SANDRO LAFFRANCHINI, PRIMO VIOLONCELLO SOLISTA ALLA SCALA

Violoncellista, compositore, trascrittore. Artista versatile, Sandro Laffranchini rientra nella cerchia dei musicisti classici che brillano nel panorama musicale nazionale ed internazionale. Da ventidue anni è primo violoncello solista al Teatro alla Scala di Milano ma la sua curiosità intellettuale e culturale lo spingono costantemente ad esplorare nuovi orizzonti.

Oggi la sua figura è, per molti giovani talenti che protendono verso il mondo lavorativo musicale, fonte di ispirazione ed esempio, un appello a non demordere alimentando il proprio desiderio di conoscenza.

Il Teatro alla Scala è il più eminente teatro d’opera di Milano e tra i più stimati al mondo. Progettato dall’architetto Giuseppe Piermarini, ospita dal 1778 i principali artisti nazionali ed internazionali dell’opera e della musica classica. Suonarvici è l’ambizione di tanti giovani violoncellisti.

«Sono figlio d’arte e mi risulta non ci sia stato nella storia della Scala un caso simile, in cui il figlio di una prima parte sia riuscito a bissare ed affiancare il padre con la stessa mansione. Questo per me si è tradotto in una trafila innumerevole di concorsi che ho dovuto affrontare per vincere questo pregiudizio. Nel corso degli anni sono arrivato due volte alla finale (una volta passai da solo alla finale) “dietro la tenda” e ho fatto e vinto i concorsi di fila e di concertino, mentre avevo già un contratto a tempo determinato come primo violoncello. Tutti questi concorsi sono stati fatti con commissioni diverse. Lo stress ai concorsi penso si possa tenere a bada con una preparazione meticolosa specialmente anche dal punto di vista psicologico.»

Figlio d’arte quindi. Come si suol dire, croce e delizia.

«Dal punto di vista strettamente musicale è un vantaggio perché c’è un controllo continuo da parte del     Maestro, un supervisore costante che mi ha affiancato nel percorso di studio e di preparazione ai concorsi. Per la legge del contrappasso, adesso che sono padre, tendo a giocare molto con mio figlio.»

Una torma di concorsi importanti, considerevoli, appaganti.

«I concorsi di musica da camera e in orchestra che ho fatto, e qualche volta vinto, sono frutto di anni di grandi sacrifici. Ricordo che le strategie normali di cercare di fare sempre tutto meglio nella classica triade del suono, intonazione, ritmo, ad un certo punto non sono più bastate e ho trovato delle mie strategie alternative per cercare di differenziarmi dalla concorrenza. In generale serve molta creatività anche nella fase di studio. Sui concorsi ci sarebbe veramente tanto da dire. Tuttavia, lasciando da parte qualunque polemica e cercando di filtrare un messaggio che possa aiutare i giovani, credo che crearsi una propria poetica del suono e del fraseggio, una volta che siano stati ben digeriti tutti gli aspetti tecnici, sia ancora la strada giusta.»

“Cultura non è possedere un magazzino ben fornito di notizie, ma è la capacità che la nostra mente ha di comprendere la vita, il posto che vi teniamo, i nostri rapporti con gli altri uomini. Ha cultura chi ha conoscenza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri.” Celebre citazione di Antonio Gramsci, attuale più che mai. La contemporaneità del mondo odierno ci fa concepire la nostra civiltà come sottoposta ad un processo di ibridazione culturale. Sandro Laffranchini ha eseguito a Shangai le Suite di Bach per violoncello solo, vivendo in prima persona questa mescolanza di culture tra Oriente ed Occidente. Avendo modo di recepire anche le reazioni del pubblico cinese alla musica occidentale.

«Lo spettacolo Cello suite era abbinato ad una grande coreografia e dunque le suite di Bach per violoncello solo in maniera cruda non credo fossero adatte ad un pubblico così ampio. Ben venga questa formula del balletto affiancato al violoncello solo che ha avuto un certo successo. Il pubblico vuole semplicemente assistere a qualcosa che faccia loro pensare e costruire mentalmente e col cuore qualcosa di bello e di positivo. Rivedono nella fruizione del concerto una parte della propria giornata e rielaborano i pensieri, li riordinano. Se saranno usciti dalla sala con il loro assetto mentale-emozionale migliorato, torneranno ad ascoltare il concerto.»

