KLEDI KADIU, BALLERINO SENZA PASSAPORTO

 

Mentre parliamo di passioni e di vita, in Albania viene trasmesso uno spot per la promozione del turismo, che ha il volto di Kledi KadiuImpegno, sacrificio, determinazione temprano il carattere del ballerino accasato in Italia, per il quale l’arte e la danza sono discipline che non hanno provenienza. Ama definirsi uno zingaro felice con la valigia in mano, senza passaporto.

Un uomo che, al caos frenetico della mondanità, preferisce di gran lunga il tempo speso in famiglia, circondato dagli affetti. Quando Kledi mi racconta della sua piccola Lea, gli si illumina il viso.

C’è in ballo il Campus dance summer school con Kledi Kadiu: allievi e maestri si confrontano a passo di danza.

«La prossima estate sarà piena di questi eventi! Sono incontri pensati per gli allievi che provengono da tutte le scuole di danza d’Italia, che si ritrovano a trascorrere dei giorni insieme per imparare nuovi stili, aggiornarsi e, perché no, scoprire un ambiente di aggregazione e di socializzazione nel quale potersi confrontare con gli altri, attraverso le diverse esperienze di ognuno, che siano allievi o maestri. Questo garantisce degli input, degli stimoli fondamentali per migliorarsi e avere una sana competizione.»

Ti fa onore voler dare valore al futuro dei ragazzi, un futuro che si costruisce sin da piccoli.

«La danza, il mio amore e la mia passione sin da piccolo, è una disciplina nella quale emergere è molto difficile: richiede dei requisiti specifici e una forma mentis abbastanza strutturata. Le rinunce e i sacrifici sono parte integrante di questo percorso, che è molto lungo, occorrono anni per imparare e, anche quando si pensa di aver imparato, bisogna continuamente aggiornarsi perché è in continua evoluzione. Ovviamente tutto è possibile, dipende dalla voglia, dalla concentrazione e dalla dedizione dei ragazzi per trasformare la danza da una passione in un mestiere.»

Di certo Kledi Kadiu è uno che non si risparmia, dagli inizi presso l’accademia di danza in Albania a una vera e propria professione di vita.

«Sono stati i miei primi maestri a formare il Kledi di oggi, consapevole che la formazione e lo studio costante sono stati fondamentali per il mio percorso di vita e professionale. La danza non trasmette solo nozioni per ballare, ma anche valori per crescere in maniera sana e positiva. Il talento è l’insieme di questi elementi e di una predisposizione naturale.»

Quali sono i valori a cui tende?

«Impegno, sacrificio, determinazione. Sono questi i valori che mi ha trasmesso la scuola, prima di dotarmi di un bagaglio tecnico. Mi permettono di sentirmi sicuro sul palco e nella vita, e mi hanno fortificato il carattere. Questi valori sono utili a tutti i ragazzi, anche a quelli che non diventeranno ballerini.»

Le troppe aspettative aiutano o sono un limite?

«Le troppe aspettative è giusto ed importante che ci siano e che accompagnino lungo tutto il percorso di crescita, di studio e di vita. I sogni, le speranze e la voglia di fare devono poter appartenere a ciascun ragazzo, altrimenti finisce tutto.»

Aspetta, impara e vedrai. Come si fa a rispettare questo codice, se ad arrivare primo è chi sgomita di più?

«Questa è la legge della vita! Sopravvive chi ha testa ed obiettivi chiari e, anche se non ci fa piacere, le sgomitate ci sono sempre state e ci saranno. Continuo a ripetere che in Italia ci sono tante fabbriche e pochi negozi: tante fabbriche che producono musicisti, ballerini, attori… ma pochi negozi dove questi artisti possono svolgere il proprio mestiere per guadagnarsi il pane quotidiano. Oramai la professione del danzatore è diventata par-time, perché non c’è la cultura di considerarla come un lavoro vero e proprio.»

 

Alla riapertura della tua scuola di danza, dopo la lunga chiusura forzata, più paura o più speranza?

«C’è paura, soprattutto da parte dei genitori. I corsi dei più piccoli non hanno avuto la ripartenza che ci aspettavamo. La scuola ha una percentuale di iscrizioni di bambini molto alta, quindi, almeno per il periodo estivo, si è smorzata un po’ la voglia di continuare. Ci auguriamo che da settembre ci sia una ripresa più decisa, in ogni ambito, in tutta Italia!»

A te l’Italia ha dato tanto, nel lavoro come nella vita. C’è qualcosa che ti ha tolto?

«No, non direi che mi ha tolto qualcosa! È la vita che ti toglie o ti dà, non il contesto dove vivi.»

La tua danza più bella è tua figlia Lea. Felicemente immerso negli affetti familiari, credi nell’amore per sempre?

«Sì, decisamente! Credo a quanto si possa star bene con la propria moglie, la propria figlia, la famiglia. Non sono mai stato una persona invadente, perché ci sono degli spazi personali naturali che non vanno occupati. Nel rispetto dell’altrui libertà, si può andare avanti all’infinito.»

Che padre vorresti essere per Lea?

«Comprensivo. Le sto molto vicino, anche perché per adesso è figlia unica ed è nell’età più bella, dove posso viziarla e renderla felice, ma nel modo giusto. È una bambina educata, precisa, e già manifesta, come tutte le bimbe a quell’età, i propri desideri.»

I figli diventano la colonna sonora della vita di ogni genitore. C’è, invece, una musica che ti appartiene?

«In questo momento, mentre guardo il mare, mi ispira Céline Dion con “My heart will go on”. Non so perché, ma mi è venuta in mente quella musica, senza pensarci troppo.»

La musica è una parte imprescindibile della danza, come della vita. A proposito di vissuto, cosa vorresti si dicesse di te?

«Sono sempre con la valigia in mano, uno zingaro, senza passaporto. Perché l’arte e la danza sono discipline che non hanno provenienza, sono di tutti. E io vorrei rappresentare la possibilità di non avere confini, l’unione vera.»

 

Laura Picone

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