ASSALTI FRONTALI, MILITANTI DEL CAMBIAMENTO CHE AVANZA

Assalti Frontali01_musicaintornoPer raccontare la verità spesso ci vuole coraggio, e questo di certo non manca agli Assalti Frontali.

Dopo 7 album, dal 1992 al 2011, il 12 novembre 2016 pubblicano “Mille gruppi avanzano”: 13 tracce, tra featuring e no, che scorrono portando con sé messaggi, storie, racconti.

Dalla scuola pubblica alla medicina, passando per i centri sociali (tema molto caro al gruppo), gli Assalti Frontali parlano dei cambiamenti dell’Italia e del mondo, anche di quelli che non si possono vedere con chiarezza. È questa la loro forza: la capacità di raccontare la realtà anche quando è cruda e spiacevole. Nell’intervista rilasciata da Luca Militant A a Musica Intorno abbiamo avuto l’opportunità di guardare il mondo dal loro punto di vista, lo stesso che ha generato “Mille gruppi avanzano”.

Pubblicato il 25 novembre, “Mille gruppi avanzano” è il vostro ultimo lavoro. Partiamo dal titolo, che può avere molteplici significati. Ce li potreste riassumere?

«È un’immagine che ho avuto durante un concerto, vedendo che ci sono tanti gruppi e comitati che si organizzano per aiutare la loro comunità, il loro territorio; da Niscemi, che ogni tanto nominiamo, a Val Clarea, esistono mille gruppi piccoli; nessuno è più grande degli altri, sono ovunque, non ce n’è uno che prevale sugli altri. In Italia è un momento di passaggio: questi mille gruppi stanno avanzando; sembra che non ci siano, ma rappresentano la grande speranza dell’Italia.»

“Vuol dire vivere diverse realtà, ma poi andare avanti insieme”: per andare avanti nella vita bisogna essere uniti? La collettività favorisce l’individuo?

Assalti Frontali02_musicaintorno«Sì. Il 4 dicembre ha dimostrato che stare insieme, quando hai tutti contro, è importante. Il ritornello dice: “Siamo innamorati della libertà, finché siamo insieme chi ci fermerà”. In questa una società e in questo periodo viviamo tutti realtà diverse, ma l’importante è la direzione verso cui ci stiamo muovendo.»

In molte canzoni, come “Absesto”, parlate dei problemi dell’Italia e dell’intero globo. In definitiva, pensate che questo mondo possa restituire a chi lo abita almeno tanto quanto toglie?

«Purtroppo la devastazione ambientale in cui ci troviamo è molto avanti, e uno dei grandi compiti che abbiamo è quello di cercare di rimettere in equilibrio certi rapporti con la natura; i gruppi che avanzano a cui mi riferisco lottano per questo. “Absesto” è il prodotto di scelte economiche disastrose che hanno fatto una strage. Racconto anche di storie belle di questa lotta, come quella del lago, delle biciclette che difendono il territorio dei quartieri.»

“Questo è uno spazio aperto” parla dei centri sociali, forse il tema a voi più caro. Attualmente, Luca, qual è la situazione dei centri sociali in Italia?

«I centri sociali hanno una storia ormai di 30 anni e sono molto cresciuti; hanno saputo tenere testa anche a tanti cambiamenti che ci sono stati, perché sono un’esigenza reale dei quartieri in cui c’è bisogno di spazi e luoghi in cui i ragazzi si possano aggregare e possano studiare; in cui si possa trovare l’arte. È una sfida continua la loro, devono sapersi aprire a tutte le generazioni ed essere capaci di capire di quale territorio hanno bisogno: un tempo si prendevano anche capannoni di cui alcuni con i tetti di amianto. Adesso c’è una conoscenza del territorio molto più avanzata; si fanno delle lotte per la salute collettiva, per la scuola, per l’istruzione, per il miglioramento della comunità.»

In “Faremo scuola” vorreste forse ribadire che la scuola migliore è sempre la vita vissuta?

Assalti Frontali03_musicaintorno«Un po’ sì! La scuola pubblica è un luogo privilegiato di formazione, però è carente per tanti aspetti, anche perché purtroppo è carente il personale. È un grosso peccato, perché per i ragazzi è un momento importantissimo per crescere e formarsi. Tutti insieme dobbiamo essere la scuola, e dobbiamo cercare di mettere in condizione anche la scuola di fare la scuola, di crescere, di sviluppare le intelligenze, di capire che c’è bisogno di essere dei cittadini per sentirci veramente degli essere umani in questa società.»

In “Un uomo curioso” affrontate il tema del progresso scientifico e medico. Qual è la vostra visione al riguardo?

«La nostra chiaramente è una visione molto laica e scientifica, assolutamente non subordinata alle credenze religiose che hanno frenato tantissimo lo sviluppo umano. Per me cantare “Un uomo curioso” è, sia un modo di fare scuola diverso, sia un modo per esaltare la lotta per la conoscenza dell’uomo; lotta che l’uomo ha sempre affrontato, anche contro tutte le religioni che ci circondano.»

Dagli inizi degli Assalti Frontali, nel 1992, ad oggi sono cambiate tante cose in Italia: alcune in meglio, altre in peggio. Tra le vostre canzoni, quali sono quelle che descrivono i momenti più bui?

«Penso che non si possa dire che una canzone oppure un periodo siano bui. Ogni disco ha le sue luci e le sue ombre ed ognuno rappresenta un’epoca. In 25 anni ci sono stati 9 dischi che raccontano proprio questo. Ad esempio “Profondo rosso” è un disco che racconta di un periodo di crisi, di movimenti molto forti, come quello per la scuola pubblica contro la Gelmini e dei grandi movimenti anche nei confronti dei migranti. “Mille gruppi avanzano” è un periodo di transizione, che può sembrare piatto, però allo stesso tempo probabilmente molto sta ribollendo nel sottosuolo, e lo dimostra anche il livello di partecipazione che c’è stato il 4 dicembre.»

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Nel 1993 avete composto la colonna sonora di “Sud” di Gabriele Salvatores. Se doveste comporne un’altra, con chi vi piacerebbe collaborare?

«Non ci ho mai pensato. Il 17 dicembre è uscito un documentario sui 25 anni di storia di Assalti Frontali, dal titolo “Una storia privata”, e noi faremo la colonna sonora.»

 

 

Anna Gaia Cavallo

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