GENTI BONA E GENTI TINTA, C’È LA TINTURIA CA CANTA

La sensazione è stata quella di aver ritrovato l’amico di sempre, con una rinnovata consapevolezza di sé, più matura, e una gran voglia di raccontare le novità che bollono in casa Tinturia.

Lello Analfino è un fiume in piena, travolgente di entusiasmo, straripante, quando mi trasmette il processo creativo che ha portato la band più amata e seguita in Sicilia a maturare la decisione di allestire un attesissimo spettacolo estivo (prodotto da Puntoeacapo), che anticipa un disco nuovo di zecca.

«Stiamo tirando fuori l’anima rock dei Tinturia… Mi si stanno “indiavolando” le corde delle chitarre.»

Un gruppo affiatato e collaudato, composto da musicisti quotati che suonano lo “sbrong”, come amano definire il genere che propongono. I Tinturia spaziano dal pop al reggae, allo ska, fino al funk e al rap, passando per il folk geneticamente siculo nel loro DNA. E oggi si riscoprono rock! Canzoni in scaletta da vent’anni, rivestite con un nuovo abito musicale, sembrano diverse, più aderenti al Lello Analfino 3.0. Un artista istrionico che vive, con una dirompente verve espressiva, quelle che sembrano nuove creazioni. E non le manda a dire. Si spengono le luci, l’occhio di bue illumina il centro del palco, comincia lo spettacolo.

Genti bona e genti tinta, c’è la Tinturia ca canta.

 

Grandi novità in casa Tinturia: cronaca di un successo annunciato per la data zero del nuovo tour estivo partito dal teatro Nino Martoglio. Come mai la scelta è ricaduta proprio sulla mia Belpasso?

«Abbiamo trovato il teatro Nino Martoglio disponibile, teatro che ora ha preso in gestione un mio fraterno amico che è Lino Chiechio, e ne abbiamo subito approfittato. Siamo legatissimi a quel luogo, l’agenzia che storicamente cura il service dei Tinturia è di Belpasso e rilancio: non è la prima volta che facciamo l’allestimento dello spettacolo nel paese di Nino Martoglio. Facemmo un’altra data zero circa dieci-undici anni fa… tu forse non eri neanche nato…» canzonandomi divertito «non c’era nemmeno la lira. All’epoca, ancora si barattava.»

Lello è un fiume in piena, travolgente di entusiasmo e voglia di mettermi al corrente del processo creativo che ha portato la band più amata e seguita in Sicilia a maturare la decisione di produrre un attesissimo spettacolo estivo, che anticipa un disco nuovo di zecca.

«A breve uscirà il disco nuovo, preceduto dal singolo che stiamo ancora scegliendo… È un disco maturo e – ad oggi – mi piace rileggere le cose che ho scritto. Probabilmente perché siamo ancora nella fase iniziale, quando ti ascolti e riascolti, e ti piace quello che senti.»

Sul disco di prossima pubblicazione non ti sei sbottonato un granché, almeno dacci qualche anticipazione sul tipo di live che avete in mente: nuovo allestimento scenografico, con nuovo disegno luci, novità in scaletta, nuovi arrangiamenti…

«… Nuove canzoni, mai eseguite prima; canzoni riarrangiate; canzoni storiche che non possono mancare… Durante il concerto, una parte centrale acustica nella quale ripercorreremo tutti i successi dei Tinturia in una sorta di medley… Ce n’è per tutti i gusti!»

A quel sapore tipico dello “sbrong” quali altri gusti abbinerete?

«Stiamo tirando fuori l’anima rock dei Tinturia. Perché, più invecchio, più divento rock. Mi si stanno “indiavolando” le corde delle chitarre. È un processo incondizionato che subisce il corpo di chi invecchia: poiché, quando si è giovani, si è già rock; quando un uomo, invece, comincia a invecchiare, a compiere quarantasei anni come me, matura la consapevolezza che di “rock” inizia ad esserci ben poco… e allora – per reazione – Lello Analfino tira fuori l’anima rock!»

Il tutto si potrebbe tradurre con una voglia di rinascita artistica dei Tinturia?

