AUDIO 2, UN UNIVERSO POP ACCORDATO A 432HZ

Enzo, da buon napoletano, mi invita a prendere un caffè; Gianni, più a distanza, ancora alle prese con la cinghia di distribuzione che ha stirato le cuoia, un po’ storce il muso, un po’ sornione se la ride.

In una Napoli assolata di inizio maggio, mi ritrovo a conversare con gli Audio 2.

Prima di entrare nel vivo del confronto, come spesso accade tra uomini, quando disquisiscono sui “temi universali”, procediamo per grandi sistemi. Decliniamo i motori nel soccorso offerto da Enzo Leomporro all’amico di tutta una vita, Gianni Donzelli, rimasto in panne con l’auto; il calcio in una passione inossidabile per la squadra di quello che fu e resterà sempre re Maradona; le donne, invece, rimangono quell’universo opposto al nostro: «vivono una sfera emozionale, legata all’eros, alle passioni… in una mela molto più rotonda, più sferica, dove al centro c’è un cuore che pulsa» come racconta il brano Amici per amore”, l’ultimo singolo, che vede la partecipazione straordinaria di Ivana Spagna, estratto dal nuovo lavoro discografico “432hz” (su etichetta Clodio Music, con la produzione di Pasquale Scilanga). È il La per affrontare l’argomento musica, quella loro musica che ha fatto della qualità il proprio marchio di fabbrica.

Siamo nel 1992 e la sensibilità di Mina viene sfiorata dalla levità di “Neve”, “che tocchi e sciolta già non sai più dov’è”: se ne innamora, la incide, la porta dritto al primo posto in classifica. Poi Massimiliano Pani, suo figlio e produttore, chiede ai due autori di ascoltare altri pezzi: una cernita di trentasei canzoni, e da lì il primo disco… Trascorsi più di venticinque anni dagli esordi, l’emozione rimane intatta; cambia la frequenza, diventa “aurea”, una connessione diretta tra gli Audio 2 e l’intero universo del loro pubblico. Il sogno più grande, Gianni ed Enzo, l’hanno ormai realizzato. Chissà adesso, per loro, dove rotola la vita.

A 10 anni da “MogolAudio2” viene pubblicato “432hz”. Volendo sintetizzare: uno stile puramente Audio 2, con una sorta di evoluzione sotto l’aspetto delle sonorità, dando ampio spazio agli arrangiamenti. Quasi un voler ribadire come – da sempre – la qualità sia il vostro marchio di fabbrica?

Gianni: «Siamo contenti di questo lavoro. Abbiamo avuto la forza e la volontà di buttare fuori un disco con 11 inediti e 4 cover, sempre nostre, ma riarrangiate, rivisitate, ricantate… C’è dietro un lavoro d’equipe, perché “è la somma che fa il totale”, come direbbe Totò. Continuiamo a fare molta attenzione alla “costruzione” di ogni brano: ovvero la grande istintività, che da sempre ci rappresenta, per quanto riguarda la composizione pura; laddove per composizione pura intendiamo la linea melodica, le liriche, i testi, le argomentazioni, gli arrangiamenti… il famoso “mood”, le atmosfere create con una frequenza di accordatura per gli strumenti a 432 hertz, rispetto ai 440 canonici, mondiali. Spero che il prodotto che è venuto fuori sia una “forma evolutiva” del nostro percorso; il percorso di chi, come chiunque faccia questo mestiere, cerca sempre di dare il massimo, attingendo alle sonorità del mondo, con le esperienze che si sommano. Ma, alla fine della fiera, il successo di una canzone lo decide la gente: per cui, ai posteri l’ardua sentenza.»

Enzo: «Siamo i primi musicisti in Italia a realizzare un disco di canzoni pop, fatto utilizzando quest’accordatura “aurea” caldeggiata da Giuseppe Verdi; prima di noi solo i Pink Floyd. E, senza offesa per nessuno, non è da poco [sorride, N.d.R.]! Vista da un’altra angolazione, questa frequenza così particolare, unica, costituisce una sorta di legame, una linea diretta tra noi e il nostro pubblico. Siamo in connessione e niente e nessuno può sovrapporsi alla nostra musica e alle emozioni che suscita nella gente.»

Oggi la sovresposizione mediatica ha superato il concetto di qualità, di studio, di gavetta, di perseveranza. Credete manchino la passione e l’immaginazione?

Gianni: «Mi hai tolto le parole di bocca! Credo anzi che il problema sia esattamente l’opposto: nell’ultimo periodo, non c’è più una forte passione, non si ha più un grande cuore nei confronti di ciò che è arte e si manifesta, invece – non dico in tutti, ma sicuramente in molti personaggi -, la volontà di apparire, di diventare qualcuno, uscendo in una radio o in una televisione, dove la musica è un complemento; senza rendersi conto che qualsiasi talento, di base, deve fare dei sacrifici, deve migliorarsi continuamente. Il talento si accresce attraverso le esperienze, le serate, i concerti live… fino al punto da raggiungere quella presunzione, tale da farti sentire uno che si eleva sopra la media, acquisendo sul campo tutti quei diritti che ti permettono di rappresentare la cultura del nostro Paese a livello nazionale. E allora vai in televisione! Perché, a livello mediatico, chi va in televisione dovrebbe rappresentare, almeno concettualmente, quanto di meglio c’è in Italia. Invece oggi il meccanismo – ahimè – è esattamente l’opposto.»

