BOOMDABASH, DAL CUORE DEL SALENTO “CON LA SCHIENA DRITTA”

Arrivano da lontano e ci tengono a ribadirlo. Quattro ragazzi cresciuti per strada, in una piccola cittadina del nord salento. Blazon, Biggie Bash e Payà insieme a Mr. Ketra danno vita ai Boomdabash, una band con venti dischi di platino conquistati in tre anni. Pubblicano Don’t worry (Best of 2005-2020), un viaggio sonoro su etichetta Soulmatical Music/Polydor (Universal Music Italy). Tra hit, special guest e inediti, il racconto di chi non ha voluto costruire il successo sul cliché stereotipato dell’artista dai trascorsi difficili, anzi difendendo a spada tratta le proprie origini.

Portatori sani di good vibes, oggi intonano un inno alla speranza, a quella voglia di restare sempre e comunque “con la schiena dritta”.

A quindici anni dalla prima produzione ufficiale i Boomdabash pubblicano il loro primo best of.

«Don’t worry – The best of è molto più di una raccolta di successi e brani inediti, è la fotografia del nostro modo di vivere e concepire la musica. L’istinto è stato quello di creare una tracklist da donare a tutte quelle persone che ci hanno seguito negli anni. Un percorso musicale fatto dei momenti salienti della nostra carriera e, allo stesso tempo, la voglia di far intraprendere questo viaggio anche a chi ci ha scoperto da poco: i Boomdabash prima dell’era dei cosiddetti tormentoni.»

Apripista della raccolta è il singolo Don’t worry, un brano che sin dal titolo si pone come uno slogan forte e chiaro e al tempo stesso un invito a fronteggiare le difficoltà quotidiane.

«È un pezzo sicuramente diverso da quelle che sono le “classiche” produzioni dei Boomdabash con un ritmo superiore ai 90 bpm. Questa volta abbiamo cercato di tirare fuori un singolo che fosse un vero e proprio inno alla speranza. Già a gennaio scorso il pezzo era nel nostro cassetto di produzione pronto ad essere pubblicato, poi il blocco… A distanza di quasi un anno, eccoci qui a proporre un inno alla voglia di restare “con la schiena dritta”, a mantenere la lucidità anche in un momento così delicato come quello che stiamo vivendo.»

Il ricatto suscitato dal Covid non è diverso dal ricatto occupazionale che vivono gli operai dell’Ilva di Taranto.

«Il brano si rivolge certo a chi soffre in questa situazione, dagli imprenditori agli operai, ma anche alle persone che restano vittime del ricatto del lavoro in condizioni di insicurezza come all’Ilva, a cominciare dai bambini e dalle loro famiglie del quartiere Tamburi di Taranto.»

La scelta dei bambini del coro di Milano è stata conseguente alla volontà di raccontare la speranza, perché i bambini, a differenza egli adulti che ne sono schiavi, difficilmente conoscono le ansie e le paure.

«Sono tremendamente ansiogeno.» esordisce Biggie Bash «Più che paura, ho la certezza di dovermi preparare ad affrontare il momento in cui le luci del mainstream si spegneranno e le nostre vite torneranno alla normalità. Ho sempre avuto una visione un po’ pessimistica del mestiere che facciamo, credo però abbastanza realistica.»

Un altro inedito di punta è il brano scritto con Franco Ricciardi, artista partenopeo che incarna appieno tutto il vissuto di Nun tenimme paura.

«È il primo pezzo veramente autobiografico dei Boomdabash. Racconta la vita fuori dal palco, dai social, dalle hit estive. “Nun tenimme paura” mette a nudo il lato più nascosto della band: da dove veniamo, come siamo cresciuti, che vita abbiamo fatto.»

Quattro ragazzi cresciuti per strada, in una piccola cittadina del nord salento che si chiama Mesagne.

«Siamo cresciuti in quella che è la patria della Sacra corona unita, quando bisognava stare in casa dalle nove di sera fino alle sei di mattina, perché, se uscivi, era a tuo rischio e pericolo. Sono stati anni durante i quali era difficile esprimersi, più facile finire sulla cattiva strada.»

La comune provenienza da contesti familiari umili e, mattone su mattone, l’impegno costante a costruire quel piccolo grande sogno chiamato Boomdabash.

«Sin dagli inizi l’obiettivo è stato quello di mettere al servizio delle persone la nostra musica, donando energia positiva e good vibes. Abbiamo cercato di incarnare un esempio positivo per i ragazzi: far vedere loro come, nonostante si cresca in situazioni difficili, una via d’uscita c’è sempre.»

Un bagaglio di parole e sentimenti declinati in un campanilismo “buono”, da preservare nel tempo.

«Ci siamo sempre tacciati di un campanilismo “buono”, un campanilismo che per noi significa difesa della nostra terra. Siamo molto inclini a mostrare i denti e ringhiare, quando qualcuno tenta di pestare i piedi alla nostra gente, alle nostre tradizioni, alla nostra cultura.»

Durante i live della band uno dei discorsi più sentiti è l’invito ai giovani a difendere le proprie radici.

«I giovani di oggi non hanno ben chiaro il prestigio e quanto sia importante lavorare per la propria terra. Importante, sia per il loro futuro, sia per quello degli altri che nasceranno.»

Il Sud raccontato a tutti quei ragazzi che, pensando che la bellezza che lasciano non basti a costruire la speranza, lo abbandonano alla ricerca di un futuro possibile.

«Negli anni abbiamo visto tanta gente partire; lasciare la propria casa, gli affetti, per cause di forza maggiore. Nei confronti di quelle persone abbiamo sempre nutrito un profondo rispetto. Diverso è il sentire per chi invece abbandona la propria terra con un senso di disprezzo, addirittura rinnegando le proprie origini.»

Il Mezzogiorno d’Italia, una terra dove si fa più fatica ad emergere rispetto ad altre realtà del Paese.

«Quando una cosa è più difficile da fare, significa semplicemente che devi metterci più impegno per realizzarla. Non ci sono cose possibili o impossibili. Esistono cose probabili o improbabili, dove la differenza la fa l’impegno di una persona. Perciò ragazzi lottate per le vostre idee, impegnatevi e…»

dont’ worry!

 

Gino Morabito

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