VINICIO CAPOSSELA, IL POTERE RIVOLUZIONARIO DELL’IMMAGINAZIONE

Di Gino Morabito

Cantautore, ri-trovatore, immaginatore. Per Vinicio Capossela l’appuntamento con la musica arriva all’una e trentacinque circa. Da lì un Premio alla carriera nel 2017 e sei Targhe Tenco per album entrati a far parte del nostro patrimonio culturale. Raccolte indispensabili, canzoni urgenti come quelle declinate nel nuovo tour Con i tasti che ci abbiamo, che il polistrumentista di Hannover sta presentando live in tutto il Paese e che si concluderà a Cagliari il 30 dicembre.

Tra dolore e conoscenza, racconti di ‘scottante’ umanità. In musica e parole.

«I greci dicevano ‘pathei mathos’, soffri e impara. Il dolore non è un buon maestro. Direi che lo è di più la speranza. Nel senso che bisogna apprendere la speranza e con speranza. Anche quando ci si occupa di acquisire consapevolezza di ciò che provoca dolore, quelle urgenze che non nascono da qualcosa di positivo e che vanno denunciate innanzitutto alla propria coscienza, lo si fa per cercare di migliorarsi e riuscire ad andare avanti.»

Brani tesi a una riaffermazione della vita, a un recupero del reale. A una verità di Vinicio.

«‘In veritas’ vale solo per il vino. Scriveva Eschilo che “in guerra, la verità è la prima vittima”. Io credo che, forse, sia la seconda. La prima è l’innocenza. Scompaiono le ragioni e bisogna necessariamente uniformarsi a una volontà che non vuole mediazioni.»

Un concerto che ha che fare con la sospensione dell’incredulità, quindi col mondo dell’immaginazione.

«L’immaginazione è la nostra grande opportunità di trasformare i limiti in possibilità. Abbiamo chiamato questa serie di concerti in teatro ‘Con i tasti che ci abbiamo’ perché, quando mancano dei tasti dal pianoforte, bisogna cercare melodie con quelli che sono rimasti. È un invito a fare con quello che si ha e soprattutto a non avere paura di sbagliare.»

Una vita suonata sui tasti bianchi e neri.

«Da bambino nutrivo il grande desiderio di possedere uno strumento a tasti e, non avendolo, li disegnai su una tavola di legno. La musica, come la vita, è prima immaginata e poi vissuta. Credo fermamente nel potere rivoluzionario dell’immaginazione.»

La musica si fa insieme. L’urgenza su cui è costruito tutto l’impianto dello spettacolo è quella di provare a ritessere le fila di una socialità condivisa.

«Ogni canzone viene completata dall’ascolto. L’esecuzione dal vivo, essere insieme è un fatto civile, corale, organico. La scenografia è una specie di anfiteatro, quasi a completare l’abbraccio del pubblico.»

Sulla scena campeggia un’enorme luna gonfiabile. Come quella immaginata da Ariosto nella straordinaria metafora di Astolfo che, perso il senno, doveva andare a recuperarlo.

«Sulla luna ci sono anche tutte le cose per cui gli uomini perdono il senno sulla terra: le vanità, il potere, la seduzione. Ecco, li abbiamo tutti in una bella luna gonfiabile. Alla fine la facciamo scoppiare e così torniamo a terra, dove si sa che non è rimasto altro che follia.»

www.musicaintorno.it

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