GESSICA NOTARO, UN MESSAGGIO DI FORZA E SPERANZA

Cantante, modella, ballerina, comincia giovanissima a farsi strada nel mondo dello spettacolo.

Balzata agli onori della cronaca per la tremenda esperienza ormai drammaticamente nota, decide di dedicarsi alla sensibilizzazione su tematiche di stringente attualità come la violenza sulle donne e il reato di omicidio di identità.

Oggi la storia di Gessica Notaro è un messaggio di forza e speranza.

Leitmotiv è la grande passione per i cavalli: ci sono sempre stati, in ogni momento della sua vita. Specialmente durante quello più delicato.

«Sì, è proprio così! Quella sera stavo rientrando dalla scuderia… Gli animali non ti giudicano mai. Hai la sicurezza che, qualsiasi cosa succeda, loro ti vedranno sempre allo stesso modo, valutandoti per la tua energia. Al cavallo non interessa se in quel periodo hai una difficoltà, ti tratta esattamente come ti trattava prima e questo inevitabilmente ti sprona a reagire. In quel periodo, con la faccia massacrata, trovavo difficoltà a mantenere l’equilibrio, perché guardavo il mondo con un occhio solo. Avevo un cavallo molto forte e non riuscivo facilmente a montare in sella. Quello è stato lo stimolo! Mentre tutti ti vedono come la poverina con un occhio solo, il cavallo ti vede come la persona di sempre e, se vuoi montarlo senza sbattere contro un muro, devi reagire e lottare.»

Oggi Gessica Notaro è un volto noto dello spettacolo, una donna impegnata affinché sia introdotta una legge per omicidio d’identità: una pena per chi, sfregiando, toglie la possibilità alle persone di riconoscersi allo specchio, uccidendole psicologicamente.

«Oggi, guardandomi allo specchio, mi riconosco. Ma so anche di essere stata molto fortunata: sono uno di quei rari casi in cui si è riuscita a conservare la fisionomia. Somiglio molto a quello che ero prima. Rovinata magari, ma non troppo diversa. Perseguo l’obiettivo di ritornare com’ero e lavoro in quella direzione, però mi piaccio. Con le mie cicatrici, i lineamenti più marcati, più da donna. Mi piaccio.»

Essere donna, richiede coraggio. Cambiamo il finale. È lo slogan che sintetizza gli intenti di “Senza veli sulla lingua”, l’associazione no-profit fondata nel 2013 che si occupa di contrastare la violenza di genere, in tutte le sue forme e manifestazioni.

«Ogni giorno ho a che fare con vittime di violenza che mi chiedono aiuto e molte di queste sono donne in carriera, che risentono del mobbing sul lavoro da parte di capi maschi. Io penso che l’uomo, non quello con la spina dorsale, ma quello insicuro, il tipo – ahimè – molto più comune, soffra di un complesso di inferiorità nei confronti della donna. A fronte di tanti uomini sicuri, purtroppo ce ne sono tantissimi altri che hanno bisogno di centrare il proprio ego e si mettono in competizione.»

Di base, è anche una questione di cultura e di educazione ricevuta.

«È necessario mettere i puntini sulle “i”, l’ho imparato da piccola, dalla mia famiglia e, da grande, dovendo utilizzare quest’approccio con gli animali. Bisogna subito far capire quali sono i nostri spazi e quali sono gli spazi degli altri e stabilire le regole. Se una madre non ha la forza di far capire che un no è no, se non sa imporsi quando è necessario, se i figli vengono trascurati per tutta una serie di motivi, come nel caso del mio aggressore… quei ragazzi da adulti possono diventare frustrati. Non sanno accettare le sconfitte nella vita e non riescono a tollerare una donna che dice no.»

La nostra generazione è cresciuta con l’idea che bisogna vergognarsi di ciò che si è subito, che i panni sporchi si lavano a casa, in famiglia. Quando invece, purtroppo, la violenza sulle donne è diventato un problema della società intera.

«Bisogna allontanare il senso di vergogna e di colpa. I manipolatori ci raggirano a tal punto, che cambia la nostra percezione della realtà. Ti fanno credere di essere tu quella in colpa. Utilizzano questa leva ed è lì che iniziano i problemi veri. È il motivo per cui poi ti vergogni di parlarne con gli altri, perché pensi quasi di averlo portato tu stessa all’esasperazione.»

In questo, i social network sono diventati una giungla di codarde connivenze e tribunali digitali da cui emettere sentenze, nascondendosi dietro una tastiera.

«Gli haters li sopporto fino a un certo punto. La mia battaglia è anche smascherare la gente che bullizza, in qualsiasi modo. Quando leggo certe affermazioni, pubblico istintivamente facendo nomi e cognomi. E poi, ti posso assicurare che l’entusiasmo gli passa. Ho anche denunciato un bel po’ di persone, così ci riflettono: alcuni chiedono scusa, ma non sono pentiti, altri capiscono veramente. Ad ogni modo, ci pensano bene prima di rifarlo una seconda volta.»

Ci si può imbattere in una categoria di persone che sfogano le proprie frustrazioni sul web e, per contro, in anime più sensibili, fragili, che nel web cercano rifugio. Persone che, in qualche misura, tendono a idealizzare chi prende le loro parti.

«Alcuni magari mi vedono come la paladina della giustizia, ma non lo sono! Sono piuttosto una donna piena di difetti, lunatica, e cerco di trattenermi in pubblico per evitare di rispondere male alla gente. La mattina mi sveglio polemica e mi infastidisco facilmente… Ho passato le pene dell’inferno e tutta la pazienza che avevo l’ho già impiegata per la mia guarigione. Adesso non ho più pazienza per nessuno. E mi sento di esserne pienamente in diritto!»

Comprensione è la parola chiave: la capacità di considerare con indulgenza i sentimenti, le opinioni, i comportamenti degli altri.

«Dalla gente mi aspetto comprensione, ma è molto difficile. Alcune persone pensano, sbagliando, che facendo spettacolo, una stia per forza bene, e invece non è così. La gente legge superficialmente e non guarda cosa c’è sotto. Avendo spesso a che fare con le vittime di violenze, devo sempre cercare il retroscena, quello che va al di là delle apparenze. Tante volte mi capita di confrontarmi con persone che dicono di stare bene e invece sono sull’orlo di una crisi di nervi o del suicidio. Difficilmente, di fronte all’atteggiamento di chi ci sta davanti, ci chiediamo perché si comporti in quel modo, cosa abbia vissuto, cosa stia vivendo. È molto più facile giudicare.»

Giudizio implicito che, nel caso della nostra Gessica, non ha mai inficiato la capacità di perdono.

«Io ho sempre perdonato tutti. Sono una perdonatrice, non mi piace portare rancore. Perdono per gli altri ma anche per me. Perdonare mi fa vivere meglio.»

Oggi la storia di Gessica Notaro è un messaggio di forza e speranza. Un esempio che lascia un segno di vita. Quella stessa vita a cui dire grazie per l’inesauribile risorsa di stupore che ci riserva.

«Ringrazio la vita per tutto quello che mi ha dato e mi sta dando, perché non finisce mai di sorprendermi. Ho la vita che vorrei e mi reputo davvero fortunata!»

Una vita di cose semplici, di emozioni continue; fatta di adrenalina, canto, ballo, passione per gli animali… La felicità è dentro di noi. Ma, se guardiamo nella direzione sbagliata, non possiamo scorgerla.

 

Gino Morabito

PDFStampa

Related posts