FRANCESCO MOTTA: IL CORAGGIO DI “METTERCI LA FACCIA”

Francesco Motta01_musicaintornoDopo dieci anni e due album all’attivo con i Criminal Jokers, esperienze in qualità di turnista per Nada, Il Pan del Diavolo e Giovanni Truppi e come fonico per gli Zen Circus…

Francesco Motta decide di “metterci la faccia” e dare vita al proprio esordio da solista, sotto la produzione di Riccardo Sinigallia.

Date le premesse, dunque, non c’è da stupirsi del successo riscosso da “La fine dei vent’anni”, opera che ha proiettato il livornese tra i nomi di punta della nuova generazione cantautorale italiana, coronato dalla Targa Tenco come miglior Opera Prima del 2016.

Il secondo tour di supporto all’album passa anche dalla Sicilia per tre date (rispettivamente a Palermo, Catania e Messina): noi di Musica Intorno abbiamo approfittato dell’occasione per confrontarci con l’artista circa il suo lavoro e la musica italiana.

Benvenuto su Musica Intorno, Francesco! Apriamo quest’intervista con un bilancio: a quasi un anno dalla pubblicazione de “La fine dei vent’anni”, quanto e come è stato recepito il tuo esordio da solista?

«Direi bene, perché le cose sono andate meglio di come ci immaginavamo. Il disco è servito per arrivare a un pubblico ampio e siamo migliorati tanto dal punto di vista dei concerti, stiamo suonando veramente benissimo ora. Questo non è banale; non è banale vedere delle persone che si divertono sul palco, e che addirittura hanno rigenerato le canzoni per dar loro una nuova vita. Se ripenso a quest’anno, penso al grande salto di qualità che abbiamo fatto sul palco.»

Il tuo secondo tour di supporto al disco approda in Sicilia. Qual è il tuo rapporto con questa terra? Che aspettative hai a proposito di questi show?

Francesco Motta02_musicaintorno«Come puoi immaginare, dato il mio cognome, ho origini siciliane: il mio bisnonno era di Misterbianco e mio nonno di Catania: quindi qualcosa di quella terra da qualche parte ce l’ho, anche se mi senti parlare toscano. Mi fa piacere finalmente venire in Sicilia, perché è un po’ difficile per noi musicisti arrivare fino a là, e purtroppo siamo costretti in qualche modo a fare una grossa percentuale di date al nord. Ovviamente per noi è più bello andare in Sicilia, che in qualche altra fredda provincia dimenticata d’Italia. È la prima volta che ci andiamo in tour, speriamo bene!»

Il titolo dell’album genera una serie di richiami a un preciso momento della vita. Consideri il tuo lavoro appannaggio di una generazione? Come può – chi ha la metà o il doppio dei tuoi anni – rispecchiarsi nelle tue liriche?

«Mi fa molto piacere che ai miei concerti ci sia un pubblico molto trasversale, effettivamente ho sentito cantare ai miei concerti “La fine dei vent’anni” a dei cinquantenni, e questa cosa mi riempie di gioia. Riguardo al discorso generazionale: io sono una persona che è in grado di provare a fare cose belle solo ed esclusivamente se dice la verità. Dovevo per forza dire la mia verità, dunque analizzare il più lucidamente possibile la mia situazione. Per fare questo, devo mettere sul tavolo le mie perplessità; ed è stata forse la chiave che ha fatto sì che le persone ci si rispecchiassero.»

Addentrandoci nei testi, “Sei bella davvero” parla, più o meno esplicitamente, di una donna transgender. Cosa ti ha portato ad affrontare questa tematica?

«Quando l’abbiamo scritta, io e Riccardo Sinigallia (produttore del disco), volevamo sottolineare la normalità di dire “sei bella davvero” a una donna transgender, una normalità totalmente netta per noi. A portarci ad affrontare il tema è stata la voglia di dire la verità su un argomento che è sempre, inspiegabilmente, un tabù ancora nel 2017. Anche se, in realtà, la canzone sta su un filo e non si capisce se la donna sia effettivamente transgender o meno.»

La copertina dell’album lascia intendere che la tua fisicità abbia un peso nella tua musica. Diversi fan, scherzosamente, ti hanno paragonato a Jim Morrison e Richard Ashcroft. Si tratta di un effetto voluto?

Francesco Motta05_musicaintorno«Guarda, se c’è una delle poche cose che non ho scelto in questo disco è proprio la mia faccia. Con Claudia Pajewski, quando ragionavamo sulla copertina, siamo stati spinti a non mettere trucchi, nello stesso modo in cui non avevo messo trucchi all’interno dei testi. Questa cosa ha potuto funzionare solo con lei, è grazie a lei che è venuta fuori quella copertina. Ci tenevamo a non mettere orpelli, così come non se ne trovano nelle canzoni. Una foto della mia faccia, che nel bene e nel male è quella, non la posso cambiare.

È una cosa che si vede soprattutto nei dischi molto pop; io l’ho trovato un modo per aprirmi e davvero “metterci la faccia”.»

Da qualche giorno si è conclusa la 67ª edizione del Festival di Sanremo, kermesse sempre più influenzata da figure provenienti dall’ambiente indie: potremmo citare Ermal Meta come interprete, o Bianconi e Dimartino come autori. Ha ancora senso – a tuo parere – suddividere questi mondi? Cosa pensi del Festival?

«No, suddividere questi mondi non ha assolutamente senso! Sembra di dividere il mondo in due, fra i buoni e i cattivi, ma invece non è assolutamente così. Il mio desiderio è arrivare a più persone possibile, che è poi il desiderio di tutti quelli che fanno musica. Non sono mai stato indipendente: ora i dischi li paga l’etichetta, prima li pagava mia madre. Riguardo a Sanremo, diciamo che le canzoni di quest’anno non mi hanno fatto impazzire. L‘ho visto perché mi intriga, è un festival che in qualche modo riguarda il mondo di cui faccio parte anch’io. Se avessi una canzone bella che mi emoziona tantissimo, non avrei problemi ad andare a Sanremo; ma dovrebbe essere veramente bella e dovrebbe convincere, sia me, sia il direttore artistico del festival, ovviamente.»

Per concludere la nostra conversazione, e ringraziandoti per la disponibilità, ti chiediamo di elencare i tre artisti italiani che chiunque dovrebbe ascoltare…

«… Salmo, Riccardo Sinigallia e Iosonouncane

MOTTA

Non resta, dunque, che verificare in prima persona se la sua verità sia anche la nostra:

17 FEBBRAIO – Catania, Barbara DiscoLab

18 FEBBRAIO – Messina, Retronoveau

 

 

Francesco Paladino

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