VIOLANTE PLACIDO, LE DUE ANIME DI UNA FEMME FATALE

Di Gino Morabito

È stata la Fata turchina di Pinocchio e la pornostar Moana Pozzi, ha baciato George Clooney e posato per Playboy, ha pubblicato due album da cantautrice. Violante Placido è una donna e artista difficile da incasellare. Tra cinema e musica, in lei convivono le due anime di una femme fatale.

Sul palco, o davanti alla macchina da presa, ci è cresciuta. La madre Simonetta Stefanelli era la moglie di Al Pacino ne Il padrino; il padre Michele Placido, celebre nel mondo per essere stato il protagonista de La piovra, la prima grande serie tivù che ha raccontato la mafia, è uno dei maggiori interpreti e registi italiani.

«Lavorare con mio padre è come stare nei marines: durissimo. È uno che ti azzera, uno che quando arriva sul set la mattina fa una doccia fredda a tutti. E con sua figlia è ancora più tosto.»

Crescere fronteggiando ogni tipo di atteggiamento.

«È vero che la donna può patire una serie di meccanismi ma, attraverso la consapevolezza, sei la prima che può proteggersi e chiedere di essere rispettata. Ed è importante non crescere le nostre figlie nell’immaginario del sesso debole, cosa che non siamo.»

Star bene con sé stessi.

«Sono una persona che cerca di capire che cosa la fa stare bene, cosa le appartiene. Una donna che prova ad esprimersi con ciò che le è più autentico.»

La solitudine è una condizione naturale.

«Sono abituata a stare sola, ti dà anche un senso di libertà. La libertà è tutto: se mantieni una tua indipendenza, puoi stare bene con gli altri.»

Libertà di cambiare, di sperimentare.

«Io amo muovermi, non mi sono mai sentita troppo radicata. Voglio essere libera di potermi rimettere in discussione in qualunque posto.»

Trovare la forza nei sogni.

«Nella vita ho dovuto superare molte insicurezze, tantissime. Però, se anche avessi detto a quella ragazzina di diciassette anni che esordiva al fianco del padre “non essere insicura”, non credo sarebbe cambiato qualcosa. Sicuramente l’avrei esortata a credere nei propri sogni. Credere nei sogni mi ha aiutato a superare tante paure.»

Una buona tecnica è quella di non sottolinearle.

«Se no le fai diventare delle solide realtà. Io le avverto le mie paure, però cerco di non dar loro troppo peso. Anzi, di solito, le trasformo in motore.»

Nel cinema Violante Placido trova la sua forma espressiva.

«Ha bussato alla mia porta molto presto. Prima che io mi chiedessi se effettivamente era quello che avrei voluto fare. Me lo sono chiesto dopo, attraverso una serie di esperienze dove ho cercato gli strumenti per poter perseguire la carriera nel cinema con consapevolezza e passione.»

La musica, invece, è un sogno molto intimo.

«Non ho avuto nessuno stimolo esterno, se non la mia passione autentica per quell’arte e quella disciplina che, anche in modo discontinuo, ha sempre fatto parte della mia vita.»

Non proiettarsi troppo nel futuro.

«Sicuramente c’è sempre l’attesa di un personaggio che ti sconvolga, che ti travolga. Quell’incontro improvviso che faccia scoccare la scintilla.»

Gli incontri, come scambio di umanità.

«L’incontro più significativo è stato quello con un barbone. Ho sempre guardato i barboni come persone più sensibili, ferite dalla società. E, ogni volta che passo accanto a uno di loro, mi piace guardarlo negli occhi. Cerco, nella mia visione, di fargli comprendere che ci sono anche degli esseri umani che non li emarginano, che li considerano. Di riflesso, i barboni mi fanno capire quanto sia importante mantenere viva la nostra umanità.»

www.musicaintorno.it

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