Forse non capita più di emozionarci come una volta.

Enzo: «La corsa frenetica ad avere tutto e subito, probabilmente, determina una mancanza di stimoli, di emozioni.»

Per gli Audio 2 stimoli a 432 hertz, culminanti in un album che arriva in occasione delle nozze d’argento con la vostra musica. Che matrimonio è ed è stato quello tra Gianni Donzelli ed Enzo Leomporro?

Gianni: «Se facciamo partire il nostro sodalizio dall’incontro con Mina, nel ‘92, come autori sono già ventisette. Con Enzo ci conosciamo da oltre quarant’anni, eravamo dei ragazzi. È come se fossimo due fratelli; siamo coetanei, siamo cresciuti nello stesso ambiente: stessa cultura, stessi gusti musicali, entrambi tifosi del Napoli. È chiaro, poi, che in ogni coppia, che sia di lavoro, di fatto, uomo-donna… ogni tanto sorgano delle controversie, ma è bene che vengano, per rinnovarsi e riconfrontarsi ulteriormente. In qualsiasi coppia, se uno non manifesta più alcun tipo di dissenso, significa che dell’altro/dell’altra non gliene frega niente. Bisogna essere intelligenti, naturalmente, nello stemperare gli animi, nello smussare gli angoli, in un delicato gioco di equilibri. La dinamica di coppia è una bilancia, un’altalena, un ping-pong.»

Enzo: «Io e Gianni abbiamo due caratteri diversi, e aggiungerei per fortuna. Ci sono stati alti e bassi; momenti gioiosi e tristi, come nella normale amministrazione all’interno di qualunque coppia artistica. Assieme all’intelligenza di mantenere produttivo il nostro rapporto lavorativo, abbiamo comunque avuto la pazienza di restare uniti nella coppia.»

Com’è cambiato, nel frattempo, il rapporto con la musica?

Gianni: «Siamo scevri da meccanismi commerciali, che ti impongono necessariamente di fare un disco ogni tot di tempo. Realizziamo un disco quando ci sentiamo ispirati, quando abbiamo qualcosa di nuovo da comunicare: pertanto il rapporto con la musica rimane inalterato. Proseguiamo sul nostro binario, lontano da esigenze mediatiche; noi scriviamo quello che sentiamo. Nella musica ti devi divertire; se non ti diverti, diventa un tormento, una flagellazione, perché l’arte è libera. È vero che per noi è un lavoro, ma, forzare dei meccanismi a livello autoriale, sarebbe farsi violenza e verrebbe meno la condizione indispensabile del divertimento.»

Qual è l’aspetto che ti fa divertire maggiormente?

Gianni: «L’elemento essenziale del nostro lavoro è la compiacenza che si prova quando sei riuscito a scrivere una canzone, che reputi importante, che reputi bella, e che possa essere considerata tale da chi ti ascolta. Se no, diventerebbe tutto una catena di montaggio e, allora, dove starebbe il divertimento?»

Si parlava del rapporto con la musica… E quello con la vostra Napoli?

Enzo: «Il rapporto con Napoli è sempre abbastanza conflittuale; ci sentiamo non accettati pienamente, poco apprezzati… “nemo propheta in patria”, insomma. E lo dico, lo diciamo, con grande rammarico. Forse la causa dovrebbe essere ricercata nella scelta artistica di non aver voluto mai cantare in napoletano, laddove ritengo sia assurdo che, per essere napoletani, per appartenere a Napoli, bisogna necessariamente cantare in lingua madre. Abbiamo scritto in napoletano “Cu ‘e mmane” (“Con le mani”), un brano che abbiamo dato a Mina alla fine del 2003 e che fa parte di “Napoli secondo estratto”, ma cantiamo in italiano, perché in questo modo siamo credibili. Puoi anche cantare in napoletano ma, se non sei credibile, non arrivi alla gente.»

Nel vostro percorso umano e artistico, una lunga serie di gratificazioni, sia personali, sia come autori; vantate collaborazioni prestigiose con Mina, Adriano Celentano, Little Tony, Mogol; avete fatto parte della colonna sonora di due film di Leonardo Pieraccioni… Un consuntivo decisamente positivo. A fronte di tanti successi, quali rinunce?

Gianni: «Negli anni Novanta, inizi Duemila, facendo questo lavoro ad alti livelli, io ed Enzo non stavamo mai a casa, per cui la rinuncia storicamente più importante è stata quella della famiglia: hai dei figli e li vedi crescere in maniera alternata. Da uomini del Sud, da napoletani veraci, che conoscono benissimo il valore degli affetti, vivevamo la famiglia, non dico in modo latente, ma di certo non come avremmo voluto. Immagina di avere un bimbo di un anno/un anno e mezzo e di essere investito da un successo improvviso… È questo lo scotto da pagare, che accomuna un po’ tutti gli artisti!»

