CRISTINA D’AVENA, COME UNA ROCKSTAR!

Di Gino Morabito

 

La bimba che cantava il moscerino voleva diventare una dottoressa come il papà, andando a ritroso nei ricordi di un’artista amica del suo pubblico. Un confronto ritmato ed effervescente con la nostra Cristina nazionale. “Nostra” perché, da Nord a Sud dello Stivale, Cristina D’Avena è un autentico patrimonio italico.

Fa parte della vita di intere generazioni di persone che, come me, associano le sue canzoni ai ricordi più dolci dell’infanzia. E lì rimangono per sempre. Tutto è nato da quel fatidico giorno in cui, all’età di sedici anni, viene contattata da Fininvest perché cercavano una ragazzina che potesse interpretare una sigla per un cartone animato. L’Antoniano segnala lei. Da quel momento un’ascesa inarrestabile, dove i numeri parlano chiaro: 313 pubblicazioni e 743 brani, per un totale di oltre sette milioni di dischi venduti. Cristina D’Avena, come una rockstar!

Ai suoi concerti, che sulla carta dovrebbero essere rivolti principalmente ai più piccoli, s’incontrano quarantenni nostalgici commossi dopo aver sentito dal vivo la Canzone dei Puffi, Kiss me Licia, Occhi di gatto… i brani di un originale e immenso repertorio divenuto la riserva naturale delle nostre emozioni. E a quanti, ostinatamente snob, continuano a etichettare la sua musica come “la musica dei cartoni animati”, la performer bolognese risponde con i fatti. E, per dirla alla Arbore, “dicono che son solo canzonette, ma poi però le cantano un po’ tutti”.

Semplicemente Cristina, un’artista vicina al suo pubblico. Com’è cambiato negli anni il rapporto con la “tua” gente?

«Canto ormai da trentasei anni, il mio pubblico me lo sono coccolato, me lo sono cresciuto. Poi oggi, con i social, è molto più facile avere un rapporto diretto e confidenziale con la gente. Una volta non era così. Anche se devo ammettere che, fortunatamente, il mio è sempre stato un pubblico trasversale, che va dalla nonna al bambino. Con loro riesco ad essere me stessa e il nostro rapporto è bellissimo; è un rapporto vero, molto confidenziale, come se fossi l’amica di ognuno.»

In tema di rapporti interpersonali, il concerto annuale per il tuo fan club si celebra tradizionalmente a Bologna. A parte l’attaccamento alla tua città di origine, sei amata in tutta Italia, da Nord a Sud, dove vanti zoccoli duri di sostenitori sfegatati. Hai mai preso in considerazione la possibilità di far diventare il tuo concerto annuale itinerante, festeggiandolo ogni anno in una città diversa?

«Sarebbe difficile fare diventare questo raduno itinerante… Noi estendiamo l’invito a tutti i tesserati del fan club: sono loro che si organizzano per partecipare alla grande festa di Bologna e incontrare gli amici di tutta Italia, perché vengono realmente da tutta Italia. È una vera e propria condivisione. Quel giorno, fan di Bari, ad esempio, possono conoscere fan di Torino, e sono nate tantissime amicizie. Se diventasse itinerante, i fan del Nord non incontrerebbero più quelli del Sud e viceversa. Verrebbe a mancare questa opportunità di incontro e confronto, che è molto arricchente.»

Da Nord a Sud tutti cantano Cristina, anche i colleghi musicisti: J-Ax, Patty Pravo, Elisa, Carmen Consoli, Max Pezzali, Nek… Tra le numerose collaborazioni, i tuoi fan portano nel cuore le sigle firmate da Giorgio Vanni. C’è in progetto di riaccendere quella magica sinergia ancora una volta?

«Sono sempre aperta al confronto, credo anche lui. Ma è necessario trovare l’opportunità per una nuova collaborazione. Siamo due artisti nati nella stessa azienda, però non siamo ancora riusciti a fare qualcosa assieme, anche adesso che siamo diventati più grandi. I buoni propositi ci sono, ora bisogna solo trovare la giusta occasione.»

A proposito di azienda, nel 2017 passi all’etichetta Warner Music Italy. Si tratta del primo cambio di casa discografica in 35 anni di carriera, trascorsi sotto contratto con la RTI Music.

