LA CONSAPEVOLE LEGGEREZZA DI CHIARA DELLO IACOVO

Chiara Dello Iacovo7_musicaintorno«L’esibizione è come un micro ciclo,» sorridente e risoluta. «Sul palco, durante l’esibizione, ti stai veramente donando. E, se non lo fai in modo totale, allora lì sì che è come barare. È il rischio di essere un performer, che porta sul palco i propri pensieri e la propria verità.»

La verità è quella di Chiara Dello Iacovo, 21 anni, saviglianese, di professione cantante.

Abbiamo imparato a conoscerla all’ultimo Festival di Sanremo, nella sezione Nuove Proposte, e oggi porta in giro l’Appenasveglia tour in versione Estività.

 

Chiara Dello Iacovo3_musicaintorno«Bisogna vivere l’esperienza con una consapevole leggerezza come recita il Chiara-pensiero, «in modo da non essere devastata dall’ansia e godere del momento, senza esagerare con l’incoscienza Leggerezza sì, per l’astigiana di adozione, quando fa rima con ali e radici: piedi ben piantati per terra e creatività da vendere. La nostra artista sogna di pubblicare anche un libro di Filastorte, ma – nell’attesa – sentiamola dal vivo per tutta l’estate. Mantova, Bergamo, Torino, Genova, Treviso… e speriamo che faccia tappa anche un po’ più giù.

 

 

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Viaggia con un basso profilo, si fa leggere a seconda del lettore, non ha paura di venire giudicata leggera. Sono definizioni che appartengono a Chiara Dello Iacovo?

«Oddio mio, è una domanda esistenzialista praticamente! Ho pensato molto a questi aspetti della superficialità, della profondità e dell’essere leggeri. Mi sono chiesta più e più volte cosa fosse meglio per me, giungendo alla conclusione che la leggerezza fa bene! Fa bene la leggerezza, se è fatta in modo consapevole, se non è da sprovveduti… Per me è necessario essere sempre a ventimila leghe sotto i mari, se sai di esserlo per natura.»

Chiara Dello Iacovo1_musicaintornoAppena sveglia, come il titolo del tuo nuovo album, senza barriere né trucchi. Davvero non ti è capitato mai di barare?

«Barare, in che senso? Tipo, quando giochi a Risiko?» rilanciando divertita. «Sul palco – in maniera abbastanza spontanea, a dire il vero – viene fuori la parte più vera di me, quella che non ha paura di venire giudicata. Il palco, lo considero un po’ come un territorio franco e, sebbene in certi frangenti, io possa sembrare un po’ costruita, è esattamente l’opposto! Mi sento molto più serena con me stessa e a posto, quando magari faccio cose che – per gli altri – potrebbero sembrare esagerate o stravaganti, invece che quando rientro nei ranghi.»

Spostiamo l’attenzione sui “necessari accomodamenti”. Nella musica, nella tua in particolare, esistono dei compromessi?

«Il compromesso è sacrosanto, perché vuol dire che – alla sorgente – c’è stato un confronto. Quando ho cominciato a lavorare nella musica, qualche anno fa, ero molto rigida nelle mie convinzioni, che è diverso dall’essere fermi. Oggi sono ancora ferma nei miei convincimenti, ma meno rigida, più flessibile, più disposta a sentire altre campane e mettere in discussione quello di cui sono convinta. Il compromesso non è necessariamente negativo, anzi può apportare dei miglioramenti a quello che reputavi essere già un buon lavoro.»

Chiara Dello Iacovo4_musicaintornoAncora in tema on stage. Esibizione a Sanremo 2016 nella sezione Nuove Proposte: qual è la verità che hai portato sul palco?

«La verità che ho portato sul palco è la mia! E la canzone “Introverso” rappresenta uno spicchio di me, come del resto ce n’è uno in ogni canzone. Non credo esista un brano che ti possa rappresentare in modo totalitario. In questo, ho voluto dare voce alla mia filosofia di pensiero, secondo cui non è necessario doversi sempre mostrare, per sentirsi di meritare il posto che si sta occupando o la situazione che si sta vivendo.»

 

Chiara Dello Iacovo5_musicaintornoIn America hai iniziato a scrivere in italiano, anche perché lì hai conosciuto meglio la noia e la solitudine. Cos’è che più ti spaventa?

«Quello che mi spaventa di più nella vita è, in realtà, quello che mi consola maggiormente, perché mi deresponsabilizza: il sapere che il tuo libero arbitrio è circoscritto a te stesso e che non hai così tanta influenza da poter modificare gli eventi che ti succedono intorno, sebbene tu creda ti poterci riuscire. È un’arma a doppio taglio: ti lacera dentro e ti tranquillizza.»

Conoscersi un po’ alla volta; guardarsi prima, diffidenti e da lontano, come i leopardi nella savana. Tecniche da predatore per imparare ad ammirarsi?

«C’è una canzone di Jovanotti, che dice: “La vita è un palcoscenico per chi sa improvvisare, la parte del leone è tutta da inventare”. Ognuno può diventare predatore, ma nel senso buono. I predatori, nel mondo animale, sono quelli che studiano di più la fauna che li circonda per cacciarla, ma non è sempre detto. Talvolta per approcciarla. Io mi sento molto “felina” da quel punto di vista, perché osservo. E mi vengono sempre in mente i leopardi nella savana, che puntano le gazzelle, accovacciati a osservarle nei loro movimenti. Credo che questa sia una prerogativa di tutti quelli che scrivono e che creano.»

A proposito di ammirazione… Cos’è che ti affascina?

«Subisco in modo prepotente il fascino del mare, soprattutto di notte, e dei camerieri. Mi piacciono un sacco le divise dei camerieri. Secondo me sono due immagini connesse: immagina dei camerieri, su una nave, di notte… pensa a quelli di Novecento di Baricco

Il dio Rusty ha il potere di esaudire un tuo desiderio, uno solo. Pensaci bene, Chiara, quale sarebbe?

«Pubblicare il mio libro di filastorte!» senza alcuna esitazione. «Sì, hai capito bene, di filastorte per adulti. Sono filastrocche un po’ sghembe, un po’ poesie. Un progetto che ho iniziato durante il quinto anno di liceo, ammorbata dalla noia delle ore di inglese, e mi piacerebbe illustrarlo e pubblicarlo. Il titolo del libro sarà Filastorte.»

 

Gino Morabito

 

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