MARIO BIONDI, “SUNNY DAYS” IN UN’ANIMA BLACK

«È proprio questa la magia della musica: quando crei qualcosa di bello, questo vivrà per sempre» sul limitare di un confronto su quel soul, così straripante di anima.

Voce calda, profonda, inconfondibile. Mario Biondi, con un’eleganza d’altri tempi e l’umiltà tipica dei grandi, scopre un piccolo varco nel suo privato e parliamo di vita.

Una vita declinata nel mestiere d’artista, che lo ha reso uno dei nostri maggiori vanti nel mondo. Il performer considerato l’erede naturale dei mostri sacri della musica nera torna con alcune speciali serate in Italia, pochi ed esclusivi appuntamenti, dov’è accompagnato dai sei grandi musicisti, che collaborano con lui ormai da diversi anni: Federico Malaman (basso), Massimo Greco (piano e tastiere), David Florio (chitarra, percussioni e flauto), Alessandro Lugli (batteria), Marco Scipione (sax), Fabio Buonarota (tromba). Ladies and gentleman, on stage Mario Biondi: “sunny days” in un’anima black.

Una vita artistica densa di giornate frenetiche, spostamenti di longitudini e latitudini, una serrata tabella di marcia da rispettare… ma cos’è che ti rilassa? E come ti poni nei confronti del tuo essere un artista internazionale apprezzato in tutto il mondo?

«La cosa che più mi rilassa è e sarà sempre la musica. Durante i lunghi viaggi ascolto sempre musica, dai classici alle novità, per studiare e conoscere, altre volte ascolto i brani nuovi ai quali sto lavorando per farmi ispirare. Oltre a questo, per fortuna, salire sul palco è ancora la cosa che mi ricarica di più, la dimensione live rimane la mia preferita. Intanto ti ringrazio per i complimenti, e come ringrazio te, mi sento sempre di ringraziare chi ha reso possibile questo mio sogno di cantare, cioè il pubblico.»

Germania, Svizzera, Polonia, Spagna, Lettonia… finalmente il tuo soul fa ritorno in Sicilia. La scaletta prevede libero sfogo alle emozioni del momento?

«Per la gioia dei miei musicisti e dei miei collaboratori, non faccio mai un concerto uguale all’altro. Non seguo mai una scaletta e improvviso molto. Questo perché devo guardare il pubblico in faccia e capire di che cosa ha voglia quella sera. A volte ti rendi conto dal palco che hai di fronte un pubblico più “romantico” e devio la scaletta verso delle ballad, a volte invece capisci che hanno una gran voglia di ballare e allora chiamo i pezzi più funk.»

Un ponte ideale tra Catania e la piccola cittadina di North in South Carolina permette a “Sunny days”, il nuovo progetto artistico di Mario Biondi feat. Cleveland P. Jones, di percorrere in totale armonia l’universale linguaggio della musica.

«Ho conosciuto prima Mario Fanizzi, un giovane produttore italiano che per tanti anni ha lavorato a Los Angeles. Lui mi ha fatto ascoltare questo brano scritto insieme a Cleveland Jones. Quando ho sentito la voce di Cleveland ho avvertito subito una connessione speciale, come se parlassimo la stessa lingua.»

Oggi la musica “televisiva” viene fruita quasi esclusivamente attraverso i talent. Contenitore o contenuto? Personaggi o persone? Qual è il tuo pensiero al riguardo?

«Il talent non prepara i ragazzi alla realtà, questo è il suo limite. In pochi mesi risucchia dei giovani in un mondo che sembra fatato, ma è pieno di insidie e di difficoltà. La gavetta serviva per imparare a rialzarsi sempre, ma da voli inizialmente più bassi e che andavano piano piano crescendo. Qui li facciamo cadere già dal cielo e, se non sono abbastanza forti o non hanno uno staff attento, rischiano di farsi male. I talent mi piacciono e se fossi un ragazzo oggi ci proverei sicuramente anche io, ma bisogna ricominciare a curare di più la parte umana.»

In tema con l’aspetto umano, non possiamo non parlare di sentimenti e di amore. In un’epoca come la nostra focalizzata sull’asetticità dei social, vince ancora il contatto diretto?

«L’amore è amore ad ogni età e per ogni generazione. Io ricordo innumerevoli ore passate al telefono fisso o alla cabina telefonica per parlare con la ragazzina che ti piaceva. Quando chiamavi impostavi la voce da “adulto”, perché rispondeva sempre il padre e volevi farti sentire più grande. Oggi usiamo i social e magari si fanno delle foto per sembrare più grandi, proprio come facevamo noi. Ma alla fine rimane sempre il contatto uno a uno quello che vale.»

Ti dico “stay with me”, tra un assolo di vibrafono alla Vincent Montana Jr., la tromba di Fabrizio Bosso e un omaggio a Barry White. Quella musica che vorresti riuscire a “trattenere” per sempre?

«Sono immortali certi brani, non c’è bisogno di trattenerli ed è proprio questa la magia della musica: quando crei qualcosa di bello, questo vivrà per sempre.»

Oltre alla musica, cosa ti appassiona nella vita?

«Amo le auto d’epoca, possibilmente rovinate e abbandonate. Mi piace riportare in vita qualcosa che era stato dimenticato, donargli il suo antico splendore.»

Oggi Mario Ranno cosa scriverebbe sul proprio biglietto da visita?

«Cantante, ma all’occorrenza sempre odontotecnico (che non si sa mai!!!).»

 

Gino Morabito

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