PEPPE SERVILLO & SOLIS STRING QUARTET: “PRESENTIMENTO” COME CAPACITÀ DI LEGGERE IL FUTURO ATTRAVERSO LE CANZONI

peppe-servillo1_musicaintorno«Si tratta del secondo album con i Sois String Quartetha sottolineato Peppe Servillo, presentando “Presentimento”. «È ancora un album di canzoni napoletane rilette da noi… E ci piace pensare che questi poeti, questi parolieri napoletani avessero la capacità – attraverso le canzoni – di leggere in qualche modo il futuro, come degli indovini, dei veggenti: quindi di “presentire” quello che sarebbe accaduto.»

Da Gil a Viviani, da E.A. Mario a Cioffi/Pisano, da “Scalinatella” a “Mmiez’o grano” a “M’aggia curà”, la lista di autori e canzoni si inseguono e si incastrano con rigore, regalando uno spettacolo a tuttotondo che tocca musica, teatro e cuore.

L’occasione da non perdere è il concerto, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, in cui la voce di Peppe Servillo si sposa ancora una volta con gli archi dei Solis String Quartet: Vincenzo Di Donna, violino; Luigi De Maio, violino; Gerardo Morrone, viola; Antonio Di Francia, cello e chitarra.

I capolavori della canzone classica napoletana alla luce del “Presentimento”: la naturale prosecuzione di un progetto (quello di “Spassiunatamente”), che non smette di spaziare all’interno di un immenso panorama culturale e musicale, senza cercare di circoscriverlo ad un periodo o ad un autore.

Ecco quello che ci ha raccontato Peppe Servillo qualche tempo fa, durante un confronto arricchente che ha toccato i temi cari alla tradizione napoletana, il dialetto come lingua, la mescolanza di generi, la condizione degli artisti, dei narratori, dei poeti…

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“Presentimento” come un viaggio, senza limiti di tempo e di spazio, compiuto da un quartetto d’archi e una voce. L’incontro tra la chiara manifestazione della tecnica e l’istrionismo della vita?

«Come dire, la formula del quartetto è patrimonio della cultura musicale strumentale italiana… Era innanzitutto per me un modo di lavorare e di incontrare i Solis, ma anche di riproporre in una chiave originale il repertorio napoletano, con un modo che hanno loro di arrangiare, che non trascura l’aspetto ritmico di queste canzoni; con quel suono tipico del quartetto, con cui ci proponiamo, che ha degli accenti di modernità notevoli, delle curiosità e – se vuoi – degli azzardi che rendono questa proposta interessante. Poi è sempre il pubblico a dire la sua… Di virtuosismi non parlerei, perché poi alla fine il nostro lavoro privilegia gli autori di queste canzoni e di questo repertorio, cercando di servirli e di porli sempre in primo piano, evitando di sovrapporci a loro con la nostra proposta.»

Una formula ampiamente dimostrata e una scelta artistica ben precisa spogliano di tutti gli orpelli alcuni capolavori classici, rendendoli eleganti e raffinati. La naturale prosecuzione di “Spassiunatamente”?

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«In “Spassiunatamente” il titolo del lavoro fa riferimento a un atteggiamento che abbiamo coltivato, realizzando il progetto.

Abbiamo affrontato il repertorio, in maniera anche spregiudicata, mettendo da parte i timori e prendendoci anche il rischio di commettere qualche errore…

… un repertorio così importante e così universalmente conosciuto – quello napoletano, che si rischia di rinunciare ad affrontarlo, per custodirlo come in un museo, quando invece la pratica nel proporlo dimostra ancora una volta che questa lingua ha bisogno dell’attualità, sia musicale, sia letterale. Pertanto abbiamo affrontato il tutto “spassionatamente”, ma nel rispetto della melodia e delle parole di queste bellissime canzoni.»

Ogni lingua possiede un tesoro peculiare fatto di espressioni intraducibili. Il dialetto come imprescindibile linguaggio dell’arte?

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«Senza voler peccare di presunzione, nel caso del napoletano, parliamo non propriamente di un dialetto ma di una lingua, perché ha alle spalle una storia e una letteratura; una lingua anche perché ha una modernità, oltre che una tradizione, molto forte, e la capacità anche nella canzone, così come nel teatro e nella poesia, di coniugare un linguaggio alto e sofisticato con uno molto viscerale, diretto e popolare…

… Nel nostro caso, poter utilizzare la lingua napoletana, è un grande vantaggio e un grande privilegio: cosa che io ho fatto in età adulta, in quanto da ragazzo, da un lato avevo timore a farlo, dall’atro credevo che avrei dovuto allontanarmi da un’origina alla quale poi inevitabilmente si torna. E si ritorna, in fin dei conti, dando magari il proprio contributo: nel caso del progetto con i Solis String Quartet, quello di testimoniare, praticandola, una memoria musicale e letteraria che è universale e attualissima.»

Sullo sfondo si staglia la città di Napoli, accompagnata – in battere e levare – dalle eterne contraddizioni che la caratterizzano. La vera bellezza deve necessariamente fare i conti con la sofferenza?

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«C’è il rischio, approfondendo questi aspetti, di dire delle banalità e di calcare dei luoghi comuni…

… Io penso semplicemente che Napoli sia una città dalla cultura viva e vitale, che esprime dei grandi valori nella lingua, nell’umanità e nella musica ovviamente. Non mi avventurerei in considerazioni di altro tipo, sul piano sociologico od estetico, ad esempio, sarei un presuntuoso, se lo facessi.»

Musica come mescolanza di miseria e nobiltà?

«Hai citato una commedia che io amo tantissimo… Se si intende la capacità che hanno questa lingua e questa musica di coniugare l’istinto con un pensiero poetico molto alto, allora direi di sì.»

Sono trascorsi 16 anni da quel groviglio di emozioni e sensazioni altalenanti, vissuti e messi in scena sul palco dell’Ariston. Come declina oggi il “Sentimento” Peppe Servillo?

«Be’, sai… il lavoro con gli Avion Travel è un lavoro prezioso dei cui frutti godo ancora oggi; è un’esperienza che rimane sempre fondante per me, e che mi ha consentito anche il lavoro con i Soilis. È un sentimento profondo, che mi accompagnerà sempre, quello che nutro e coltivo verso gli Avion Travel.»

… E, a proposito di sentimenti, qual è quello che frequenti con maggiore intensità?

«Penso sempre alla relazione umana, che oggi viene spesso messa in difficoltà dalla facile disponibilità che abbiamo dei contatti, ma non dell’approfondimento dei contatti. Credo profondamente nella relazione tra persone, che può dar vita alle avventure nel lavoro e nei sentimenti per l’appunto. Ed è quello che vivo anche con i Solis: facciamo un lavoro di squadra, che si nutre di relazioni umane.»

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La condizione degli artisti, dei narratori, dei poeti… che annunciano parole mai udite, ed eleganti. Quasi atmosfere anni Cinquanta, col “cilindro per cappello” (Domenico Modugno, Vecchio frac, ndr). Ma esistono ancora gli uomini in frac?

«Se per questo si intende un atteggiamento, che si nutre di cortesia, nel senso più antico della parola, allora sì. Esistono ancora!»

 

 

Gino Morabito

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