«RTI resta sempre nel mio cuore. Sì, c’è stato questo distacco, anche affettivo… ma la Warner è un’etichetta meravigliosa, con molti ragazzi giovani, tante persone straordinarie che mi adorano e che adoro. Insieme abbiamo già realizzato dei bellissimi lavori: “Duets” è nato proprio con Warner e sono stati due bellissimi dischi che hanno ottenuto un grande successo, e speriamo che continui. Però, sai, RTI è RTI, Mediaset è Mediaset. Il primo amore non si scorda mai.»

Che idea ti sei fatta del mondo discografico di oggi?

«Siamo in tanti, ci sono tantissimi talenti e ben vengano gli show per far conoscere i giovani al grande pubblico. Oggi è sempre più problematico portare avanti una casa discografica, perché vendere dischi è diventato difficile. Ormai, con i social e i digital, il supporto fisico soffre tantissimo. Fondamentalmente, le case discografiche sono lì per creare nuove collaborazioni, dare supporto agli emergenti e far crescere gli artisti che hanno già.»

Cristina, ti senti un’artista libera? Mi spiego meglio: in questa giostra mediatica, che è la discografia odierna, ti senti davvero libera di esprimerti?

«Certo che mi sento un’artista libera! Mi sento, però, anche un’artista che ha tanti doveri e qualche vincolo, proprio perché ho una casa discografica che mi sostiene, ma non sento il fiato sul collo. Mi sento libera di esprimermi e lavoro benissimo, nel massimo rispetto di tutti. Sono una professionista ligia al dovere e corretta.»

Non avverti mai l’esigenza di voler cantare altro? Qualcosa di diverso, che rispecchi maggiormente la tua condizione di donna, travalicando il personaggio che tutti amiamo e per il quale nutriamo delle aspettative?

«Canto le sigle da trentasei anni, fanno parte di me, le ho dentro. Sicuramente farei anche altro, e non è detto che io non lo faccia: nel senso che potrei fare qualcosa di diverso, senza però abbandonare la mia identità artistica. Per questo mi sento libera! Le sigle fanno parte di me, della mia carriera, della mia persona, del mio mondo. Ma nessuno mi vieta di sperimentare altri percorsi. Se un giorno la mia etichetta mi proponesse di fare qualcosa di diverso, e se io fossi d’accordo, ci proverei. Farei un regalo a me stessa e al mio pubblico.»

Viviamo nell’epoca dello sharing, della condivisione. C’è qualcosa di te, del tuo essere, che vorresti “condividere” con le nuove generazioni?

«Vorrei riuscire a condividere maggiormente la mia musica, perché magari molti piccoli non mi conoscono bene. Forse avranno sentito parlare di me dai genitori, dai fratelli più grandi; avranno visto dei video su YouTube o la sigla di qualche cartone in tivù… Vorrei condividere di più il mio mondo, i miei telefilm, tutto quello che fa parte di me. La mia solarità, il mio modo di essere, quella che sono.»

C’è qualcosa che la Cristina di oggi vorrebbe augurare a quella bimba degli esordi?

«Di finire l’università. Mi manca qualche esame e la tesi per la laurea in medicina, e vorrei riuscire a tagliare questo traguardo.»

Durante il nostro confronto, ripensavo al fatto che, se ci conosciamo, è merito di Clarissa. Lei ti sta accanto nella duplice veste di sorella e personal manager, e credo che sia la persona che ti conosce meglio di chiunque altro… In confidenza, che difetti nota in te? E tu quali ti riconosci?

«Sono estremamente pigra, lenta, indecisa. Purtroppo è vero, lo riconosco! Lei, invece, è l’esatto contrario. Clarissa non è per niente pigra; è veloce, tenace. Ci bilanciamo, forse è proprio per questo che andiamo d’accordo. Io vivo nel mio mondo fatato come i miei cartoon e, quando mi perdo, lei è sempre lì a riportarmi con i piedi per terra!»

A marzo 2014 Cristina D’Avena debutta nel mondo della moda lanciando il marchio di calzature My Heart Shoes. In un panorama musicale predominato dagli uomini, sono frequenti i tentativi di voler fare le scarpe a una donna che ha avuto successo!?

«Io sono per il vivi e lascia vivere. Certo, se mi pesti i piedi, magari, mi arrabbio. Ma non proverei mai a fare le scarpe a qualcun altro. Non l’ho mai fatto né non lo farò mai. Con me, invece, qualcuno c’ha provato. Però io sono ancora qua!»

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