NUNZIO PAPOTTO, QUANDO UN’OPERA SI NUTRE DI BELLEZZA

Nunzio Papotto, artista catanese il cui linguaggio si traduce in un ready made contemporaneo in continua sperimentazione.

Esprime il suo talento su qualunque superficie. Tutto diventa “opera” sotto le sue mani influenzate e ispirate da quelli che lui definisce i suoi maestri…

Picasso, Dubuffet, Billy Holiday, Chet Baker, Pasolini, col quale ha avuto l’onore di trascorrere un paio di giorni e di apprezzarne la vera essenza. La musica, la pittura, la letteratura, agli occhi di Nunzio Papotto non hanno nessun confine, non esiste genere. Con quella naturalezza che lo caratterizza potrebbe dipingere, suonare o scrivere: lui vive al centro. Nelle sue opere, cariche di colori, di energia pura, di storie, di musicisti jazz, rende visibile la musica, la rende tattile, si sente attraverso la bocca, penetra nei pori, veicolata dalla forza vibrante di questo genio creativo.

Quanto è importante la musica nella vita di Nunzio Papotto?

«Non riesco a vivere senza musica. Mi sveglio con la musica, mi addormento con la musica e soprattutto dipingo con la musica. La musica riesce ad elevare il mio spirito. Ho iniziato a dipingere con la musica di Paolo Conte, al quale ho anche regalato un quadro proprio per ringraziarlo di aver nutrito la mia arte in quel periodo.»

Cosa lega la musica all’arte?

«Considero la musica la prima forma d’arte in assoluto. È quella che arriva per prima al cuore. Credo che ogni artista quando dipinge cerchi di fare musica. Nella pittura sono presenti gli elementi della musica, le vibrazioni, il ritmo dei colori, l’armonia, toni alti e toni bassi. C’è molto legame tra musica e arte.»

 

Tu hai creato una specie di factory in cui è possibile ritrovarsi a bere un bicchiere di vino ascoltando della buona musica, mentre qualcuno dipinge, recita o magari compone versi. Sei un innovatore che ama sperimentare. Com’è nata quest’idea?

«Non ho mai pianificato nulla, tutto è nato sempre spontaneamente. Credo che sia il confronto con la gente, con la diversità che ognuno porta con sé a stimolare questa mia voglia di commistione tra talenti. Sono più che convinto che non esista una vera e propria linea di demarcazione tra le forme d’arte. Lo spirito di ogni artista si eleva e si nutre di tutte le forme d’arte: l’unico consiglio che do ai giovani artisti è proprio quello di cibarsi di buon teatro, di letteratura, di musica, di cinema, insomma nutrirsi di bellezza. L’unico strumento per affinare il gusto che, insieme all’autocritica, ritengo elementi essenziali nella vita di un artista.»

Cosa intendi per autocritica? Essere giudici di sé stessi?

«Più che giudice di sé stessi, direi che acquisire consapevolezza di sé sia il vero obiettivo.»

Se dovessi immaginare un’orchestra composta da musicisti e pittori, ti piacerebbe essere il direttore d’orchestra o un componente?

«Penso entrambi. Perché ho sempre bisogno di sperimentare, quindi perché scegliere? La musica e l’arte, in me, convivono da sempre. Quando è morto Pino Daniele (anche a lui ho regalato un quadro per riconoscenza per avermi ispirato con la sua musica), ho riascoltato tutte le sue canzoni, che conoscevo già bene e le ho apprezzate ancora di più. Rivedevo nella sua musica lo stesso spirito di Modigliani.»

È riduttivo chiamarlo cantante napoletano?

«La musica di Pino Daniele è degna di essere l’evoluzione della grande musica classica napoletana.»

Perché hai scelto e continui a scegliere Catania?

«Fondamentalmente sono pigro. Mi invitano spesso ad andare fuori, ma attualmente sono impegnato in tante iniziative. Forse lo farò.»

Pensi che la Sicilia sia abbastanza recettiva per questo genere di contaminazioni?

«Sono convinto che le cose che si fanno a Parigi, Londra, New York, Berlino, si possano fare anche qui. Se la gente viene stimolata nel modo giusto, facendo uscire l’arte dai luoghi preposti e inserendola nel quotidiano, sono sicuro che si otterrebbero grandi risultati. Diceva Pablo Picasso (il mio maestro): “Il senso della vita è la ricerca del proprio dono. Lo scopo della vita è regalarlo a gli altri”. Oggi più che mai l’arte ha il dovere di scendere on the road, sulla strada, dovrebbe avvicinarsi alla gente e non cercare di fare avvicinare la gente. Credo che i mass media abbiano avuto e hanno una grande responsabilità. Oltre a non produrre più nulla di culturale, proponendo certi programmi davvero trash, hanno davvero perso il gusto, il buon gusto. Sentivo poco tempo fa dire che la musica oggi è nelle mani sbagliate, in realtà non sono sbagliate, sono vuote. Perché un giovane che non conosce paolo Conte e si giustifica dicendo di essere troppo giovane, è il motivo per cui non può esserci evoluzione nella musica, così come nell’arte.»

Non puoi creare nulla senza conoscere chi lo ha fatto prima di te. La bellezza non ha tempo. Quanto costa la libertà di assecondare la propria arte?

«Sicuramente non mi aggiorno sulle ultime tendenze dell’arte contemporanea dettate dalla critica. Nella pittura si è fatto tutto ciò che si poteva fare, nessuno può inventarsi più nulla. Quello che può emergere è il sentimento. Non cosa si fa ma come si fa. Mettere in gioco la propria verità. Quindi non mi costa nulla. Non ho grandi velleità, non voglio diventare né ricco né famoso. Mi basta poter continuare a fare il mio lavoro liberamente. Quando ho la possibilità di stare nel mio studio a dipingere con la musica in sottofondo, alla vita non altro da chiedere.»

 

Simona Di Bella

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