MATTEO SETTI, CANTA LA FELICITÀ DELL’ANIMA

A spaccati di vita vera, vissuta, fanno riferimento le canzoni di Vito Taburno. Non stanno più ferme, recluse per anni, ora si liberano da sole. Prendono forma nelle suggestive performance di Matteo Setti che le interpreta al meglio di sé. Il più apprezzato Gringoire di Notre Dame de Paris si rimette in gioco, rivestendo i panni di un artista che ha raccontato storie italiane che l’Italia non conosce.

Mette in scena un canzoniere che ha attraversato i decenni del secolo scorso per manifestarsi rinato nella sua seconda vita. Canzoni che furono e sono teatro da ascolto, teatro ballabile, scena musicale perduta nel ventesimo secolo e poi ritrovata, canto di ieri nell’oggi ossia canto del sempre. Nessun brano è un singolo, tutti i brani sono singolari. E Matteo Setti li interpreta, ora con un canto potente, una vocalità compatta, precisa, immediata; ora sottovoce, con aria sognante. Immaginate un uomo che si dondola su una sedia, le gambe appoggiate alla staccionata, mentre scruta l’orizzonte. La sua voce s’invola alta, nitida, serena. Una sensazione di pace lo pervade, e canta ancora. Canta la felicità dell’anima.

Inizia con Dondolan la pubblicazione delle canzoni di Vito Taburno, un repertorio che va dagli anni Quaranta agli anni Settanta. Un nuovo Vito, una nuova voce oggi interpreta quelle canzoni nelle suggestive performance di Matteo Setti.

«È la prima volta che mi sono ritrovato a cantare una canzone quasi sottovoce, camminando in punta di piedi su questo tappeto musicale con le parole di Vito Taburno. Il progetto completo prevede quaranta brani, pubblicati a gruppi di tre, dove c’è tutto il retaggio delle mie esperienze passate, a partire da quelle che ho fatto fin da piccolo con mio padre: penso a Guccini, De André, De Gregori, Fossati… un tipo di cantautorato che oggi non esiste più. Quando mi sono ritrovato con quei testi fra le mani, quel personaggio, la sua storia… parlando con Pasquale Panella, gli dissi che avrei voluto interpretare Vito Taburno a modo mio. Così ho provato a mettere dentro le sue canzoni la vita di Matteo.»

L’evoluzione di un progetto che prevede un’attesa esibizione live, svelando al pubblico un meraviglioso scrigno di piccole perle custodite gelosamente da Pasquale Panella.

«La seconda vita che vorremmo dare a Vito Taburno è proprio al teatro, dove Pasquale racconterà gli aneddoti e le piccole storie, la vita e il passato di Vito. Lui parlerà e io canterò. Avremo questo dualismo che ci permetterà rispettivamente di raccontare ed eseguire il testamento umano e artistico di questa grande personalità del nostro Paese, che vorremmo riuscire a far conoscere il più possibile.»

 

Del canzoniere fanno parte storie italiane che l’Italia non conosce. Hanno attraversato i decenni del secolo scorso, per manifestarsi ai nostri occhi all’interno di un Paese che oggi appare fortemente provato.

«Il difficile momento storico che stiamo vivendo potrebbe essere un’occasione per riflettere su quello che ci circonda. Dovremmo sfruttare questo tempo per dedicarci alla famiglia e agli affetti, riscoprendo le cose più vere e autentiche. E a spaccati di vita vera, vissuta, fanno riferimento le canzoni di Vito Taburno.»

Vito era un cantante notturno, di serata e di nottata, al chiuso e all’aperto, in night e balere, su altane, terrazze e rotonde, in limonaie, aranciere, belvederi, giardini e chioschi. Matteo invece non è mai stato un nottambulo.

«Ho vissuto tante notti, perché il mio lavoro mi porta anche a serate infinite, ma la mia abitudine è quella di vivere appieno il palco e, una volta spente le luci, ritornare alla vita reale. Faccio molta attenzione a distinguere la finzione scenica dalla vita vera, e ci tengo a tenerle separate. Tutti i personaggi che interpreto, che siano Vito o Gringoire, quando finisce lo spettacolo, devono lasciare il posto a Matteo.»

Quella di Matteo Setti è una personalità artistica indissolubilmente legata al poeta Pierre Gringoire di Notre Dame de Paris. La caratterizzazione scenica di un personaggio che, nel tempo, è maturato insieme alla persona.

«Inizialmente mi sono fatto invadere da un personaggio e da una storia molto particolari ed estremamente attuali. Poi, con il tempo, Gringoire è diventato sempre più me. E abbiamo finito con l’assomigliarci. Nella vita sono un tipo molto casinaro, poetico lo sono diventato grazie a lui. Da rocchettaro a poeta, da Freddie Mercury a Gringoire, è stato un bel salto! Oggi vedo un uomo, Matteo, sicuramente più maturo e risolto. Quando sei giovane, ti fai sopraffare dal successo, poi guardi la cosa sotto un altro profilo e cerchi di metterci più coscienza.»

In scena Gringoire interpreta magnificamente Il tempo delle cattedrali, in cui la pietra sarà dura come la realtà. Come un ammonimento rivolto ai nostri giovani e al futuro che li attende.

«Avranno un futuro più difficile, poiché la tecnologia che ha invaso ogni aspetto della nostra vita non permette loro di comprendere l’importanza di curare i rapporti umani. Non siamo mai veramente noi stessi quando usiamo un display. C’è da lavorare molto sui sentimenti!»

 

In tema di “cattedrali”, Matteo Setti è un’artista che ha edificato, sia in Italia che in America.

«Per quattro anni sono andato e tornato dall’America, avevo preso casa a New York e lavoravo da Miami a Los Angeles. Quello che ho imparato negli States lo devo alle persone che ho incontrato: mi hanno aiutato a cancellare la convinzione che andasse già bene il mio modo di cantare e di lavorare all’interno del music system; mi hanno spronato a rimettermi in gioco e a ricominciare a studiare per fare un salto in avanti. Questo ho imparato da quella Terra delle promesse, anche se il Paese che mi ha dato di più è indubbiamente l’Italia!»

Diligenza e perseveranza, le parole fondanti della vita di un uomo capace di essere autentico.

«Non posso decidere se essere un cantante mediocre, bravo o eccellente. Questo lo stabilisce il pubblico. Però posso essere orgoglioso di un uomo che sa di aver messo tutto sé stesso in quello che ha fatto. Nei progetti che realizzo devo riversare le mie tristezze, le mie speranze, le mie battute d’arresto, le paure, le ansie… Quando vado a letto la sera, devo avere l’animo sereno, ma devo anche essere consapevole che il giorno dopo dovrò ancora fare qualcosa per migliorarmi. Ho unito alla perseveranza nel canto il decidere di non bere; praticare sport, una vita il più possibile sana, dedicandomi all’amore e agli affetti. A me è sempre interessato molto di più curare l’uomo Matteo, che non il cantante.»

Matteo Setti, la piena realizzazione nell’amore.

«La prima cosa che bisogna fare appena svegli è guardare negli occhi la tua compagna e scambiarti un abbraccio, un bacio, quel silenzio e quei sorrisi che fanno iniziare il nuovo giorno. Questo dà tranquillità alla mia anima. Tutto il resto viene dopo.»

 

Laura Picone

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