ANASTASIYA PETRYSHAK, THE PERFECTION

Di Gino Morabito

“Anastasiya è una violinista di grande talento in possesso di una intonazione perfetta, un suono molto affascinante, una tecnica brillantissima ed una musicalità pura”.

Si esprime così il Maestro Salvatore Accardo nei confronti di Anastasiya Petryshak.

Di origine ucraina ma naturalizzata italiana, è una violinista in carriera, divisa tra Zurigo (dove si è specializzata con Rudolf Koelman) e Milano. Incide per Sony Classical “Amato bene”, il suo album di debutto dedicato ad Antonio Vivaldi; un cd registrato con l’eccezionale violino Stradivari “Toscano” e gli archi dell’Orchestra dell’accademia nazionale di Santa Cecilia diretti da Luigi Piovano.

Bella, virtuosa, appassionata. Vive di musica e per la musica, tendendo alla perfezione. E, quando le chiedo chi sia Anastasiya Petryshak nel privato, dolcemente laconica, mi sorride: «Trovi la risposta nel mio suono. Nella musica non ci si può nascondere, quello che sono sul palco lo sono anche nella vita.»

Anastasiya Petryshak è considerata, non a torto, una delle più belle violiniste al mondo e le sue doti artistiche non passano certo inosservate.

«Grazie per il complimento! C’è bellezza e bellezza, e credo che il mio modo di essere bella sia davvero genuino. Oggi l’immagine è molto importante, così come lo sono mille altri fattori che formano l’artista completo. Il talento, il duro lavoro e la volontà di migliorare ed avvicinarsi sempre più alla perfezione sono alla base di tutto. Si aggiungono poi la determinazione, la forza d’animo, il tatto, l’intelligenza, il coraggio, la saggezza, il cuore, il carattere, la curiosità, la fantasia, la conoscenza delle altre espressioni d’arte e delle altre lingue e culture, la filosofia, l’elasticità, la fermezza… l’equilibrio. È necessario sviluppare quante più qualità possibile, in modo da essere un artista a 360 gradi, con la mente aperta e il cuore sensibile.»

Non temi che il tuo aspetto fisico possa distrarre dalla bellezza della tua musica?

«L’aspetto fisico magari può distrarre durante i primi quattro secondi, però dopo, appena si suona, la musica vince su tutto. Non temi che il bell’aspetto di un piatto possa distrarre dal suo sapore?»

Secondo te, la musica è femmina?

«La musica è tutto! Più di un genere o un essere umano. È qualcosa di molto più grande della nostra comprensione, ed è anche questo ciò che la rende infinita e così interessante.»

Cosa ti ha dato la musica e cosa ti ha tolto?

«La musica è la ragione della mia vita. Sono cresciuta con lei, mi ha seguita e supportata passo dopo passo. Mi ha dato la possibilità di volare, vedere e interpretare il mondo diversamente, regalandomi qualcosa di molto speciale. Il mio violino sa di cosa parlo! È lo strumento con cui ho condiviso il mio percorso, conosce i miei sentimenti più intimi e i segreti più nascosti; è stato presente a tutti i momenti, assorbito le lacrime e le gioie. È proprio grazie al mio violino che posso parlare al pubblico: lui traduce in suono i miei pensieri e il mio mondo interiore. Ed è meraviglioso poter esprimersi senza dover utilizzare le parole. Insomma la musica è un grande dono. Ma è anche un grande impegno e, come tutte le cose belle, va meritata. Bisogna darle sempre la priorità; dedicarle le tue giornate, energie, forze… Ti prende tutto ma ti dà di più.»

All’età di 8 anni hai iniziato ad esibirti in pubblico, vincendo diverse competizioni di importanza nazionale e internazionale. Era questo il tuo sogno da bambina: diventare una musicista famosa in tutto il mondo?

«Il mio sogno era e continua ad essere la musica. La fama non è altro che una conseguenza ed arriva solamente se ci sono tutte le carte in regola. Nel momento in cui l’artista ha qualcosa da dire al pubblico, crea interesse. Il contrario non funziona mai.»

