“PLACES NAMES NUMBERS”, IL NUOVO PROGETTO UNO E TRINO DI GIOVANNI FERRARIO ALLIANCE

giovanni-ferrario-alliance03_musicaintornoÈ “Places names numbers”, il nuovo album di Giovanni Ferrario Alliance, per WWNBB Collective. Fuori il 7 ottobre!

Ecco i testi in anteprima!

Dieci brani estrapolati da una rosa di quasi trenta canzoni; il risultato di una ricerca personale e dell’ottimo lavoro svolto insieme a un gruppo di musicisti poliedrici.

Da qui l’aggiunta di “Alliance” al nome del progetto, a rappresentare l’inizio di un nuovo percorso.

Un percorso – quello di Giovanni Ferrariocostellato di collaborazioni prestigiose: Pj Harvey, John Parish e Rokia Traorè, ad arricchire il bagaglio artistico e umano dell’autore.

In attesa della prossima pubblicazione, noi di Musica Intorno, abbiamo fatto quattro chiacchiere con il musicista, autore e produttore.

«“Places” perché molti dei brani fanno riferimento a dei luoghi che per me son stati importanti. “Names” in quanto alcuni dei pezzi erano strumentali e ho dovuto scrivere una storia, scegliendo dei nomi che mi sembrassero adatti… “Numbers” è un po’ ironico-autoironico… spesso mi ritrovo a contare le volte in cui ho vissuto la stessa situazione.»

Ladies and gentlemen “Places names numbers”, il nuovo progetto – uno e trino – di Giovanni Ferrario Alliance.

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È dal 2008 che non esce un tuo prodotto discografico… Come ti senti in attesa della pubblicazione del tuo nuovo album il prossimo 7 ottobre? Stati d’animo?

«Dal 2008, quando ho suonato per quel disco, ho lavorato soprattutto come produttore, anche se ho collezionato moltissimi pezzi e sono stato vicino a realizzare un album; ma non c’erano le condizioni che mi soddisfacessero e così ho sempre posticipato. Poi ho trovato la WWNBB, questa etichetta che ha creduto in me e mi piacque molto, tanto da affidarmi subito a loro: sono tre persone e una di loro vive a San Francisco. La mia musica, che è inglese, non è sicuramente quella di un cantautore italiano e grazie a questa etichetta ho trovato un canale più adatto. Alla WWNBB stanno lavorando molto bene e tutti collaborano alla crescita di questo nuovo prodotto discografico. Lavoriamo partendo dal basso.»

Questa volta Giovanni Ferrario non è solo, c’è l’Alliance, un gruppo di musicisti poliedrici, dalla sua parte. Ci diresti qualcosa su di loro?

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«L’Alliance, in realtà, è nato sia come gruppo, sia perché hanno collaborato a questo nuovo progetto diverse persone, anche semplicemente spronandomi e consigliandomi; nome preso inoltre da un pezzo di Wyatt. Col disco ho in mente di lavorare in particolar modo sottolineando l’aspetto umano: vorrei essere più comunicativo ed è rivolto alle persone che possono ascoltare i testi, che sono ottimisti pur affrontando di temi pesi e importanti. I musicisti che suoneranno con me l’anno prossimo sono davvero bravi, più giovani del sottoscritto ma dei talenti sopraffini. L’intenzione è quella di divertirci suonando, puntando anche su una buona dose di improvvisazione e su una ricerca di suoni che deve ancora iniziare.»

Come mai la scelta di cantare in inglese, nonostante la tua lingua natia sia l’italiano?

«È una scelta fatta molto tempo fa. Non ho mai cantato in italiano, ho collaborato con diversi artisti italiani ma non vengo da quel mondo lì. È molto difficile fare qualcosa in italiano che non sia didascalico, nella mia opinione; i miei testi sono un po’ più metafisici. Hanno dei collegamenti alla realtà, ma parlano molto per immagini e spesso tentano di evocare qualcosa. La mia musica nasce direttamente in lingua inglese, l’italiano presuppone una ricerca che non ho mai fatto.»

A cosa ti sei ispirato nella composizione dei brani di “Places names numbers”? Ci parleresti dei tuoi testi e dei tuoi brani singolarmente?

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«Il titolo è già un programma: può dire tutto e niente!

“Places” perché molti dei brani fanno riferimento a dei luoghi che per me son stati importanti. “Names” in quanto alcuni dei pezzi erano strumentali e ho dovuto scrivere una storia, scegliendo dei nomi che mi sembrassero adatti. Mi concedo la possibilità di spaziare molto. “Numbers” è un po’ ironico-autoironico, e ci sta per il fatto che non amo ripetermi, sia nella vita che nella musica; spesso mi ritrovo a contare le volte in cui ho vissuto la stessa situazione.

C’è un pezzo molto pregnante, che si chiama “Wish 33rd” e dice “Benvenuto meritato desiderio, pensavo di non vederti più”. E alla fine l’ho visto 33 volte!

Anche nella cover e nella presentazione del disco mi pongo di fronte alle cose in maniera leggera, nonostante parli di morti, suicidi, malattie, cure… Mi piace essere ottimista perché è cosi che mi sento. Mai come adesso sono queste le cose importanti. Il mio immaginario appartiene alla musica di fine anni ’70, post rock; il mio percorso è stato quello. Avevo un gruppo rock psichedelico negli anni ‘80. Non amo catalogare un disco in un genere.»

Propositi per il nuovo tour?

«Partirà il 7 ottobre con l’uscita dell’album. Suonerò a Brescia, Bergamo, Milano, Torino, Roma, Napoli, Lecce, Varese… Dovrei avere una ventina di date, che farò tra ottobre e dicembre. Penso e spero di poter anche fare qualche data in America, verso marzo, e questa primavera in Europa, magari lavorando col gruppo.»

“Bristol” non è solo una canzone ma anche il luogo in cui è nato R. Wyatt; la cover è “Costa”, in fin dei conti…

«È tutto collegato! Ho lavorato a “Bristol” qualche settimana con John Parish; c’è pure un parlato di Georgian Kalwait, una ragazza americana che vive in Italia da diversi anni e ha cantato molto nei Novanta. Adesso abita in Puglia e la sto producendo.»

“Where to go” è una canzone diversa dalle altre, che trovo molto eterea e particolarmente bella. Cosa hai pensato quando l’hai inserita nel disco a discapito di altre?

«La scelta (10 brani su 30 circa, ndr) l’ho fatta fare ai ragazzi dell’etichetta: hanno inserito dei brani che io inizialmente non avrei scelto, ma è stato molto interessante poi vedere questa compilazione diversa da quella che avrei fatto. Negli ultimi 9 anni circa non ho pubblicato dischi – è vero – ma ho continuato a comporre. L’idea iniziale era quella di fare un album strumentale. Ho ancora tantissimo materiale.»

Qualche “behind the band”, se mi passi l’espressione, da condividere con gli amici di Musica Intorno?

«Sì, mi sono avvalso di parecchi musicisti interessanti! Vorrei citare Fabio Rondarini (batterista degli Afterhours, ndr). L’idea di collaborare c’è da diversi anni e si è concretizzata finalmente con “Places names numbers”. Gli ho mandato il pezzo più difficile da realizzare, “Brush”. È stato felicissimo di collaborare, rispondendomi: “Mi hai dato una gatta da pelare”. L’ha ascoltata in treno da Roma e l’ha memorizzata e suonata subito. Buona la prima insomma! Cabeki, invece, è un ragazzo che suona con Le Luci della Centrale Elettrica e ha anche un proprio progetto solista. Ha messo la zampina giusta in Costa.»

 

 

Marco Selvaggio

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