POLARIS, IL SOUND ANTICO E MODERNO DEI FOLKATOMIK

Di Giandomenico Morabito

I Folkatomik esordiscono con Polaris, un album che affonda le radici nella musica tradizionale del Suditalia attraversando i suoni del mondo e dell’elettronica. Sono un combo originalissimo che trasfigura il folk in una versione tanto accessibile quanto contemporanea.

Se ne ha testimonianza nella traccia iniziale, che s’intitola proprio Polaris. Si passa a Quant’ave che descrive un’interpretazione unica in cui spiccano le percussioni come mezzo efficace a fornire una ritmica trascinante, sorreggendo una codifica musicale che lascia ampio spazio al resto di una strumentazione tipica ed alle voci.

Tirulalleru conferma questa visione stilistica, che dà fiato all’ennesima cornice di un’arte fresca nella sua fruizione, permettendo la consacrazione dell’uso del dialetto. Tammurriata non è semplice stilema, ma segno di una tradizione culturale, che vuole essere attuale nella sua concretizzazione per manifestarci un suono più che convincente.

L’aria de lu trainu ci regala pathos, in cui s’afferma su tutto l’imponenza della voce femminile, significando un’impostazione proto-world ariosa e dignitosissima. Tira la pinna ci offre un quadretto storico speciale, che viole segnalarsi per una testualità dal messaggio sociale.

Pizzica di Torchiarolo è un’altra traccia che si distingue per l’efficacia dei cori femminili, che s’intersecano con sonorità nuovissime. Infine, Pizzica di San Vito è la valida interpretazione di un approccio estetico, che tiene conto della sacralizzazione laica delle vicende travagliate di un popolo.

Possiamo concludere che i Folkatomik si caratterizzano per una padronanza del panorama folk meridionale d’Italia con sicumera, facendo emergere frames storiografici che non devono essere dimenticati, bensì evidenziati a tuttotondo nella loro portata di valore.

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