UTO’PIANS, IL QUARTO CAPITOLO PER LA SALVAGUARDIA DEGLI ANIMALI

Di Davide Agrò

Arrivata al quarto capitolo, Uto’pians – Piano collection raccoglie quindici brani di altrettanti artisti selezionati da Jordane Tumarinson, curatore e ideatore della raccolta, allo scopo di donare parte dei profitti all’associazione ambientalista turca Silivri Canlari che si occupa della salvaguardia degli animali. Pianoforte, sogni, natura e utopie gli ingredienti che compongono questo disco, come sempre in uscita per la Blue Spiral Records.

Footsteps overhead di Kezia Tomsett, pianista londinese, danza su note malinconiche, dopo una breve e intensa introduzione che lascia il passo a un tema romantico, per sfociare in una seconda sezione più serrata, intensa, quasi martellante. Un’altalena dinamica creata con grande maestria. Dalla Francia, Élodie Sablier ci propone Burning road, un brano veloce caratterizzato da una prima parte carica di note e una seconda più pacata e riflessiva, che si contendono la scena quasi in un botta e risposta.

Un vento nordico, più precisamente svedese, irrompe alla traccia numero tre con We come along so easily di Annasara, dove voce, violino e pianoforte tessono una melodia quasi fiabesca in un brano neoclassico che non disdegna un pizzico di pop. Quattro minuti che non vi basteranno a saziare la sete di musica. Più aspro e drammatico Tears on window, composto e suonato dalla francese Charlotte Reinhardt, riesce a destabilizzare l’ascoltatore tenendolo in costante tensione sonora, senza mai un punto di reale riposo.

Intimistico e minimal, il brano alla traccia numero cinque prende il nome di Reflecting, una composizione di Marika Takeuchi. Priva di un vero e proprio exploit sonoro, si sforza di creare una lentissima evoluzione melodica rimanendo su toni docili e pacati. Tempo composto, quasi a voler imitare un carillon o una ninnananna dal sapore neoclassico, l’artista francese Bon Coeur ci fa ascoltare la sua Les embrunes. Malinconica e lenta, prende velocità dopo il primo minuto e mezzo, per tornare nuovamente al tema principale. Sperimentale e spiazzante, Monika Deja propone As the wind whispers, dove voci, percussioni e cori guidati dal pianoforte si mischiano in una cornice quasi etnica, tribale. Poco più di due minuti densi di musica.

Invece, l’americano Josh Kramer suona Into the dark. Un brano tutto d’un fiato, cantabile senza troppi fronzoli, che strizza l’occhio al cinema e alla colonna sonora. Incantevole melodia è The stream dell’inglese Ben Crosland che confeziona un brano a tratti pop. Alla traccia numero dieci troviamo Sweet noise di Friedrich (Federico Squassabia). Un elegantissimo climax sonoro con protagonista il pianoforte che incalza note una dietro l’altra, aumentando le dinamiche fino ad esplodere. Una breve introduzione di archi precede il pianoforte in Circles di George Denis. Il polistrumentista duetta assieme ai violini in una danza, senza che l’uno prenda il sopravvento sugli altri.

Tesa e ricca di note, Isla di Simon Leoza, dopo il primo minuto e mezzo, si fa sostenere da timidi archi, per poi sfociare in contaminazioni elettroniche, suoni lunghi come sirene e il rumore del mare. Timidamente giocosa, Dream #1 di Raphael Eligoulachvili saltella su ritmi sostenuti, senza mai cadere nella malinconia. Wilson Trouvé e Jordane Tumarinson danno vita a Closer. Breve e melodico, fanno un largo uso di archi per sostenere il timido arpeggio al pianoforte confezionando un piccolo brano che si esaurisce in un unico respiro sonoro. A chiudere quest’album, infine, è Tim Linghaus con New life e il suo pacato tocco delle note al pianoforte.

A tratti malinconico e sognante, Uto’pians – Piano collection vol. IV riserva alcuni brani di respiro più ampio per un risultato mai monotono, tenendo incollati all’ascolto ad ogni cambio traccia.

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