LA VERA STORIA DI JOE BARBIERI

Di Paolo Miano

A quattro anni di distanza da Origami, Joe Barbieri si ripresenta al pubblico italiano ed internazionale con il nuovo Tratto da una storia vera.

Un album in linea con il suo percorso di cantautore jazz, che vanta il contributo di numerosi ospiti/amici del calibro di Carmen Consoli, Sergio Cammariere e Fabrizio Bosso.

Al giorno d’oggi quattro anni possono equivalere un’era glaciale. In tempi ipertrofici come questi il mercato discografico impone agli artisti a pubblicare poco ma spesso.

«… Ma affinché arrivi l’ispirazione per delle canzoni, si ha bisogno di un vissuto quotidiano e che questo ci maceri dentro. E poi ci vuole anche il tempo per realizzarle, queste canzoni. Appartengo ad una generazione che intende la musica con una visione allargata rispetto a quella “singolocentrica” su cui ci si basa oggi. Io ho bisogno dell’album, di un racconto che si estenda su più canzoni. E poi, nel mezzo ci sono stati anche il disco tributo a Billie Holliday e, in qualità di produttore, l’ultimo album di Tosca, che hanno richiesto molto lavoro ed attenzione.»

Non per niente, lo stesso Joe ha definito questo disco il più autobiografico. Lo si intuisce già dal titolo, Tratto da una storia vera.

«Le mie canzoni parlano principalmente d’amore, che è la rivoluzione più grande. Per dirla con il mio maestro Pino Daniele, “tutto quanto è sentimento”. Ma nel disco ci sono anche delle deviazioni rispetto a questo tema centrale, per esempio il calcio nella canzone “Vedi Napoli e poi canta”, che poi in fondo tratta di una diversa forma d’amore, quello per la squadra della mia città.»

Quando si parla di Napoli Calcio, il pensiero corre subito a Maradona.

«Non solo ho avuto il privilegio di vederlo giocare ma, dato che la scuola che frequentavo era situata in un punto da cui il giovedì passavano i giocatori per recarsi allo stadio per l’allenamento a porte aperte, spesso alla fine delle lezioni ci appostavamo ad un semaforo nella speranza che si fermassero per riuscire a scambiare due battute con loro. Così mi è capitato di parlare con lui più volte, il tempo di un semaforo rosso, sui momenti salienti delle partite giocate o altri dettagli tecnici. Il giorno della sua morte, come già era successo per Pino, fu un grosso trauma. Sembrava che tutto si annebbiasse, diventasse lattiginoso.»

Pino Daniele, altra icona napoletana di cui Barbieri dà una propria rilettura con una splendida cover di Lazzari felici.

«Il nostro era inevitabilmente un rapporto maestro/allievo, per la differenza di età e di esperienza artistica. Lui produsse il mio primissimo disco. Ricordo che il giorno dopo il mio esame di maturità, mi spostai a Roma per le registrazioni. Era la prima volta che entravo in uno studio vero. Scesi delle scale, aprii la porta e vidi lui, il mio idolo, che stava suonando il basso su una mia canzone. È stato incredibile. Anche se fosse finito tutto lì sarei stato felice.»

Rispetto agli album precedenti, Tratto da una storia vera, presenta una maggiore impronta sinfonica, con un ruolo da protagonista per la sezione archi che crea evocative atmosfere da film anni Quaranta.

«È il frutto della sovrapposizione dei miei ascolti di questi ultimi anni. Per esempio, ultimamente ho riscoperto il piacere di ascoltare le colonne sonore di Piero Piccioni, che sono ingiustificatamente poco conosciute rispetto al loro valore intrinseco.»

Il cinema d’altra parte è sempre stato una delle sue grandi passioni.

«Il mio rapporto con il cinema è vivo e vegeto. Ne consumo molto, più delle serie tivù, e mi divido equamente fra il cinema d’autore e quello più leggero, anche se quest’ultimo preferisco guardarlo comodamente da casa, mentre riservo il grande schermo per i film con maggiore caratura artistica.»

Questo approccio sonoro trova il suo culmine nella canzone Manifesto, arrangiata in collaborazione con il Quartetto Devabugi.

«Parla di questo eterno inseguire la bellezza che in qualche modo ci sfugge sempre. Per ogni passo che facciamo lei ne fa due ma questa utopia, quella di poterla raggiungere, è ciò che ci consente di fare il viaggio.»

La malia avvolgente creata dagli archi impregna più che mai le nuove canzoni di una forte energia femminile.

«In effetti, a pensarci bene, è vero: le mie canzoni, a parte me, sono sempre state interpretate da donne, da Tosca a Musica Nuda, a Patrizia Laquidara, che evidentemente si riconoscono maggiormente nei brani che scrivo. Sono cresciuto in una famiglia piena di donne, perciò ho avuto tempo ed occasioni per comprendere la differenza di qualità che il genere femminile può vantare rispetto a noi maschi. Probabilmente con le mie canzoni ne cerco l’approvazione, tento di non sciupare questo rapporto privilegiato che sento di avere con loro.»

Questa poesia così retrò appare in netto contrasto con i nostri tempi di trapper e talent show ma lo sguardo speranzoso di Joe Barbieri è rivolto al futuro.

«Credo che oggi il cantautorato continui ad avere un senso. Il pubblico ha sempre bisogno di ascoltare storie e di qualcuno che le sappia raccontare. Questo è avvenuto anche in tempi recenti, con la scena indie, con Brunori e Dente, che in qualche modo hanno saputo guadagnarsi attenzione e spazio attraverso canali al di fuori da quelli soliti radiotelevisivi. È un mestiere che non si consuma ma si trasforma. Ci sarà sempre qualcuno che cerca di proporre una lettura differente del mondo, che non è necessariamente contrapposta alle altre visioni ma vi si completa. Perché, in fin dei conti, c’è bisogno di leggerezza, così come degli intellettuali.»

www.musicaintorno.it

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