato, ora negli album più acustici ed intimisti, ora in quelli più marcatamente elettronici o ancora elettrici.

Una carriera iniziata nell’ottantaquattro, quella del cantautore bolognese innamorato dell’Isola d’Elba, che porta sul palco le problematiche della nostra società, il rapporto con gli altri, il valore dei sentimenti, l’amore sopra ogni cosa… le tante anime d’artista che rimane Luca lo stesso.

Luca, sei un artista che ama e ha sempre amato gli opposti: costruire un brano marcatamente pop con un testo da cantautore, far seguire a un album acustico uno dominato dall’elettronica. Prerogativa del segno della Bilancia?

«Quello che un artista realizza, credo sia sempre figlio del suo essere. Come altri artisti sono del segno della Bilancia e la Bilancia ti spinge probabilmente a ricercare un equilibrio, a tentare di far pendere in egual misura gli opposti. Provo a mettere in equilibrio le contraddizioni, quegli estremi che viviamo a tutti i livelli della vita: la gioia e il dolore, il pianto e il sorriso. Tutto questo poi entra in qualche modo anche nella mia opera artistica.»

Anche “Sputnik” non si sottrae a questa logica: è una parola dal suono duro ma dal significato dolce, “compagno di viaggio”.

«Ha anche dei connotati che, anni fa, potevano essere molto forti politicamente. C’è sempre questo dualismo della nostra civiltà, figlia dell’URSS e degli USA. Nello stesso titolo ho voluto sottolineare la cultura nella quale sono cresciuto, i tempi dentro i quali sono nato e ho trascorso l’adolescenza.»

Restiamo in tema di dualità. Assieme all’indiscussa ironia, atro elemento presente in molti brani è la paura di mostrarsi come si è davvero.

«All’interno di ogni brano puoi anche creare un gioco ironico di parole, ma da una singola canzone non si può capire cosa ci sia dietro la personalità dell’artista. Credo invece che, dall’insieme ormai dei tanti dischi che ho fatto, in un racconto che va avanti da più di trent’anni… beh, allora, ascoltando quel percorso, si riesca a capire abbastanza di me.»

Hai fatto tante canzoni di successo e il successo talvolta si subisce: l’attenzione mediatica ti trasforma in personaggio dall’oggi al domani, privandoti della capacità di vedere che succede fuori.

«È vero che il successo in qualche modo può destabilizzare, spostando i tuoi equilibri. Quando è arrivato per me il grande successo nell’ottantasette, all’epoca di “Farfallina” e “Silvia lo sai”, mi ha quasi traumatizzato, mi ha spiazzato, ma sono riuscito a fare un percorso che mi ha permesso di saperlo vivere, saperlo gustare e non esserne schiavo; un percorso grazie al quale non sono rimasto chiuso all’interno del mio stesso successo ma aperto a quello che succede fuori.»

Nella tua ricca discografia è presente anche un brano incentrato su quei famigerati “dieci minuti” delle donne quando devono uscire. Tu, quei dieci interminabili minuti, come li trascorri?

«Quello che ho raccontato nella canzone è estremo: fare miliardi di cose, viaggi, pensieri… Sono una persona che cerca sempre di ottimizzare il proprio tempo, che dà molto valore al proprio tempo. Se non mi faccio prendere dal nervoso, in quei dieci minuti vado col telefonino su Internet per approfondire un argomento che mi è venuto in mente nel frattempo.»

Nel frattempo accade che le band si sciolgono, l’hai detto tu stesso. Nell’esperienza umana e professionale di Luca Carboni, sopravvive ancora qualcosa da poter etichettare con “per sempre”?

«Hai citato un album, “… le band si sciolgono”, che stavo proprio riascoltando in questi giorni e, non a caso, “Sputnik tour” parte con “Segni del tempo”, una canzone di quell’album. Per me ogni cosa nasce per essere per sempre, poi non sempre questo accade ma, nel momento in cui la vivi, le dai quel peso lì. Un po’ come Lucio quando diceva: “È eterno ogni minuto, ogni bacio ricevuto dalla gente che ho amato”

Un figlio è per sempre. Tu, per lui, che padre sei?

«Credo di essere un padre abbastanza rispettoso della nuova generazione di cui mio figlio fa parte, rispettoso dei suoi pensieri; un po’ meno severo rispetto a mio padre, ma – come lui – con dei punti fermi.»

Punti fermi all’interno di un percorso di vita, che ha avuto come compagna di viaggio la musica. Moderno Virgilio, in quale luoghi ci vorresti accompagnare?

«Con questo nuovo tour, figlio di un nuovo album che racconta un po’ tutti gli opposti che ci sono stati nella mia produzione discografica a partire dall’ottantaquattro, dallo “sputnik” della musica elettronica, voglio fare un viaggio nel tempo, in epoche ma anche in sonorità molto diverse fra loro. Voglio accompagnarvi all’interno di un concerto che vive di contrasti musicali: da momenti intimi e acustici a quelli elettronici, a momenti molto elettrici.»

Qual è il viaggio più bello che hai fatto?

«Un viaggio in senso metaforico è sicuramente quello che avviene quando riesci a partire con un racconto nuovo ogni volta, con una nuova canzone, con un nuovo disco. Il viaggio più bello che faccio, e che non saprei nemmeno descrivere, è quello della creatività, un viaggio dall’interno all’esterno: dal cuore verso la gente.»

Luca, qual è il tuo luogo del cuore?

«Amo il mare, sono molto legato all’Isola d’Elba, dove trascorro parte dell’anno, ma anche a Bologna, perché il posto che in qualche modo mi ha formato, mi ha fatto crescere, mi ha fatto vivere le esperienze. Credo che quel luogo non si possa allontanare mai troppo da te stesso.»

Gino Morabito

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