EX-OTAGO, “CONTRO OGNI PRONOSTICO”, BAND CHE SPACCA!

Ex-Otago 01_musicaintorno«“Casa” è il nostro furgone, sul quale giriamo per tutta l’Italia. Il nostro furgone si chiama Giuseppe, in realtà, ma potremmo chiamarlo anche “casa”… Ogni palco è casa!»

Partiti dal quartiere Marassi, gli Ex-Otago ci hanno raccontato la Genova post moderna, rimasta fuori dalle canzoni di De André; un serpente di strade che arrivano fino al rifugio in cui ancora oggi si ritrovano a mangiare insieme, suonare, scrivere canzoni. Un quartiere che ben rappresenta i giorni nostri, dove gli anziani guardano i cantieri, e i giovani «… probabilmente ci lasceranno un po’ più di coscienza di sé, sicuramente più coscienza del limite… Certo, senza rinunciare a voler fare delle cose straordinarie, come pubblicare un disco e andare in tour.»

Sul palco degli I-Days assieme ai Radiohead, James Blake, Michael Kiwanuka, la band che prende il nome da una squadra di rugby della Nuova Zelanda – contro ogni pronostico – entra in classifica e vince! Vince con un disco veramente tosto e un tour d’assalto che spacca!

Ex-Otago 03_musicaintorno“Otago è il nome di una squadra di rugby della Nuova Zelanda che vince il campionato contro ogni pronostico”. Senza peccare di falsa modestia, su cosa non avreste scommesso?

«Bella domanda, – esordisce Francesco Bacci – davvero una bella domanda! Sono ancora tante, in realtà, le scommesse che abbiamo fatto con noi stessi. Preferirei dirlo fra un po’. Dovendo rispondere adesso, forse, non avremmo scommesso di fare così tanti passaggi in radio, di cominciare il tour estivo da Padova con tutte quelle persone davanti.

Poi ci sono ancora tante cose sulle quali non scommetteremmo…

… ma che – contro ogni pronostico – potrebbero quasi accadere.»

Che cosa vi sentite di avere già vinto?

«Nel fare un disco veramente tosto, con cui siamo riusciti ad essere ancora più trasversali rispetto alle altre nostre produzioni. È un disco che ascoltano il dodicenne, il tredicenne, il liceale, l’universitario, ma anche il papà e la mamma sulla quarantina… Si può essere portatori di un contenuto profondo, senza però l’ambizione di atteggiarsi a gran intellettuale»

Nella storia degli Ex-Otago esoneri, sostituzioni, campagne acquisti. Che tipo di band è quella della formazione attuale?

«È una band estremamente eterogenea, sia per età, sia per percorsi musicali, e molto poco ortodossa, chiaramente detto in senso positivo. Nella nostra proposta, è necessario fare una sintesi, ma riuscendoci – come noi siamo riusciti – diventa un plusvalore.»

Ci sono eventi che fanno la differenza. Sul palco degli I-Days: Radiohead, James Blake, Michael Kiwanuka… Ex-Otago. La prima cosa che avete pensato?

«Al paragone del bambinetto, alto un metro e dieci, che va a giocare una partita in NBA.»

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Al via “Marassi Summer tour 2017”. Ex-Otago centravanti di sfondamento?

«Assolutamente sì! Sarà un tour d’assalto, una cinquantina di date fino a settembre, con una scaletta molto danzereccia, dove non mancheranno però anche i momenti più intimi e raccolti. Spaccheremo tutto!»

A proposito di tour, il prossimo 6 agosto, entrerete nell’area di rigore siciliana, nelle suggestive Grotte di Mongiove, ospiti dell’Indiegeno Fest.

«Sarà una gran figata! Ho visto la location del fetival ed è davvero splendida. La Sicilia è un posto che non ti scordi mai: ci siamo stati a suonare lo scorso dicembre, io l’avevo già visitata qualche mese prima, e ora l’Indiegeno, in quel luogo magico.»

Altro “luogo” è Marassi. “Marassi è la Genova post moderna, rimasta fuori dalla canzoni di De André, il posto più vicino a quello che si può definire casa”. Partiti dal quartiere genovese, quale altro posto potreste chiamare “casa”?

«Il nostro furgone – direi – sul quale giriamo per tutta l’Italia. Il nostro furgone si chiama Giuseppe, in realtà, ma potremmo chiamarlo anche “casa”: ci ha accompagnato e ci accompagnerà ancora per un bel pezzo. Ogni palco è casa! È diventato una parte talmente fondamentale della nostra vita, che, se così non fosse, usciremmo di testa; diventeremmo matti, se non ci sentissimo così in famiglia sul palco.»

“I pregiudizi delle persone perbene e le autostrade; i partiti, che sono scatole vuote, e una bella costituzione…”. Questo il lascito degli anziani. Invece, i giovani d’oggi che cosa lasceranno?

«Non è semplice lanciarsi in delle previsioni. Probabilmente ci lasceranno un po’ più di coscienza di sé, sicuramente più coscienza del limite. Quelli che noi chiamiamo gli “anziani”, soprattutto i nostri genitori, più che i nostri nonni, beh… quella generazione lì non aveva coscienza del limite: credeva che si potesse crescere per sempre, arricchirsi sempre più, migliorare continuamente, consumare senza fine… La grande leggenda di chi è nato all’epoca del boom economico, negli anni Sessanta, che vedeva la vita come fosse una strada, da un lato in discesa, dove bastava applicarsi per raggiungere gli obiettivi; dall’altro in costante salita, con un crescente margine di miglioramento. Forse i giovani d’oggi, o almeno quelli che si sono resi conto di tutto ciò, sono una generazione che ha un po’ più coscienza del limite. Certo, senza rinunciare a voler fare delle cose straordinarie, come pubblicare un disco e andare in tour [sorride], ma consapevoli del proprio posto nel mondo.»

 

 

Gino Morabito

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