«I Tinturia esistono da quasi venticinque anni e fanno moltissimi concerti, che poi sono il nostro punto di forza, e non ci saranno mai due spettacoli uno uguale all’altro. Ma, quando proponi il tuo percorso artistico da così tanto tempo, nasce inevitabilmente l’esigenza di cambiamento. La gente vuole “Occhi a pampina” dei Tinturia, a Belpasso come a Milano e a New York, e la vuole sentire com’è nel disco, eternamente fedele al primo ascolto. L’artista, però, ha bisogno di esprimersi in un modo nuovo, diverso, originale… da qui l’esigenza di voler modificare gli arrangiamenti: ti fa sentire rinvigorito, rinato. Canzoni, che canto da vent’anni, rivestite con un nuovo abito musicale, sembrano diverse, più aderenti a quello che sono io adesso. Le vivo con un ritrovato entusiasmo, come se fossero delle nuove creazioni.»

In scaletta anche brani storici che firmano oltre vent’anni di carriera della band “a tre punte” icona della Sicilia. In questo lungo lasso di tempo, quali sono le storie che avreste più amato tramandarci?

«Avrei voluto più storie d’amore e di libertà; avrei voluto che la Sicilia che racconto in “Di mare e d’amuri” fosse la Sicilia vera, e in parte lo è anche. Avrei voluto che la mia terra fosse abitata da tutti quei siciliani che sono purtroppo fuori, perché non hanno trovato fortuna qua… Il racconto più bello, però, ancora ve lo devo fare.»

Quali sono, invece, gli episodi che non avreste mai voluto sbandierare?

«Gli episodi che mi sarebbe piaciuto non dover mai raccontare con le mie canzoni sono l’immigrazione e l’emigrazione. Avrei voluto avere meno spunti dai governi che si sono succeduti in questi anni, per raccontare il precariato e il disincanto giovanile; avrei voluto meno storie di donne maltrattate, meno storie di droga, anche se cantate in chiave umoristica.»

Alla luce del vostro percorso umano e artistico, credi che la Sicilia sia un limite a una carriera proiettata verso l’esterno dell’Isola? O anche tu sei affetto dalla sindrome dell’emigrante?

«Ti confesso che non me ne sono mai andato dalla Sicilia per vigliaccheria, perché sono un pavido. Avrei potuto… e, magari, se lo avessi fatto, il percorso artistico dei Tinturia sarebbe stato un altro. Di fatto, tutti quei siciliani che si sono lasciati alle spalle la nostra Isola, hanno avuto maggiore fortuna… Ma, ogniqualvolta, scendo dall’areo a Milano, mi viene l’orticaria… non ci posso fare niente. D’altro canto, non avrei potuto scrivere le mie canzoni altrove.

… Vivo in un luogo in cui mi affaccio dalla finestra e vedo il mare. Scendo giù al bar e mi metto a fare quattro chiacchierare con il barista; vado al supermercato e incontro persone che mi manifestano il loro affetto… certo, tutte cose che avrei potuto avere anche al Nord, non dico di no… La verità vera è che, quando tu sei innamorato di una donna con dei piccoli difetti, e sei proprio innamorato di quelli, non puoi più farne a meno. È questo il mio rapporto con la Sicilia.»

Quando si è innamorati, si vive in una sorta di stato di grazia, nel quale si è particolarmente ispirati. Tu, ad esempio, hai composto “Cocciu d’amuri”, una serenata che ha spopolato sul web, scalzando addirittura l’acclamata “Nicuzza”.

«“Cocciu d’amuri” nasce dopo anni e anni di “Nicuzza”, che – a mio giudizio – resta comunque la serenata più importante, anche se, stando al gradimento della gente, “Cocciiu d’amuri” l’ha superata… Un artista scrive una canzone ispirata come quella quando è veramente innamorato, lo hai detto tu stesso. La mia fortuna è stata aver incontrato mia moglie. Grazie a lei ho riscoperto la volontà di riuscire ad aggiustare i lati negativi della mia personalità, alimentando quelli positivi. Questa rinnovata consapevolezza mi ha fatto crescere: oggi sono un Lello Analfino diverso… Tu, che mi conosci da tempo, sai che sono sempre stato uno che non le manda a dire, istintivo… ma si cresce e, negli ultimi anni, sono maturato tanto. Forse è il destino.»

Da quando ti conosco, ti percepisco come una persona autentica, verace. Alla luce di una nuova consapevolezza di te e di una raggiunta maturità artistica, che consiglio daresti a quel giovane Lello Analfino degli inizi?

«Gli potrei dare una miriade di consigli: soppesa le parole, cerca di tenere a freno la lingua, non imbarcarti nelle solite polemiche contro l’operato del politico di turno… ma alla fine non gli direi nulla. Il Lello Analfino con cui ti stai confrontando oggi è la migliore evoluzione possibile di quello che era in passato. E va bene così.»

 

Gino Morabito

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