VINCENZO INCENZO: FINALMENTE MI VOGLIO BENE

 

La curiosità lo ha sempre spinto a cercare codici differenti che convergono tutti in uno stesso punto. Personalità duttile, dotato di rara sensibilità, Vincenzo Incenzo passa con elegante disinvoltura dalla pittura al teatro, alla canzone. Oggi utilizza quest’ultima forma espressiva per esortarci a reagire: populisti, tossici del like, guru della comunicazione, camaleonti della politica, falsi moralisti, scienziati del giorno dopo… la rivoluzione sta arrivando. È senza bandiere, nasce per le strade e parla per bocca degli ultimi della fila.

Nella tua creatività che cosa ti muove? Cosa ti ispira prima di cominciare qualsiasi pratica artistica?

«Mi muove la necessità di allungare l’elastico della vita, di questo tempo. Mi spiego meglio: tutto è veloce e l’arte ti offre la possibilità di vivere in un tempo diverso, il tempo speso a vedere uno spettacolo o ad ascoltare un pezzo musicale. Sono momenti che contengono in sé un tempo diverso dal quotidiano. Cerco quindi di spremere la vita al massimo per cogliere quante più emozioni possibili. E, attraverso quello che faccio, cerco di creare qualcosa di edificante.»

Avendo un rapporto cosi viscerale con la vita, che rapporto hai con la morte?

«La convivenza con l’idea della morte per me non è affatto negativa. Spesso porto la mia immaginazione “al di là” della vita e guardo il mio percorso, il mio presente, e vedo quante cose io debba cogliere ogni momento, per non vivere di rimpianti domani. Questa prospettiva dall’alto fa sì che io tenda sempre al massimo nella realizzazione delle cose che faccio, e la morte diventa così l’occasione per costruire il mio presente.»

Un presente dipinto alla maniera dei pittori, mossi dall’inconscio per attingere ad un soggetto da rappresentare.

«La pittura rappresenta la dimensione più libera della mia arte, probabilmente perché ho scelto di non farlo diventare un lavoro. Mi sono creato una stanza segreta dove all’interno posso veramente sperimentare e giocare: una sorta di anticamera della costruzione logica, dove posso costruire e distruggere senza dover chiedere il permesso a nessuno. Questo mi aiuta anche nel mio lavoro, perché quello che faccio professionalmente vive di questo sfogo in qualche modo.»

Come autore Vincenzo Incenzo ha collaborato con i più grandi big della canzone italiana, scrivendo brani di grande respiro e affermazione popolare. Che cosa rappresenta per te la scrittura?

«La scrittura è la prova più autentica che noi ci siamo, e per noi intendo il genere umano. L’atto estetico di scrivere è un’azione incisiva, pensiamo solo alla firma. La parola scritta ha connotato culture, ed è il timbro della nostra anima, del nostro cuore e della mente incisa su una superficie che è destinata a rimanere nel tempo. Mi dispiace che sia caduta così in disuso come pratica e che il linguaggio abbia perso sostanza, comprimendosi.»

Allons enfants! anticipa il tuo nuovo album di inediti “Ego”. Che rapporto hai con il tuo ego?

«Questo è un momento della mia vita dove mi sento finalmente al centro di me stesso, e non è stato sempre così! Essendo la creatività vitale, e avendola messa al servizio totale di me stesso, mi ha fatto mettere a fuoco molte cose, e imparare tanto. Sono riuscito a trovare una nuova dimensione, un luogo interiore dove mi riconosco. Ho voluto chiamare il disco proprio “Ego” per ricordarmi e ricordare che l’ego deve ritornare al centro della persona.»

Rispetto all’album precedente questo ha un approccio musicale più elettronico.

«La scorsa estate sono stato in tour in Sud America e ho tratto molta ispirazione, soprattutto dalle nuove tendenze musicali di Miami, dai generi elettronico jazz. Avevo già pronti dei pezzi arrangiati in modo classico, ma al mio ritorno ho rivisto alcuni brani in questa nuova chiave e Jurij Ricotti, produttore dell’album, ha messo dentro tutta la sua esperienza ed è venuto fuori il nostro “Ego”.»

Abbiamo parlato di morte, non si fa spesso. Anzi. Ti faccio una domanda che agli artisti più superstiziosi infastidirebbe. Cosa vorresti scritto sulla tua lapide?

«Ha creduto alle pozzanghere che specchiavano comete. È una frase che racchiude in sintesi quello che cerco di fare ogni giorno e che continuo a sognare di fare.»

 

Marco De Meo

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