ERICA MOU, ESPRESSIONE DI UNA PERSONALITÀ ARTISTICA FIERA DI ESSERE DONNA

Divertente, solare, piena di vita. Ma anche riflessiva e capace di abbattere ogni ostacolo lungo il proprio cammino, Erica Mou racconta di sé: una personalità artistica a tuttotondo fiera di essere donna.

Oltre cinquecento concerti all’attivo, quattro album alle spalle e un nuovo progetto musicale, “Grazie dei fiori”, declinato nel racconto di dieci donne.

In un confronto inedito, al quale la cantautrice originaria di Trani ha partecipato generosamente, le abbiamo chiesto del processo creativo che l’ha portata alla definizione dell’ultimo progetto e delle difficoltà che riscontra nell’essere donna e musicista in un mondo predominato dal sesso maschile: «Le difficoltà fanno parte della musica, come di ogni cosa preziosa della vita.» Dappoi aggiungendo: «Nessun limite per nessuno. Le barriere iniziano dove finisce la volontà!»

Erica Mou, da Bari fino agli Stati Uniti, passando per Sanremo e l’Europa. Tanti chilometri! Quanto ha inciso il tuo essere del Sud?

«Porto la mia identità con me, ovunque io vada. E sono certa che il luogo in cui sono nata influenzi anche molto il modo che ho di raccontare, nelle mie canzoni.»

Canti in italiano, anche se è uscito un tuo singolo in inglese, scritto insieme a MaJiKer e Piers Faccini. Quant’è importante la lingua per una canzone?

«Importantissima! Vuol dire, dal punto di vista della voce, maneggiare uno strumento differente, con sfumature nuove, che mi hanno obbligata ad esplorare altri dettagli della vocalità. E poi, ovviamente, conoscere una lingua va ben oltre la semplice comunicazione… per riuscire ad usare l’inglese in un modo che fosse poetico e che esprimesse realmente ciò che volevo, ho infatti collaborato con questi due meravigliosi artisti britannici.»

Qual è il processo creativo che porta alla stesura di un brano?

«Non esiste una regola fissa, ovviamente. Ma per lo più io scrivo parole e musica insieme, almeno per una prima stesura, per poi lavorare sui due elementi in maniera separata. Tutto è frutto di un’idea, di un’ispirazione iniziale che arriva nei più svariati momenti e modi.»

Quanto la vita personale di Erica Musci incide sui tuoi testi?

«Tanto, tantissimo. Io scrivo di ciò che sento. Non posso dire che le canzoni siano un diario, perché ovviamente le mie esperienze vengono poi filtrate dalla poesia, dalla forma del testo. Però senz’altro sono una bussola, con cui riesco ad orientarmi nella mia vita in ogni direzione temporale. Anche se scrivo di qualcosa che non ho vissuto personalmente, quando omaggio un elemento della natura (come nella canzone che citavi tu, “A ring in the forest”) lo faccio passando attraverso qualcosa che posso aver sperimentato.»

Band o non band? Come preferisci dar vita alla tua musica dal vivo?

«Oggi, con il mio nuovo tour, “Grazie dei fiori”, posso dire di essere nella mia situazione ideale. Suonare sul palco con MaJiKer (beatbox, tastiere, batteria elettronica) e Flavia Massimo (violoncello) è una dimensione in cui mi riconosco tantissimo. Non mi piace molto suonare con una band vera e propria, del tipo basso-batteria-chitarra solista. L’ho provato in passato ma non è il mio stile. Amo dei set più particolari, che conservino quella libertà di quando suono da sola chitarra e voce, ma con una ricchezza sonora originale. Proprio come lo spettacolo che stiamo portando in giro per l’Italia adesso.»

A proposito di musica, hai mai avuto difficoltà? Ti è mai stata sbarrata una porta in questo mondo predominato dal sesso maschile?

«Le difficoltà fanno parte della musica, come di ogni cosa preziosa della vita. Dal punto di vista di differenze di genere, credo di aver capito che le donne nella musica italiana sono percepite come una “quota”, come un numero che deve essere presente per non destare troppe polemiche, ma sempre contenuto. È un modo di pensare pericoloso che si contrasta esprimendosi, fiere. Ognuno con la sua arte, ognuna diversa.»

Di cosa è popolato il mondo di Erica?

«Di persone. Di storie. Di paesaggi negli occhi. Di piatti accumulati, da lavare!»

Quando Erica è a casa, lontana dai palchi… cosa ascolta?

«Domanda impossibile, questa! Ascolto tanta musica diversa. Ad esempio uno dei miei album preferiti di sempre è “Five leaves left” di Nick Drake, il mio album preferito di adesso è “El mal querer” di Rosalia, e il singolo più bello dell’ultimo periodo per me è “What mama said”. Dal folk, al pop, all’elettronica. Basta che ci sia cuore.»

Erica Mou, cantautrice, conduttrice, attrice, scrittrice. Nessun limite per una donna!?

«Nessun limite per nessuno. Le barriere iniziano dove finisce la volontà.»

Cosa riserva il futuro di Erica? Hai fissato un traguardo?

«Sto facendo un tour che adoro, poi ci sarà un nuovo album, il mio romanzo d’esordio e belle collaborazioni che bollono in pentola. Il mio traguardo è vivermi tutte queste esperienze al meglio, per crescere, ancora e sempre, come donna e artista.»

 

Davide Agrò

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