LOREDANA CANNATA, LA PASIONARIA

Di Gino Morabito

Selvaggia, talentuosa, passionalmente sicula. Loredana Cannata muta di ruolo e d’aspetto rimanendo sempre sé stessa. Da sex symbol a pasionaria, quella bambina allo specchio oggi è una splendida donna che vuole vivere all’altezza di ciò che sa.

Suo padre voleva un maschio, sua nonna voleva un maschio. Ha odiato il rosa per tutto ciò che significava e non ha mai voluto figli.

«Non ne voglio neanche ora e non ne avrò. Non sono stata sposata né ho convissuto. Ho sempre avuto, invece, un’aspirazione: dare il mio contributo per rendere migliore questo mondo.»

Dopo anni da maschilista, ora le va bene essere femmina. “Dopotutto le palle sono trasversali, a prescindere dalle gonne o dai pantaloni”. E lei è un “capo”.

«Sono un’attivista da molti anni e ho apprezzato il mio essere donna portando avanti dei progetti nel Chiapas. Tutti i dodici comuni della provincia di Ragusa, per mia missione, hanno firmato un patto di fratellanza con settantadue comunità indigene zapatiste nel sud del Messico, dove poi abbiamo costruito delle case di salute, riattrezzato una piccola clinica e realizzato altri interventi mirati. Ecco, in quelle terre, essere donna a capo della missione, aveva una valenza in più.»

Un’ulteriore dimostrazione della parità, della forza e della capacità delle donne.

«Essere donna in un mondo di uomini è difficile! Ancora esiste la disparità di remunerazione a parità di lavoro, e permangono certi atteggiamenti che ti vedono come una preda sessuale. Ci vuole coraggio. Anche nell’essere bionda, cercando di sfatare quella radicata convinzione che ti vuole meno dotata di una mora. Come nel caso di Marilyn Monroe.»

Da marzo, la sua “Marilyn” torna in scena, a partire da Agrigento.

«È un modo per darle voce perché, quando un personaggio non c’è più, ognuno racconta la propria verità. E io volevo raccontare quella di Norma Jean: ciò che era davvero, al di fuori del personaggio che lei stessa aveva costruito. Attraverso le sue parole scopriamo una donna molto sensibile, estremamente fragile, che ha sofferto tutta la vita, vittima dell’enorme successo che l’ha travolta.»

Si riapre il sipario anche su “La scomparsa di Majorana”.

«Ci piaceva approfondire la figura di Ettore Majorana, un genio non solo siciliano ma di caratura mondiale. Sposando la teoria dell’autore, è probabile che lui abbia scelto volontariamente di sparire, nascondendosi in una certosa e conducendo vita monastica. Come se avesse preferito non partecipare a qualcosa che – attraverso le sue ricerche – avrebbe potuto distruggere l’umanità. Inoltre, mettere in scena questo testo, dove io interpreto Laura Fermi (moglie di Enrico, ndr), ci ha dato la possibilità di sottolineare ancora una volta il fiuto, la sensibilità e la lungimiranza di Leonardo Sciascia. Mente sopraffina che rappresenta quella capacità tutta siciliana di andare a fondo, di vedere attraverso gli strati e di farne un sunto.»

Ironia, velocità mentale, filosofia. Anche questo è Sicilia.

«Il legame non si è mai interrotto. I miei genitori e mia sorella vivono ancora a Giarratana. Negli ultimi anni, in coincidenza con la nascita di mio nipote, ho preso l’abitudine di tornarci con una certa frequenza, anche perché mio padre e mia madre cominciano ad avere una certa età. Così, quando posso, scendo giù per aiutarli. Soprattutto in campagna. E poi sono legata ai fiori selvatici delle nostre zone, a quei colori, che arrivano in primavera, dei fiori arancioni, viola, rossi, e ai mandorli. Per me Sicilia significa terra, nell’accezione letterale del termine.»

Quella terra che sa essere madre e matrigna.

«Sicilia è madre, come anche le madri talvolta possono essere matrigne. Quand’ero piccola è stata un po’ una prigione. Mi stava stretta, mi sentivo lontana da tutto ciò che volevo realizzare. Forse però, a dire il vero, mi sarei sentita in prigione in qualsiasi altro luogo, al sud come al nord.»

Libertà, sopra ogni cosa.

«Da piccola dicevo che avrei voluto fare l’attrice ma la mia famiglia cercava, ovviamente, di dissuadermi. Non ho smesso mai di sognarlo, e quello fu il mio primo passo verso la libertà. Volevo autodeterminare la mia vita, e anche i miei errori.»

 

Nel 2023 ha festeggiato i venticinque anni di carriera: “un mestiere difficile, soprattutto per le attrici dopo i quaranta”.

«Otto ruoli su dieci sono maschili e, in genere, anche per interpretare un personaggio femminile un po’ agé, viene scelta un’attrice più giovane. È sempre stato così. Dopo una certa età, non vengono più raccontate le donne. E, quando lo si fa, i ruoli diventano piccoli, poco interessanti.»

Erotica, provocante, perfetta come protagonista, è stata scelta da Aurelio Grimaldi, un altro siciliano. E, per quanto fosse un film d’autore, “La donna lupo” fece scandalo.

«Un commento che mi è rimasto in mente è: “Solo quello poteva fare!”. Un giudizio che viene dai miei compaesani. Sapevo che, comunque, una scelta del genere avrebbe suscitato scompiglio. Anche se, alla fine, rivendico tutto e non mi sono mai lamentata. Solo, non pensavo che avrebbe avuto ripercussioni per così tanto tempo. E parlo del mio mondo. Ma, come dissi a mio padre: “Interpreto questo film erotico per fare certe scene davanti alla macchina da presa e non dietro, sul divano di un produttore.”. Per me si è trattato di un modo per farmi un nome, per continuare a lavorare evitando compromessi.»

Teatro, cinema, fiction televisive, campagne pubblicitarie, variando dal registro comico a quello drammatico. Negli anni, Loredana Cannata ha dimostrato di saper fare molto altro, e di voler vivere all’altezza di ciò che sa.

«È proprio così. E, siccome adesso so più cose, devo vivere ancora più in alto.»

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