ERNESTO BASSIGNANO CANTA UMBERTO BINDI, QUANDO L’AMICIZIA SI TRASFORMA IN MUSICA

Tra personalità artistiche del calibro di Tenco, De André, Gaber, Guccini, De Gregori, se ne annovera una altrettanto grande ma meno benvoluta: Umberto Bindi. A chi non conosce la sua storia, basti sapere che fu oggetto di pesanti discriminazioni dovute alla sua omosessualità. Il cantautore romano Ernesto Bassignano rende omaggio all’artista e amico con una raccolta di brani inediti composti a quattro mani.

Ritratti d’Autore: Bindi, Bassignano & Friends è il nome dell’album tributo prodotto da Bassignano in collaborazione con Grazie Di Michele e Alberto Zeppieri, che vede coinvolti numerosi interpreti del panorama musicale italiano, da Bungaro a Franco Simone, da Patrizia Laquidara a Mario Castelnuovo, da Vittorio De Scalzi a Renato Zero. Parole d’altri tempi per canzoni indimenticabili che ci accompagneranno ancora per generazioni.

Nasce Ritratti d’Autore: Bindi, Bassignano & Friends.

«Era un’idea che tenevo nel cassetto da un po’: 13 canzone inedite con musica di Umberto Bindi e testi scritti da me, composte dal 1990 al 2001. Era da tempo che volevo farle rivivere e questa volta, grazie al preziosissimo aiuto di Grazia Di Michele, Alberto Zeppieri e di tanti altri amici artisti, ce l’ho fatta.»

Un disco corale che si articola lungo il fil rouge dell’amicizia.

«Nessuno dei nomi coinvolti in “Ritratti d’Autore” ha percepito compensi! Ognuno di loro ha deciso di partecipare spinto dall’entusiasmo per le canzoni. Il risultato è un tributo corale ricco di contaminazioni, in cui ognuno ci ha messo del suo, attingendo dal proprio bagaglio artistico e personale. Ad esempio, tra gli interpreti c’è Stefania D’Ambrosio, che fu la corista di Umberto Bindi; c’è Tinkara, vera e propria diva slovena che ha arricchito il disco con il suo mood balcanico; ci sono i Sismica, giovane band reggaeton, con cui abbiamo cercato di ‘svecchiare’ il repertorio cantautorale. Li ho lasciati completamente liberi di interpretare.»

 

La scelta di celebrare Umberto Bindi nasce da undici anni di vita comune.

«L’ho conosciuto nel 1990 al Festival di Recanati, dove ero ospite. Lui aveva letto i testi che scrivevo per altri e mi chiese di scrivere per lui. Il giorno dopo eravamo già a casa sua a comporre. E da lì nacque un sodalizio artistico, oltre che una grande amicizia. Musicalmente Bindi era un mito, ma sul lato personale ha avuto molta sfortuna. Era uno ‘strano’, dal carattere molto sensibile e fragile. Negli anni Sessanta, quando ancora non c’era la libertà di cui godiamo oggi, fu bollato e discriminato perché omosessuale. E non riuscì mai a reagire bene a questo. Si avvilì, chiudendosi in sé stesso e isolandosi. Poi arrivarono i problemi con il fisco, che lo fecero finire in povertà, nonostante i notevoli guadagni generati da canzoni epocali come Arrivederci, Il mio mondo, La musica è finita, che giravano anche all’estero, e continuano a farlo ancora oggi.»

Canzoni epocali di un artista “sfortunato”, in un mondo discografico dove oggi fare outing stuzzica le vendite.

«Oggi è cambiato tutto. Molti artisti costruiscono il loro successo proprio sulla diversità. Se Bindi fosse vivo, probabilmente si sentirebbe meno discriminato, ma allo stesso tempo conserverebbe quella sua fragilità caratteriale che lo ha sempre fatto sentire inadeguato.»

Un altro formidabile cantautore finito nel dimenticatoio è Sergio Endrigo.

«Ero molto amico di Sergio, che negli ultimi anni non ebbe vita facile. Faceva fatica a lavorare, convinto che l’Italia lo avesse completamente dimenticato. La realtà era che nessuno lo ingaggiava più a causa di una labirintite che gli causava problemi di intonazione, e io fui l’unico ad avere il coraggio di dirglielo. Ecco, uno che potrei ‘ritrarre’ sarebbe senz’altro lui. Ma mi piacerebbe anche interpretare Ivano Fossati: i suoi non sono solo bei testi, è pura poesia in musica.»

Una carriera musicale, quella di Ernesto Bassignano, che, specialmente agli albori, è stata fortemente intrecciata a un credo politico.

«Negli anni Settanta, la canzone di lotta era diffusissima tra i cantautori. In quegli anni e in quell’ambiente, aveva molto più successo chi cantava di politica che d’amore. Io stesso tradii le mie origini artistiche molto vicine a Tenco e alla scuola genovese perché, spinto dal fervore politico, non facevo altro che girare per feste dell’unità. Si può dire che entrai a far parte del Partito Comunista come “funzionario con chitarra”. Quando poi quell’epoca si chiuse – e con essa la canzone di lotta, era all’incirca il 1978 – per la mia carriera musicale fu un disastro… tanto che finii a fare il giornalista.»

Quella canzone di lotta oggi non esiste più, anche la canzone impegnata fa fatica a resistere al di fuori della sua nicchia.

«Siamo ai minimi termini, e non solo per la situazione che stiamo vivendo a causa del virus. Il problema è che non si vendono più dischi e allora le case discografiche si adeguano agli unici generi che vanno per la maggiore (trap, pop, rap commerciale). C’è spazio solo per questo nella scena musicale italiana mainstream di oggi. Chi vuole fare grande musica ad alti livelli non ne ha la possibilità. Certo, ci sono ancora molti artisti validi, da Max Gazzè a Niccolò Fabi a Simone Cristicchi, solo per citarne alcuni. Ma i nuovi nomi non riescono ad emergere al di là dei talent. E non c’entra il talento, anzi, di giovani talentuosi ce ne sono tanti, ma ho paura che anche uno come De André oggi come oggi farebbe fatica ad affermarsi. La musica di qualità è sempre più di nicchia. Per citare Umberto Bindi, “la musica è finita, gli amici se ne vanno”.»

Dichiarazioni che lasciano un po’ di amaro in bocca, ma che ben rispecchiano la realtà, soprattutto se a rilasciarle è un personaggio che ha vissuto e militato in prima persona negli anni d’oro della canzone d’autore italiana. Se è vero che la bella musica oggi giace in una nicchia, allora è lì che andremo a cercarla. Il prossimo appuntamento con la musica di Ernesto Bassignano sarà a gennaio con l’uscita del nuovo album Soldati, Arlecchini e Pierrot. Nel frattempo, uniamoci tutti al tributo al grande Umberto Bindi, per rendergli in parte la giustizia che non ha ricevuto in vita.

 

Federica Lauda

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