FERDINANDO SCIANNA, LA STRAORDINARIETÀ DI UNA VITA IN BIANCO E NERO

Di Gino Morabito

Ferdinando Scianna © Ferdinando Scianna

Ha sempre fatto una distinzione netta tra le immagini trovate e quelle costruite. Ha sempre considerato di appartenere al versante dei fotografi che le immagini le trovano, quelle che raccontano e ti raccontano, come in uno specchio. Riflesse la vita e le opere di Ferdinando Scianna, in un lungo percorso artistico eternato dal bianco e nero.

Curata da Paola Bergna e Alberto Bianda, art director, promossa e prodotta dal Comune di Catania e Civita Sicilia, è stata prorogata fino a domenica 7 gennaio 2024 la grande mostra “Ferdinando Scianna. Ti ricordo Sicilia” in corso, con grande successo di pubblico, nelle sale monumentali del Castello Ursino di Catania.

Ha cominciato a fotografare intorno ai diciassette anni e la Sicilia era là. Ha cominciato a fotografare perché la Sicilia era là. Per capirla e, attraverso le fotografie, cercare di capire che cosa significa essere siciliano.

«Assomiglia a una maledizione. La Sicilia è l’inevitabile, una specie di passato permanente. Soprattutto, per quelli che se ne vanno, diventa un metro col quale misurare ogni cosa.»

Un’identità uguale a nessun’altra, che attraversa gli oceani e il tempo. Dalla piccola realtà di Bagheria ai grattacieli di New York.

«Ricordo quando conobbi la madre di Martin Scorsese. Nonostante suo figlio avesse ormai alloggiato lei e il padre in un bell’appartamento piccolo borghese a Midtown, ogni mattina col marito andavano a fare la spesa a Little Italy, dove avevano vissuto per tutta la vita. Perché lì “c’è una polizzana che fa il pane come da noi”, continuava a ripetere Catherine. Il punto è che “quella polizzana” era nata a New York e in Sicilia non c’era mai stata, però “quel pane era come da noi”. Ecco, più che scoprire il mondo, ho verificato se il mondo non assomigliasse alla Sicilia. Probabilmente la chiave sta in certe luci, in quel calore.»

Quante volte, da bambini ci siamo sentiti ammonire “non ti scordare il cappellino, ché il sole ti ammazza!”.

«Da noi il sole non è soltanto un agente atmosferico ma un destino. Un destino che può essere pericoloso, che ammazza addirittura. E noi tra questo viviamo: tra lo splendore e la tragedia.»

Da sempre uno dei nomi più noti sulla scena nazionale ed internazionale, Ferdinando Scianna inizia ad appassionarsi al linguaggio fotografico negli anni Sessanta, raccontando in bianco e nero la cultura e le tradizioni della sua regione d’origine.

«Se si vuole raccontare la vita, il bianco e nero la sintetizza meglio. È un’astrazione mentale che ti fa immaginare il mondo.»

Bagheria, 1961 © Ferdinando Scianna

Solo la profondità dello sguardo e la maestria di un reporter possono catturare e “disegnare” il guizzo di un sentimento, la smorfia di un viso, la forza di una testimonianza, il vocìo di una comunità. Nei suoi racconti non mancano di certo le suggestioni, i paesaggi, le ossessioni tematiche. L’individuazione di una forma che possa essere d’arte.

«Non penso che la fotografia sia arte, la ritengo piuttosto un artigianato della modernità. E, dopo essere stata a lungo considerata l’ultima serva del mondo della cultura, finalmente la nobilitazione. Ma non ne ha ricavato grandi vantaggi.»

Numerosi i legami con personalità che segnano profondamente la sua carriera, tra questi Leonardo Sciascia. Col tempo i due acquisirono il reciproco diritto di utilizzare ciascuno dell’altro, gli occhi, la mente, il cuore.

«L’amicizia è come uno scambio delle chiavi delle rispettive cittadelle individuali. Siamo stati come un padre e un figlio per ventisei anni, finché non mi ha fatto la terribile offesa di morire

Lui riteneva che le sole cose sicure in questo mondo fossero le coincidenze.

«Le coincidenze sono una sorta di spia che ci fa ritenere che il mondo abbia un senso. Perché, se due cose coincidono, vuol dire che c’è un ordine. Forse, vuol dire perfino che può esistere la verità.»

Impossibile catturarla.

«“La verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma se si butta giù non c’è più né sole né luna, c’è la verità” scriveva Leonardo Sciascia. Ma, se non ci sono né il sole né la luna, se non c’è la bellezza assoluta o la giustizia assoluta… l’unica cosa che si trova in fondo al pozzo è la morte, nella quale prendiamo atto che la verità non esiste. Dal mio canto, non ho mai fotografato la verità ma una serie di frammenti di vita.»

www.musicaintorno.it

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