RICCIA, SELVAGGIA, ENERGICA, SENSUALE. MARCELLA BELLA È TORNATA!

Marcella Bella 01_musicaintornoDovevo cantare una canzone alla festa del paese. Le ragazzine più grandi, vestite di bianco e con dei collant azzurri, facevano il coro a “Montagne verdi”. Volevo farlo anch’io. Mi ero innamorata di quella canzone, di quelle parole, di quella musica… e soprattutto di quel coniglio dal muso nero. Ma non potevo.

Io ero più piccola, avevo solo quattro anni. Ricordo che cantai con tutta la voce che avevo da dietro il palco, quando toccò a loro. Da allora è sempre stata la mia canzone preferita. Avrei voluto iniziare la nostra chiacchierata raccontandole tutto questo nei dettagli, ma tranquilli, ho desistito! Appuntamento telefonico fissato per le 14 in punto: io, per sicurezza, mi tengo già pronta dalle 13, ché non si sa mai. Una manciata di minuti dopo le 14: «Ciao, sono Marcella Semplice e diretta, come la immaginavo. Mi passa l’agitazione e si comincia.

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Riccia, selvaggia, energica, sensuale. Con un look funky anni ‘70, “La regina del silenzio” si trasforma nella regina del soul pop e torna a calcare le scene con il nuovo singolo “Non mi basti più”. Appello accorato o ammonimento?

«Più ammonimento – ride; significa: “Attenzione, attenzione. Non mi basti più!”. Parla di una persona che ha bisogno di qualcosa di più, di altri stimoli, e lo dice anche urlando (c’è una nota altissima che dà proprio l’idea di ribellione).»

Da donna a donna, di cosa invece ne hai abbastanza?

«Dovrei fare una lunga lista, un elenco di cose che non vanno, ce ne sono tante; però ho anche imparato, con gli anni e con la maturità, che bisogna avere un po’ di pazienza con gli altri, perché non sempre le cose possono girare così come si vuole… Di cose che non ci vanno bene ne succedono di continuo: facendo la spesa, in giro per negozi, per strada… tutte quelle persone che chiedono l’elemosina, ogni dieci metri c’è un tipo diverso che ti chiede i soldi, questa cosa è pazzesca! A me dispiace vedere quella gente che sta male, però adesso mi sembra sia diventato un mestiere. Se vuoi, sto dicendo una cosa esagerata, e nel mio piccolo cerco sempre di aiutare… però mi chiedo come può una persona “normale” fare la carità a tutta quella gente. Questa, ovviamente, è solo una delle cose.»

Nel tuo nuovo brano parli di rete. Da mamma, moglie e donna in carriera, quali “reti” ti fanno più paura?

«Ho più paura come mamma! Nonostante le mie paure personali e le mie ansie, non ho mai avuto per me stessa la grande paura che posso avere per i miei figli. Sono una mamma molto protettiva e, con tutti i pericoli e le “reti” che ci sono oggi, soprattutto alcol e droghe, è chiaro che sono preoccupata.»

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Basta essere vivi per essere felici? E ai tuoi figli come hai insegnato ad esserlo?

«Certamente non basta essere vivi per essere felici! Sarebbe troppo semplice. La vera felicità si trova nelle piccole cose; si trova quando hai dentro la voglia di essere felice. Non sempre, ma qualche volta bisogna sapersi accontentare e fermarsi a dire: “Guarda che bel tramonto!”, “Guarda che bella giornata!”, “Guarda come sto bene oggi!”…

… Bisogna accontentarsi delle piccole cose e godere di ogni singolo momento, perché la felicità che ti dà la vita non è legata al benessere. Ai miei figli ho insegnato proprio questo: essere felici delle piccole cose; conquistare i propri sogni piano piano, cercando sempre di avere pazienza e di non farsi trascinare dalla frenesia del tutto e subito.»

La cara vecchia gavetta.

«Quella è indispensabile! Soprattutto nell’ambito artistico.»

A te di certo non è mancata. A 13 anni superi le selezioni per il Festival degli sconosciuti di Ariccia, a 16 il primo disco. Oggi torni a cantare, sostenuta dal fresco arrangiamento di Mario Biondi e di Max Greco. Nel mezzo, la tua vita in musica. Hai mai fatto un bilancio?

«I bilanci non mi piace farli. Il bilancio vuol dire che è una cosa definitiva e io, nella mia vita e nella mia carriera, ho sempre fatto “punto e a capo”. Perché non sei mai arrivato. Ogni nuovo disco è un nuovo inizio. Si ricomincia daccapo.»