Enzo: «Non è facile fare questo lavoro, anzi è molto difficile, non tutti ci riescono. E, quando ci sei riuscito, non è detto che poi tu abbia successo. Con una punta di orgoglio, forse di presunzione, noi ci siamo riusciti, e siamo riusciti anche a mantenerlo il successo. Dopo più di 25 anni siamo ancora qua, con un nuovo album appena uscito, a parlare con te della nostra musica e dei nostri progetti. È fantastico!»

Sicuramente avete realizzato il sogno di diventare musicisti a tempo pieno, trasformando una grande passione in un vero mestiere. Il prossimo sogno qual è?

Gianni: «Nel momento in cui l’uomo perde il sogno, è morto, non esiste. Perché sono il sogno, la speranza, la meta da raggiungere… che ti tengono in vita, mantenendoti “giovane”, anche se non hai più trent’anni. All’età ormai di cinquantotto, posso tranquillamente affermare che la mia più grande passione è diventata il mio mestiere. L’unico sogno che resta, e che aiuta anche me, anche noi artisti, è quello di continuare a fare delle cose che ci entusiasmino e con le quali si riesca ad entusiasmare chi ci ascolta. Non c’è sensazione più bella di trovare un riscontro da parte di un perfetto sconosciuto, che ti ringrazia per l’emozione che gli hai fatto provare…»

Enzo: «… Arrivare sicuramente alla gente e… colmare quell’ignoranza che ancora permane nei confronti degli Audio 2. Molti si fermano esclusivamente ai soliti confronti, triti e ritriti, senza voler vedere oltre; non tutti comprendono la nostra filosofia artistica e l’aspetto straordinario che la caratterizza. Mi dispiace che spesso ci si fermi solo ai preconcetti, un po’ come succede con i napoletani, che, per il resto del mondo, sono quelli con i capelli ricci, i baffi, suonano il mandolino e mangiano la pizza. Se si riuscissero a superare questi stereotipi, saremmo decisamente più felici!»

 

“Sì che non sei tu”, mi verrebbe da dirti, così su sue piedi…

Enzo: «C’è qualcosa che non va ma non so dirti cosa» rispondendomi divertito per le rime.

Per il semplice fatto che, agli esordi di due perfetti sconosciuti, vi telefonò la grandissima Mina, scegliendo di cantare un vostro pezzo, io ci marcerei tutta la vita. Gianni, toglimi una curiosità: all’epoca di “Neve”, com’è che andò esattamente?

Gianni: «Dopo 13-15 anni di gavetta, lasciando provini dappertutto, decidemmo di inviare una cassetta a Mina, contenente alcuni pezzi, fra cui “Neve”. Una specie di concorso dell’ultima speranza, ormai avevamo superato i trenta… Paradossalmente, lei in persona chiamò a casa mia; ci misi tre giorni per riuscire a parlarle: una volta non fui reperibile io, un’altra non fu disponibile lei… e il terzo giorno, finalmente, accadde quest’incontro telefonico – che te lo dico a fare! Provai un’emozione quasi “fantozziana”, non riuscivo neanche a parlare: la grandissima Mina che telefonava a casa di un perfetto sconosciuto… gesto che sanciva anche la sua grande umiltà. Da lì a poco scelse “Neve”, poi vennero altri brani – siamo arrivati a scrivere 13 canzoni per lei -, il nostro primo album prodotto dal figlio Massimiliano…»

Che la storia abbia inizio!

Gianni: «Ventisette anni di Audio 2, più altri quattordici-quindici precedenti: è da oltre quarant’anni che abbiamo a che fare con la musica! Abbiamo cominciato negli anni Settanta; anni nei quali c’erano le ambizioni, le mete da raggiungere. Il sistema, la generazione, erano differenti; erano diversi il mood e il mondo. Un mondo dove, chi nella musica, chi nella pittura, nella politica, nella letteratura… si metteva lì per altri 10-15 anni a fare gavetta, a impegnarsi, a studiare per cercare di realizzare il proprio futuro. Quanti artisti e gruppi del passato, degli anni Sessanta-Settanta-Ottanta… hanno lasciato un’impronta indelebile, contribuendo a formare la cultura musicale, non solo in Itala ma nel mondo intero. Quando io racconto dei miei quattordici anni di gavetta, i ragazzi mi guardano strano: “Questo è pazzo!”. Quattordici anni vissuti nel tentativo di fare l’artista, senza nessuna garanzia che lo diventassi! Ma c’era la passione, era la mia vita. E lo è ancora.»

Riepilogando, nel 1995 “E=MC2”. Oggi, invece, Audio 2=?

Enzo: «“Audio 2=432hz”, alto livello. Questo è poco ma sicuro!»

 

Gino Morabito

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