Che infanzia è stata quella di Anastasiya?

«È stata una bella infanzia direi. Sono cresciuta in Ucraina, le mie prime arcate, lacrime e sorrisi sono stati lì. Ho tante immagini che custodisco nel cuore: il mio primo violino era piccolo e di un colore così acceso che ricorda un’arancia, mentre l’arco aveva crini neri come il carbone. Uno dei ricordi più vividi è quando ricevevo delle piccole brioche alla crema dalla mia insegnante, Marta Kalynchuk, se studiavo bene a casa. Quella donna sapeva bene come motivarmi!»

Stradivari, Amati, Guarneri. Cosa significa essere una virtuosa del violino ai giorni nostri?

«Significa essere perennemente in viaggio, dormire in alberghi diversi, mangiare cose strane e studiare sempre anche se sei in aeroporto. E poi essere più completi possibile, perché, con tutta la tecnologia che abbiamo a disposizione, la nostra impronta rimarrà nel futuro. L’anno scorso è uscito il mio cd “Amato bene” con la Sony Classical. È stato meraviglioso suonare sulle corde dello Stradivari “Toscano” e registrare con i musicisti dell’orchestra dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia!»

Hai avuto anche il privilegio di suonare il “Cannone” di Paganini. Che ricordi hai di quell’esperienza?

«È stato meraviglioso poter suonare il violino che è appartenuto al grande Paganini per quasi quarant’anni! Mi è sembrato quasi di sentire la sua anima impressa dentro quello strumento. Suonarlo è stato come ridargli la vita e far ascoltare alle persone nuovamente la sua voce.»

Restando in Italia, nel 2005 ti trasferisci nel nostro Paese per proseguire gli studi, diventando la più giovane studentessa dell’illustre Salvatore Accardo.

«LItalia è il Paese perfetto per fare musica e arte, con una storia e un fascino che danno ispirazione. Lì ho incontrato il Maestro Accardo, un punto di riferimento nella mia crescita artistica. Sono stati otto anni meravigliosi nei quali mi ha guidata nella ricerca musicale di me stessa. Grazie al Maestro ho delle fondamenta solide e dei forti principi; ho appreso il rispetto della musica e il desiderio di ampliare le mie conoscenze.»

Un altro punto di riferimento nel tuo percorso umano e artistico è Andrea Bocelli, con il quale collabori da dieci anni. Oltre alla sua grande passione per la musica, cosa ti ha trasmesso?

«Ero praticamente una bambina quando ho iniziato a suonare insieme ad Andrea. Il primo concerto è stato al Duomo di Milano. Poi la collaborazione è continuata in tour anche all’estero, in tutto il mondo, esibendomi in luoghi meravigliosi, con le orchestre più importanti. Andrea Bocelli non è solo un grande artista sul palco ma nella vita. Con lui si ha come l’impressione che qualunque cosa dica o faccia abbia una profondità non comune. Mi ricordo, qualche anno fa, di aver cavalcato per la prima volta. Fu proprio lui ad insegnarmi. Da quel giorno, ci accomuna anche una grande passione per i cavalli.»

Anastasiya, ti senti un’artista libera?

«, ho sempre combattuto per avere la testa e il cuore in armonia, totalmente liberi da pressioni e condizionamenti esterni. L’artista dev’essere autentico e profondamente connesso alla propria arte. Come si fa ad esserlo se ti fai trasportare dal vento? Ognuno ha la sua strada, certo, ma non bisogna mai cercare di essere qualcun altro o lasciarsi plasmare per come ti vorrebbe il mondo.»

Che genere di mondo è quello in cui suoni?

«Un mondo fatto in parte di aggressività, falsità e superficialità. In un mondo così, nasce il bisogno ancora maggiore di arte, onestà, sensibilità… Si può fare davvero la differenza, essendo sé stessi, con dei saldi principi e un messaggio profondo da portare.»

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