Guglielmo Tell fu un mitico eroe svizzero vissuto a cavallo tra il XIII ed il XIV secolo, la cui reale esistenza storica è ancora oggetto di disputa ed è l’ultima opera composta da Gioachino Rossini, da cui prende il nome. Diretto dal Maestro Valery Gergiev alla leggendaria Royal Albert Hall di Londra, il solo dell’ouverture della suddetta opera è considerato nel web tra le più felici interpretazioni di esso.

«Mi sono trovato molto bene con la World orchestra for Peace negli anni in cui ha diretto il Maestro Gergiev. Le orchestre “stagionali” hanno il vantaggio di non avere quei meccanismi da orchestra fissa in cui ci si sente obbligati a fare le cose e dunque il piacere di lavorare coi colleghi è preponderante rispetto ad altre problematiche. Anche quando sono andato a fare un periodo di collaborazione con la London Symphony come primo violoncello, ho trovato che gli inglesi abbiano una grande capacità di lettura a prima vista e una grande coesione a livello di gruppo.»

Il primo violoncello solista al Teatro alla Scala di Milano vanta numerose incisioni per influenti etichette discografiche.

«Nel corso degli anni ho fatto un paio di incisioni live del concerto di Haydn in re maggiore e nel 2015 un DVD delle suite di Bach per la Limen. Adesso è in uscita “Unconventional-cello”, un progetto per un’etichetta indipendente che si troverà solo online. Si tratta delle mie compo-trascrizioni relative ad alcuni brani pop che vanno dai Beatles fino al 2018. Non escludo di poter contare sulla distribuzione di etichette.»

Unconventional-cello, un avvincente lavoro che sfrutta uno strumento classico come il violoncello in tutto il suo potenziale, creando una forte interdipendenza con la richiesta commerciale discografica odierna.

«Occorre rapidamente ed in maniera efficace ampliare le proprie possibilità, saper riadattare e comporre. Limitarsi a fare sempre meglio le suites di Bach penso che non sia una scelta vincente. Se si vuole avere un rapporto con il  pubblico che sia vero, e non sempre con i soliti specialisti, musicologi ed esperti nel campo. Passione, volontà, ricerca, creatività, azzardo: se qualche musicista si affaccia a questo repertorio alternativo solo perché cerca di aprirsi una nuova fetta di mercato, allora non lo consiglio. Il mio, per la musica pop, funky, rock, è un vero amore che ho sempre avuto da quando ero ragazzino. Sto sviluppando nel tempo una mia maniera di approcciarmi a questi brani e trascriverli, adattarli e aggiungere delle parti di fantasia. Mi sono cimentato anche con lo stesso procedimento con alcuni brani strettamente classici come l’adagio di Barber. È indubbio che questi lavori richiedano un grande sforzo mentale.»

Nell’immaginario collettivo si ha talvolta una visione romantica dell’artista che rifiuta l’idea illuministica della ragione, poiché questa non si è rivelata in grado di spiegare la totalità del mondo e la realtà nella loro complessità. I sentimenti, la follia, il sogno, assumono un ruolo fondamentale. Stiamo vivendo un periodo storico di emergenza sanitaria mondiale, l’artista “sente” ancor più il dramma che tante persone stanno vivendo.

«La morte è sempre un tabù nella società moderna. I carri militari in processione in uscita da Bergamo sono rimasti impressi nella mente di tutti noi. Tuttavia credo che questo pensiero rimarrà latente nelle nostre coscienze ma che ancora di più le persone vorranno un messaggio positivo e di evasione da parte dell’artista. Ho scritto anche dei versi che riguardano proprio questo argomento qualche anno fa: recandomi in montagna ho pensato a tutti i nostri giovani caduti durante la prima e la seconda Guerra mondiale, persone che ci hanno riconsegnato un’Italia libera e che forse abbiamo in parte dimenticato.»

 

Anna Martinelli

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