OSSARIO, IL RITORNO SFAVILLANTE DI MARSILI

Di Giandomenico Morabito

La Viceversa Records ci regala l’ennesima gemma della sua gamma di progetti artistici. In questo caso ci occupiamo del ritorno sfavillante di Marsili (all’anagrafe Felice Briguglio) con il suo Ossario, prodotto da Michele Musarra e dal nostro. Procediamo in un’analisi critica, secondo una scaletta ideale.

L’inclinazione generazionale di Marsili è subito centrata nel suo impatto emozionale proprio nel brano Ossario, che dà il titolo all’album: frame che ricorda una gioventù finita. Come nel primo passo che prevede la centralità della chitarra elettrica, il secondo pezzo si basa su un suono denso in cui la sezione ritmica più che degna s’incolla alla voce di Marsili ed alla sua sei corde: Astronave è infatti un episodio che nuovamente riporta il nostro al suo amarcord personale.

In Campane è sussunta la maturità artistica di quest’esperienza musicale, che fonda il suo gentle touch, configurandosi in una sorta di indie soft rock, che lascia le sue tracce nei luoghi del cuore. Pianotavola–Valcorrente è un’istantanea di provincia siciliana, che offre spazio alla gioia dell’aspetto bucolico della campagna così segnata dalla pietra lavica e da tanta voglia di vita.

Fine si snoda lungo il corso di un’anima in lavorio emotivo, che riesce ad affrancarsi con maturità dall’amore finito con l’incanto poetico della penna di Marsili. Arturo cova la struttura della ballad malinconica, in cui i versi solenni si compenetrano in un sound struggente.

Solo varia la magia di questa raccolta, a favore di un’eccentrica sobrietà testuale, segnando l’ennesima Polaroid di reminiscenza giovanile di cui vogliamo sottolineare questa voce in grado di colpirci per la sua freschissima naturalezza espressiva. Alloro rientra a tutta evidenza nella comfort zone di Felice Briguglio, in cui s’afferma un lessico interiore tanto vivido quanto patito (uno dei top del disco).

Mongolfiera gioca ancora con parole in libertà, servendosi della metafora per suggellare una genuina sensibilità. La finale Rena si srotola lungo il solco sofferto di una visione artistica, che c’immerge dentro l’anima di un musicista che pennella quadri esistenziali con notevole padronanza.

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