È un modo per mettersi in gioco sempre.

«È sempre un mettersi alla prova! Vale anche per gli attori, i registi, i musicisti… Io credo che la gavetta ti serva anche per poter fare questo mestiere; ti prepara ad affrontare le delusioni, che sono inevitabili, e soprattutto ti prepara a saper affrontare il lavoro che poi arriverà. Tanti ragazzi non sono preparati al lavoro; al fatto che il successo è molto effimero, va e viene… Nei miei 45 anni di carriera è sempre stato così: il pezzo andava bene, allora tutti a fare i complimenti e starmi vicino; il pezzo andava male, e allora c’era un momento di stasi, un momento di stop, e accanto restavano solo in pochi. La mia carriera è tutta fatta di alti e bassi, e bassi e alti. La carriera artistica non può essere lineare, non può essere sempre bella. E questo vale anche per artisti del calibro di Mina e Celentano: ogni disco nuovo che fanno è un banco di prova.»

Dagli amici alla famiglia. Tuo fratello Gianni ti è stato vicino e ti ha incoraggiata; ti ha spinta a credere maggiormente in te stessa e in quei testi che pensavi non avrebbero funzionato. Della tua ultima fatica musicale che ne pensa?

«Mio fratello è molto contento e ha approvato la canzone; gli è piaciuta molto. Fra altri pezzi ha scelto questo, d’accordo con Mario Biondi. È un brano molto radiofonico e io lo trovo travolgente, non ti lascia indifferente. Un po’ per come lo canto, un po’ perché sto affrontando un genere completamente diverso dal mio.»

Hai dichiarato di avere un rapporto “easy” con il tuo pubblico: ti amano perché nelle tue canzoni metti anima, cuore e personalità. In quest’ultima quanta Catania c’è?

«[Ride] I siciliani la propria sicilianità se la porteranno dietro tutta la vita, perché la Sicilia è una terra che genera grandi passioni. Non dimentichiamoci che sono nata ai piedi dell’Etna, e questo grande vulcano dà tanta energia. Tanti mi dicono che non sono più una ragazzina e che ormai ho una certa età – e purtroppo è vero, ma io dentro ho così tanta vitalità, voglia e forza, che delle volte una ragazza di trent’anni non riesce a starmi dietro. Credo che in questo il mio vulcano mi abbia aiutata, donandomi passionalità e sicilianità.»

A proposito della tua sicilianità, “nemo profeta in patria”? Catania madre o matrigna?

«Catania è la culla, è dove sono nata, è quella che mi ha fatto crescere. Mi ha dato le radici; mi ha dato una personalità, un modo di vedere, un modo di essere: quindi Catania ce l’ho nel cuore. Però devo anche ammettere che, arrivata a Milano, ormai quasi da quarant’anni, ho trovato una mamma adottiva molto accogliente, che mi ha insegnato tante cose, mi ha abituata a stare in mezzo alla gente e a farmi notare tutto quello che in Sicilia non funziona e qui, invece, sì e anche bene. Direi che gli antipodi si sono attratti, dal profondo sud al profondo nord.»

Potremmo dire che hai proprio valicato le “montagne” per arrivare a Milano. A proposito… a quarantacinque anni da quelle verdi, chi è oggi “l’amico tuo più sincero”?

«Credo che di amici sinceri ce ne siano pochi nella vita. Forse è rimasto giusto il coniglio. Sono davvero pochissimi gli amici veri veri. La delusione è sempre dietro l’angolo, soprattutto per chi crede tanto nell’amicizia e tende a fidarsi degli altri. È l’altra faccia della medaglia dell’essere una persona perbene, onesta e sincera; forse un po’ ingenua, che crede nelle cose che poi non succedono… insomma… cerco sempre di affrontare la vita con positività, ma poi…»

… Ci si scontra con la realtà.

«Ormai non mi illudo più come una volta! Ma il mio coniglietto dal muso nero è sempre lì!»

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Qual è il segreto per restare Marcella Bella?

«Non faccio fatica, perché sono sempre stata me stessa. Proprio questo carattere che ho, fumantino e passionale, mi ha dato e mi ha tolto: non sempre sono stata “comoda”; dico sempre quello che penso, e delle volte l’ho pagata cara. Ma sono fatta così.»

 

 

Laura Picone

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