ROBERTO VECCHIONI. PAROLE, MUSICHE, PENSIERI DI UN NAVIGATORE DI PASSIONI

roberto-vecchioni02_musicaintornoCon una personalità carismatica, come quella di Roberto, parlare soltanto di musica, dei successi ottenuti, dei premi vinti o dell’ultimo libro pubblicato, sarebbe stato riduttivo…

Il prof Vecchioni ed io – ancora incredulo per la statura umana e artistica del mio interlocutore – ci siamo ritrovati faccia a faccia a parlare della vita e della felicità.

«Credo che sia proprio questo il senso dell’essere umano: non correre mai dietro la vita, ma correrle davanti.»

La sera incorniciata nello splendido scenario di Taormina, il contesto quello dell’ormai collaudato Taobuk (giunto alla VI edizione, dedicata a Gli altri), il pretesto la presentazione del libro “La vita che si ama. Storie di felicità” (edito da Einaudi).

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«La felicità è continua nella vita di un uomo, solo che a volte non ce ne accorgiamo…»

concludendo l’autore, che “ha raccontato la storia dell’uomo con le parole di tutti i giorni, mescolando realtà e sogno, memoria e sortilegio…”.

“Sogna ragazzo sogna”… e non svegliatemi ancora: la cronaca dell’incontro con Roberto Vecchioni. Parole, musiche, pensieri di un navigatore di passioni.

“La vita che si ama. Storie di felicità” (Einaudi). Il tuo libro più intimo, più autobiografico e urgente. Perché? Qual è l’urgenza di Roberto Vecchioni?

«L’urgenza, credo sia far capire a tutti, in generale, che non importano il successo e i grandi premi, ma che la vita va vissuta nelle cose normali. È questa, infatti, un’autobiografia, in cui nessuno può andare a ricercare premi, vittorie, successi, copie vendute… tutte cose che ho tolto volutamente dal libro, per parlare piuttosto di fatti semplici, di piccolezze. Quelle piccolezze che mi hanno riempito la vita: ragazze conosciute in un certo frangente, una chiacchierata con un figlio, una giornata al mare… cose che sono di tutti e alle quali, a volte, non facciamo caso. Mentre invece sono bellissime, e vanno raccontate.»

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A proposito di racconti e di felicità, mi verrebbe da chiederti: qualcosa oltre l’arcobaleno, per un uomo che ha conosciuto il dolore?

«Sì, l’ho conosciuto, ma l’ho combattuto! Ho praticamente mezzo polmone in meno e un rene in meno… e questo è un tipo di dolore; poi ho altri dolori, come tutti noi uomini, non sto qui a raccontarli. Spirituali ne ho avuti tantissimi e ne ho anche familiari notevoli, ma tutto questo non inficia nulla – e lo dico nella canzone “Ho conosciuto il dolore”, e lo dico nella vita. Tutto questo non fa altro che rafforzare le difese che un uomo ha contro il male, contro la fatica, contro il dolore. Secondo me sono prove, anche necessarie; è importantissimo sbattersi, superare e andare avanti. Credo che sia proprio questo il senso dell’essere umano: non correre mai dietro la vita, ma correrle davanti.»

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Un padre spiega ai propri figli che la felicità non è una questione di istanti, ma una presenza costante che corre parallela a noi, in un tempo in cui nulla si perde…

«Questo è un errore che facciamo tutti, pensare che la felicità sia quando stai ridendo o quando hai una gioia improvvisa… quelli sono apici, momenti. In realtà, la felicità è continua nella vita di un uomo, solo che a volte non ce ne accorgiamo, non sappiamo che c’è. È dietro l’angolo e non lo sappiamo; oppure fa percorsi stranissimi, per venirci a trovare, e poi ci trova. Noi uomini dobbiamo concepire che siamo fatti per essere felici, e non dobbiamo avere nessuna preoccupazione né del male né della morte, sono cose naturali.»

Quand’è l’ultima volta che hai consapevolizzato di essere felice?

«Anche ieri, anche oggi, un’ora fa… Io considero tante cose momenti di felicità. Il fatto, ad esempio, di aver attraversato lo Stretto e aver visto il mare, aver visto per la quarta volta (in questi due-tre anni) Taormina, mi ha dato una felicità immensa. Perché poi Taormina non è solo turismo e un mare meraviglioso, ma è la storia: Goethe, tutti gli scrittori e i filosofi, tutti gli artisti che son passati da qui… c’è proprio l’aria, è l’aura di tutta questa gente.»

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Condivido col prof un passo di Fitzgerald: “È inevitabilmente sconfortante guardare attraverso nuovi occhi cose alle quali abbiamo già applicato la nostra visuale” (Francis Scott Fitzgerald, Il grande Gatsby, ndr).

Ti capita mai di capovolgere il cannocchiale?

«Sì sì, certo! Anche di farne a meno. Non sono uno che guarda lontano e c’è anche un po’ di vigliaccheria in questo atteggiamento, diciamoci la verità. Però sono un uomo che, avendo il sogno come caratteristica fondamentale della vita, sogna sempre che il futuro sia buono. Spero e sogno che sia buono, anzi lo precorro, qualche volta. Sogno così tanto, che talora i desideri si avverano addirittura; oppure delle altre volte, anche se non avvengono, li ho così tanto sognati, che vanno bene lo stesso.»

Sogna Roberto sogna… Che cosa?

«Non ti do risposte qualunquiste! Mi basterebbe semplicemente che i bambini, i ragazzi, i giovani fossero educati alla parità, non soltanto tra uomini, ma anche tra uomini e donne.»

Semel in anno licet insanire. Qual è la follia più grande che hai fatto?

«Sì, certo… licet insanire! Anche più volte all’anno. Di follie ne ho fatte tante, che non sto qui a raccontarle… Non si direbbe per la mia figura, che in fin dei conti tutti dicono “Saggio, quel Vecchioni; una persona che è quadrata”… la percezione è un po’ quella.»

… Stranezze della vita… Qual è il vizio di cui non riusciresti proprio a fare a meno?

«Adesso vizi ne ho molti di meno! Certe volte, quand’ero in gradazione alcolica particolare, ne facevo di cose strane, molto strane. Ma ormai sono anni che è passata… A parte le donne,» dappoi correggendosi sornione, «a parte l’amore… e il sesso ovviamente, perché non c’è età per quello, sicuramente il mio toscano. È una specie di coperta di Linus; mi piace perché mi rasserena e rassicura. Mi coccola moltissimo.»

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Roberto Vecchioni. Parole, musiche, pensieri di…

« un ottimizzatore di sogni, un navigatore di idee e di passioni. E uno schiavo della cultura.»

 

 

Gino Morabito

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