FRANCESCO GABBANI, CON NATURALEZZA ESPRESSIVA SPOSTA L’ORIZZONTE PIÙ AVANTI

Francesco Gabbani 01_musicaintorno«Ho capito di avere fondamentalmente due tipi di pubblico: il pubblico che capisce le mie canzoni e quello a cui le mie canzoni sono dedicate.»

Ironicamente diplomatico, rilanciando su una divertita provocazione circa la possibilità del nuovo hastag “#OccidentalisGabbaniMoreThanWords”.

Disponibile e schietto come abbiamo imparato a conoscerlo, Francesco Gabbani risponde con grande generosità a tutte le domande gli vengono rivolte, anche a quelle “speciali” di una quarta classe elementare. Un artista, il Nostro, capace di rimanere in equilibrio tra la composizione autorale e l’esplorazione di nuovi mondi.

«Ho semplicemente cercato di assecondare le emozioni che provavo durante il viaggio… i punti di osservazione… Il tutto all’insegna della naturalezza espressiva.»

Nell’attesa di applaudirlo – on stage – durante le due tappe siciliane del suo “#FrancescoGabbaniTOUR” (quelle del 28-29 luglio, rispettivamente a Palermo e a Zafferana Etnea), ci piace l’idea di lasciarvi alla lettura dell’intervista con un auspicio rivolto dallo stesso cantautore: «Mi auguro e auguro a tutti di essere sempre proiettati verso l’alto, perché si riesce a spostare l’orizzonte più avanti.» Francesco Gabbani

Francesco Gabbani 02_musicaintornoC’è molta canzone d’autore in “Magellano”, album in cui si conferma lo stile di Francesco Gabbani, capace di rimanere in equilibrio tra la composizione autorale e l’esplorazione di nuovi mondi. Quali vie e periodi musicali hai visitato, prima di approdare alla definizione del tuo ultimo lavoro discografico?

«Tutti – esordisce Francesco, sorridendo.

Sono un po’ atipico, da questo punto di vista, nel senso che non saprei ben definire gli artisti che mi hanno influenzato, perché ho sempre avuto un ascolto molto trasversale.

Cresciuto in un ambiente di musicisti, ho cominciato da piccolo ascoltando jazz, fino ad arrivare oggi al pop supercontemporaneo di Rihanna; in mezzo c’è tutta la storia della musica. Facendo dell’autoironia, mi piace definire la mia musica come una sorta di “fritto misto gabbaniano”, e lo dico davvero molto sinceramente: se la musica che faccio è espressione di quello che sono, allora io sono tante cose, ho molteplici aspetti. Se poi dobbiamo fare dei collegamenti più precisi, soprattutto per quanto riguarda la musica italiana, direi che probabilmente, nel mio modo di cercare di essere, da una parte nazionalpopolare ma divertente, dall’altra di proporre delle riflessioni più profonde, allora mi verrebbe da pensare a Rino Gaetano e Adriano Celentano. Però, non mi piace nemmeno accostarmi a quei grandi, perché alla fine cerco di fare soltanto quello che sono.»

A proposito del Molleggiato, a novembre 2016 partecipi, in qualità di autore, al disco di Mina e Celentano “Le migliori” col brano “Il bambino col fucile”. Non capita tutti i giorni di riuscire ad entrare in quella ristretta e privilegiata cerchia. Siamo curiosi, ci racconteresti com’è andata?

«In realtà è andata nel modo più semplice e scontato possibile: essendo io un autore di canzoni, ho da diversi anni un editore che fa ascoltare i miei brani ad altri artisti e, nel momento in cui la produzione di Mina-Celentano ha cominciato ad ascoltare e selezionare canzoni da inserire in “Le migliori”, ad Adriano è arrivata “Il bambino col fucile” e gli è piaciuta: l’ha trovata pertinente al suo modo di esprimersi e quindi l’ha scelta. Non vorrei togliere magia al racconto, ma alla fine, pragmaticamente, funziona proprio così. È anche vero però che quel brano l’ho scritto in modo istintivo, senza pensare che fosse per Celentano, ma, non appena ultimato, mi sono subito reso conto – col provino davanti – che l’avrebbe potuto cantare Adriano. Sembrava una canzone fatta apposta per lui, e – chissà – magari inconsciamente l’ho scritta proprio pensando ad Adriano. È così che è andata.»

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… Poi tu, in “Magellano”, contraccambi la cortesia artistica con la speciale cover di “Susanna, Susanna”.

«Esatto! Diciamo che questa “Susanna, Susanna” viene proprio da quel “regalo” – io lo definisco così – che Adriano ha fatto al mio percorso di autore. “Susanna, Susanna” è una sorta di omaggio a Celentano e, quando ho pensato a quale cover portare sul palco dell’Ariston, non ho avuto dubbi. Sinceramente, se non l’avessi già fatto in passato, avrei portato “Svalutation”… comunque il Molleggiato.»

Ripercorrendo la sua storia, Magellano fu il primo a raggiungere le Indie, il primo europeo a navigare nell’oceano Pacifico, il primo a scoprire quello che successivamente sarebbe stato chiamato lo Stretto di Magellano. Tu, invece, cos’hai scoperto o vorresti scoprire?

«Fondamentalmente, l’ignoto dentro me, e che alla fine è quello che cerco un po’ di consigliare con questo titolo. Spero che il senso di “Magellano” possa servire, sia a chi ascolta il disco, sia a me stesso in primis, per trovare il coraggio di andare incontro a quello che non conosciamo. Nella maggior parte dei casi, l’ignoto più ignoto è quello che si annida dentro noi stessi; credo che una delle cose più difficili da fare nella vita sia capirsi per quello che si è, perché, comprendendosi a fondo, si riesce a comprendere maggiormente anche la realtà che ci circonda.»

