GLI “OCCHI” DI MIELE, TI CONQUISTANO IN TOUR!

miele1_musicaintornoVoce dolce e graffiante, approccio energico e raffinato, Miele suona un “rock alla siciliana”, come lo definisce lei, ricco di pathos e di pulsioni contrastanti.

La sua musica è un fiume di emozioni, pronto a straripare con forza nei brani più ritmati o a scorrere placidamente nei momenti introspettivi.

Gli “Occhi” di Miele ti conquistano!

In tour nei club dal 5 novembre.

Quando e come hai iniziato a muovere i primi passi verso la musica? Sei una polistrumentista? Quali sono stati i tuoi percorsi di studio?

«Ho iniziato a cantare verso i 15 anni, solo che era un hobby. Lo vedevo come un gioco, non c’è mai stata una pressione da parte dei miei genitori. Poi ho interrotto, per riprendere a 18 anni circa con il canto; oltre a studiare, ho preso a partecipare a qualche festival, andando in giro con una band di cover. Non mi piaceva, però, utilizzare solo la voce come strumento e così ho deciso di iscrivermi a un’accademia di musica a Milano, dove ho cominciato a studiare il pianoforte. Da lì mi sono concessa la possibilità di studiare composizione, facendo un corso di scrittura. Ho buttato giù le prime canzoni. Ma non si finisce mai di studiare e, ancora oggi, continuo a perfezionarmi.»

Quanto la Sicilia influenza la tua musica?

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«La Sicilia influenza parecchio la mia musica e fa parte della mia vita.

Per lavoro, mi son dovuta spostare dalla mia terra e non è stato semplice: mi manca ed è un po’ come dividersi in due parti; mi mancano gli amici, che sono giù, e diciamo che – nelle mie canzoni – è presente questa sorta di tema della malinconia. Noi del Sud siamo passionali.

Ho un approccio molto forte alla musica, denso, e questo ha di certo a che fare col luogo in cui sono nata.»

Se dico Sanremo, tu dici…

«… che è stata una cosa inaspettata. Ho partecipato prima ad Area Sanremo, che è uno dei due percorsi per accedere a Sanremo Giovani. Era un modo per mettermi in gioco in maniera più seria; era la prima volta che partecipavo e non credevo assolutamente che potesse andare bene al primo tentativo. C’era anche la paura di dover affrontare questa nuova sfida e non sapevo cosa mi aspettasse. A mesi di distanza, posso affermare che si è trattato di un’esperienza stupenda; ho fatto molte cose che altrimenti non mi sarebbe capitato di fare; un’esperienza davvero particolare… Ci si trova impreparati a gestire certe dinamiche. Da un lato ero preparata nel cantare, anche se molto emozionata; dall’altro, con l’inceppo che è successo, mi sono dovuta concentrare pure su altro che prescinde dalla musica, sulla polemica che non fa parte di me. È stato un periodo tosto, ma col senno di poi credo di aver gestito tutto bene. Mi porto dietro il ricordo di un palco stupendo e la possibilità di aver visto un mio brano, composto in una stanza – tra un pezzo di carta e il pianoforte – eseguito da quell’orchestra.»

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Manuela Maria Chiara Paruzzo è stata anche una busker (artista di strada, ndr). Dove ti sei esibita in strada? Come è cambiato il tuo rapporto col pubblico dopo quell’esperienza particolare?

«Ho iniziato a Milano, perché fondamentalmente non riuscivo a suonare, e ho voluto a tutti i costi vivere quell’esperienza, fatta grazie a un mio amico anche lui siciliano. L’ho vissuta a Milano e Bergamo, ed il rapporto con le persone è stato totalmente diverso, molto diretto: a volta la gente interagisce, non c’è un palco, non sei “superiore a nessuno in quel momento”; è uno scambio. È un tipo di esperienza che mi piace tantissimo, perché si riesce davvero a percepire l’umore del pubblico.»

Gli “Occhi” di Miele, il tuo disco di esordio. Che temi affronti nell’album?

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«“Occhi” è uscito durante la settimana di Sanremo: in parte è scritto da me, in parte da Gina Fabiani (cantautrice romana, conosciuta in questi anni di formazione) e da Eugenio Sournia (leader dei Siberia, conosciuto a Sanremo Giovani durante le esibizioni per decidere le 8 nuove proposte). Gli altri brani hanno la mia firma e quella di Andrea Rodini (“Mentre ti parlo”, “Parole al vento” e “M’ama non m’ama”). All’interno del disco è presente anche “Grande figlio di puttana” degli Stadio, brano al quale sono molto legata e di cui volevo fare una versione tutta mia. All’inizio non avevo un’idea chiara di quello che sarebbe stato il tema del disco; ora ogni canzone ha un senso, è come se fosse un viaggio. È come se questo disco, registrato in precedenza, avesse il significato del viaggio, della strada che ogni individuo percorre durante la vita, dove a volte non sai dove andare e hai bisogno di fermarti. E questo è quello che succede all’interno dell’album! C’è anche il ritorno a casa.»

Bagagli pronti per il tour imminente?

«Sì, comincerà a breve il tour promozionale, soprattutto al centro e al nord Italia, partendo però da Catania! Dal vivo ci esibiremo in trio: io alla voce e tastiera, alla chitarra Peppe Milia e alla batteria Donato Emma.»

 

Una performance da non perdere!

 

 

Marco Selvaggio

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