GIUSY BUSCEMI, UNA RICCHEZZA UMANA DA RACCONTARE

Di Gino Morabito

Dall’agrigentina Menfi alla “Sapienza” di Roma per conseguire la laurea in Letteratura, musica e spettacolo. Poi la fascia di vincitrice di Miss Italia nel 2012 e il debutto sul grande schermo a decretare l’inizio di una carriera in rapida ascesa. Per la splendida Giusy Buscemi una vita in crescendo, all’insegna dei riflettori e di una fede che non l’ha mai abbandonata.

Protagonista nei panni di “Vanina – Un vicequestore a Catania”, dal 27 marzo al 17 aprile in prima serata su Canale 5. Con la partecipazione di Giorgio Marchesi per la regia di Davide Marengo, quattro puntate tratte dai romanzi di Cristina Cassar Scalia editi da Giulio Einaudi editore.

In onda una serie che potrebbe essere la risposta Mediaset al commissario Montalbano.

«Quando si parla di aspettative, cerco sempre di concentrarmi all’oggi. Altrimenti è finita. Chiaramente, poi, c’è un’aspettativa anche nella consegna di questo nuovo progetto a un pubblico che, in buona parte, ha già letto i romanzi da cui è tratta la serie. Da parte mia, c’è sicuramente il desiderio e la volontà di restituire un personaggio che sia vero, con una grande ricchezza umana da raccontare.»

È stato un gioco ad immedesimarsi nelle distanze.

«Ho lavorato su un bioritmo completamente diverso dal mio. Lei con l’immagine di una ragazza sregolata che ha sofferto la morte del padre; io, invece, più meditativa, sicuramente meno istintiva.»

Essere immedicabilmente scissa, irrisolta, fra luce e tenebra, fra allegria e malinconia. Gli elementi alla base del fascino del vicequestore Giovanna Guarrasi.

«Lei segue molto il suo istinto, soprattutto quando lavora. Un po’ le invidio il sapere sempre cosa fare al momento giusto. E, oltre all’istinto, Vanina si fida della sua squadra, denotando dunque la capacità di chi sa delegare. Anche a costo di commettere errori.»

Sullo sfondo Catania. Una città complessa, chiara e scura.

«Catania viene narrata benissimo, sia nei gialli di Cristina Cassar Scalia, sia dalla regia di Davide Marengo. È un luogo che ha molto in comune con Vanina, la quale soffre d’insonnia e si riconosce in una città in continuo fermento, che non dorme mai. Giusy, invece, non appena tocca una superficie piana per dormire, crolla di sasso (ride, ndr).»

In genere, dal Sud si scappa. Invece, nella metropoli etnea la protagonista scopre la possibilità di una nuova vita.

«Non è un’utopia, affatto! Con grande sorpresa, mi rendo conto del desiderio sempre crescente, da parte delle nuove generazioni e anche dei miei coetanei, di cercare di vivere del proprio lavoro restando al Sud, soprattutto quando si mette su famiglia.»

Un amore per la Sicilia riscoperto all’improvviso. Tanto da prendere il patentino per diventare imprenditrice agricola coltivando il sogno di aprire un agriturismo.

«È una visione a lungo termine, che, a poco a poco, io e mio marito stiamo costruendo. Abbiamo già avviato la coltivazione di avocado e la produzione di olio. Il sogno è quello di riuscire a realizzare una struttura dove si possa fare turismo esperienziale, riportando in luce quei mestieri con cui si fa fatica nel cambio generazionale. È un progetto sicuramente ambizioso, ma con un grande ritorno in termini di valorizzazione della la terra.»

Nel romanzo privato di Giusy Buscemi, tre meravigliosi capitoli dedicati a Caterina, Pietro ed Elia.

«Sono cresciuta con una mamma casalinga sempre presente e con un papà dedito al tempo insieme. Mi hanno insegnato l’onestà, l’essere sinceri, la lealtà. Tutti valori che sto cercando di trasmettere ai miei figli. Soprattutto vorrei educarli all’amore per il prossimo, alla condivisione, affinché comprendano che è bello spendersi per gli altri e che da soli non si va da nessuna parte.»

Per tutti e tre, la scelta di Maria come secondo nome. Segno tangibile di una fede come bussola di vita.

«Ha fatto parte della mia formazione, passando per un distacco e poi per un riavvicinamento in età più adulta. Oggi sono una cristiana che trova nella fede il proprio modo di vivere.»

Una bellezza di spirito che si manifesta anche all’esterno. Vincitrice della 73ª edizione di Miss Italia all’età di diciannove anni, deve a quella fascia tutto quanto sarebbe stato dopo.

«Ha rappresentato il passaggio fondamentale che mi ha portato a Roma, dove ho incominciato a studiare recitazione per diventare attrice, offrendomi anche una vetrina per farlo.»

Un titolo che talvolta può diventare etichetta.

«Dipende dalle persone con cui si interagisce. Se per alcuni la bellezza è solo un’etichetta, allora diventa estremamente difficile riuscire a dimostrare altro; se, invece, è una tappa della vita, che non rappresenta necessariamente tutto, beh, allora in qual caso, la strada per mostrare le altre qualità che si possiedono è più facile da percorrere.»

www.musicaintorno.it

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