Francesco Gabbani 04_musicaintornoIn che cosa ti piacerebbe essere primo?

«Quello che sto per dirti non è il primo posto in una classifica, ma mi piacerebbe pensare di primeggiare ed essere ricordato come una persona che riesce – tramite quello che fa – a comunicare una cosa fondamentale: il rispetto verso gli altri.»

E tu dai l’impressione di essere proprio una persona schietta e onesta.

«Grazie! È proprio quello che cerco di fare. Credo che debba essere una regola di base, all’interno dei più ampi concetti di civiltà e società: rispettare gli altri per rispettare sé stessi.»

Mi servi un assist. Tu sei da esempio per tanti giovani, ragazzi, bambini… Gli alunni della classe IV C della scuola primaria dell’Istituto Comprensivo “Falcone-Cascino” di Piazza Armerina (EN) vorrebbero chiederti: “Davvero, suonando con tuo fratello Filippo, non avete mai litigato durante le prove o i concerti?”

«Sì, è vero che non abbiamo mai litigato! Non abbiamo mai litigato perché, fortunatamente, riusciamo a mettere in pratica quello di cui parlavamo prima, ovvero il rispetto reciproco; rispetto dettato dal comprendere che, pur essendo fratelli, abbiamo inevitabilmente due caratteri diversi, che poi ci rendono unici come tutte le persone. E, in questa diversità di caratteristiche, ci rispettiamo e cerchiamo di cogliere quelli che sono i lati positivi di ciascuno. Io, da fratello maggiore, ho sempre cercato di non provare quei sentimenti di invidia e gelosia nei suoi confronti – come spesso capita tra fratelli, quando nasce quello minore e diventa il centro delle attenzioni familiari; sono sempre stato bonario, da questo punto di vista, non pretendendo più di tanto. E credo che questo lui l’abbia recepito crescendo. Inoltre, questa positività nel nostro rapporto deriva anche dal fatto che condividiamo la stessa passione per la musica, che può essere solo una passione sana.»

Si legge: “Francesco Gabbani di Carrara, polistrumentista italiano”. Sempre gli stessi alunni vorrebbero sapere: quando andavi a scuola, cosa facevi nell’ora di musica?

«[Sorride divertito] Nell’ora di musica suonavo il flauto. Nella mia scuola si suonava quello strumento e anch’io provavo a suonare il flauto come gli altri. Poi, dal momento che provenivo da un ambiente di musicisti, ero più avvantaggiato rispetto ai miei compagni dell’epoca e, qualche volta, cercavo di insegnare loro qualcosina, ma senza strafare. Mi comportavo normalmente.»

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Ritornando, invece, all’esploratore portoghese, qual è il percorso più insidioso che hai dovuto affrontare?

«Il nuovo lavoro, in realtà, viene da un percorso naturale. Io e i miei collaboratori l’abbiamo scritto mentre stavo facendo altre cose durante il 2016; potremmo definirla una scrittura “on the road”. Ho semplicemente cercato di assecondare le emozioni che provavo durante il viaggio; ho cercato di captare quelli che potevano essere i punti di osservazione nelle varie tappe. Il tutto all’insegna della naturalezza espressiva.»

A proposito di percorsi e di insidie: a Sanremo la critica per quel tuo maglioncino arancione; all’Eurovision Song Contest 2017, invece, la BBC, con un senso dell’umorismo davvero poco british, ha definito la tua performance “dai modi da ubriaco”. Tu hai risposto con il sorriso e un primo piazzamento al Festival della Canzone Italiana; il prestigioso Premio “Marcel Bezençon Award Press” a Kiev. Lanciamo il nuovo hastag “#OccidentalisGabbaniMoreThanWords”?

«“Non solo parole”? Beh, probabilmente sì! Il maglioncino arancione a Sanremo ha funzionato, per quello che era il suo scopo: essere provocatorio rispetto all’“etichetta stilistica” della manifestazione; per quanto riguarda l’Eurovision, invece, in risposta alle critiche “poco carine” che mi sono state mosse dagli inglesi, diciamo solo che in questi ultimi mesi ho capito di avere fondamentalmente due tipi di pubblico: il pubblico che capisce le mie canzoni e quello a cui le mie canzoni sono dedicate.»

Parafrasando il tuo tormentone estivo, “Lì dove sei, com’è che stai? Ci stai bene?” Tra i pro e i contro, è davvero quello che desideravi?

«Me lo sto chiedendo! Diciamo che ci sto come si sta in tutte le situazioni: cioè, bisogna riuscire ad accettare il piccolo compromesso di equilibrio tra quello che è positivo e quanto, invece, negativo; in ogni circostanza ci sono sempre alcuni aspetti belli e altri brutti. Dov’è che sto attualmente, comunque sto più bene che male, perché mi sto ritrovando a fare quello che ho sempre sperato. Il bilancio è positivo, però è positivo, paradossalmente, proprio perché ci sono anche degli aspetti negativi.»

Condivido con te un aforisma di Jim Morrison, che campeggia nella mia vita: “Non accontentarti dell’orizzonte, cerca l’infinito”. Te lo dedico e ti chiedo: credi possa appartenerti?

«Sicuramente sì! Non è poi lontano dalla frase “Magellano non lo sapeva mica che si andava di là”. Ti ringrazio per questo link, del tutto coerente con il mio modo di approcciarmi ad essere così. Poi, non è sempre facile, perché questo coraggio va trovato. E, considerato che l’orizzonte si allontana più si sale, mi auguro e auguro a tutti di essere sempre proiettati verso l’alto, perché si riesce a spostare l’orizzonte più avanti.»

 

 

Gino Morabito

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