ANNALISA STROPPA, DRITTA AL CUORE DELL’OPERA

Di Gino Morabito

È sul palcoscenico che Annalisa Stroppa trova la sua dimensione privilegiata. Un mondo, quello operistico, che le appartiene in maniera innata e che abita incarnando i diversi ruoli che hanno costellato il percorso di una stella di prima grandezza.

Mezzosoprano versatile, affronta con grande responsabilità e attenzione ogni ruolo che le viene affidato prediligendo in particolare il repertorio del belcanto italiano e il repertorio francese. Ha vestito i panni di numerosi personaggi che l’hanno vista protagonista nei teatri di tutto il mondo.

Con uno dei titoli favoriti, “Carmen” di Bizet, ha recentemente inaugurato, con grande successo di pubblico e critica, la stagione del Teatro Massimo di Palermo. La frequentazione assidua di un personaggio che, da quella piazza di Pécs in Ungheria nel 2009, ha segnato il fortunato debutto artistico di Annalisa Stroppa davanti a un pubblico di trentamila persone.

Adalgisa nella Norma e la Carmen di Bizet, due personaggi agli antipodi. In mezzo Annalisa Stroppa.

«In qualunque ruolo che porto in scena c’è sempre una parte di me. Ogni volta che salgo sul palcoscenico ho la fortuna di poter vestire dei panni diversi e cerco di dare sempre un tocco personale anche in ruoli che sono agli antipodi: quelli della seduttrice, ammaliatrice, dal temperamento forte e risoluto, che è Carmen, così come la novizia candida e pura, che è Adalgisa. Il segreto è non interpretare un personaggio ma viverlo, arricchendolo delle nostre esperienze vissute e della nostra sensibilità.»

Nel camerino, prima dello spettacolo, una donna carica di adrenalina, di energia positiva da sprigionare e allo stesso tempo piena di timore.

«Mi metto continuamente in discussione. Davanti allo specchio scorgo tante debolezze, tante fragilità che però, quando emetto la prima nota, come per magia svaniscono.»

Il desiderio è quello di riuscire ad emozionare il pubblico.

«Prima di andare in scena, nutro ogni volta grande aspettativa e mi faccio sempre la stessa domanda: riuscirò a trasmettere al pubblico tutto quello che ho dentro? Riusciranno le mie emozioni ad arrivare al cuore della gente? Poi mi affido, mi affido sempre. Penso che, se sono arrivata ad intraprendere questo cammino, è perché un disegno più alto lo ha voluto. Una volta finita la recita, con lo spettacolo andato a buon fine, è tangibile la soddisfazione di essere riuscita a dare il meglio di me. L’emozione iniziale si trasforma in gioia, felicità, gratitudine.»

Un forte sentimento di gratitudine nei confronti della Provvidenza e della propria famiglia.

«Da credente devo ringraziare il Cielo perché sono nata con un dono, un talento che il Signore mi ha donato insieme alle capacità di saperlo riconoscere e coltivare. Poi il grazie più sentito va sicuramente alla mia famiglia. Nonostante io non sia figlia d’arte, i miei genitori hanno sempre creduto in me, appoggiato il mio sogno e, seppur da lontano, non mi hanno fatto mai mancare il sostegno e la loro presenza. Devo dire grazie anche a tutti coloro che sin dagli inizi mi hanno dato fiducia e hanno scommesso su di me.»

Tra le messe animate in chiesa e le cassette dei Tre Tenori, il ricordo vivido di un’infanzia dedicata alla propria passione.

«Mi piace pensare che, se oggi canto, è anche grazie alle mie nonne. Quella paterna aveva una voce molto bella e importante e animava la messa solenne domenicale. La nonna materna, invece, con la quale sono cresciuta, mi ha trasmesso la passione e l’amore per il canto lirico. Aveva alcune musicassette dei Tre Tenori e di Mario Del Monaco e insieme ascoltavamo le grandi romanze. All’epoca, avrò avuto sette, otto anni, lei mi scriveva su un quadernetto tutti i testi delle arie, io poi li imparavo a memoria e, durante i banchetti di famiglia, nelle cerimonie, con la mia vestina bianca, le scarpette di vernice e le treccine cantavo l’opera intrattenendo i miei familiari e tutti gli altri invitati. Quel quadernetto lo custodisco ancora gelosamente.»

Ha avuto la fortuna di affiancare tanti grandi colleghi e, quando si ha l’occasione di rapportarsi con artisti di quel calibro, di riflesso, ci si eleva, cogliendo da ciascuno qualcosa di cui fare tesoro.

«Con Plácido Domingo ho cantato la mia primissima volta il duetto finale del IV atto di Carmen. Fu in occasione del concorso Operalia nel lontano 2009. Il Maestro Domingo ebbe per me un occhio di riguardo invitandomi a partecipare al concerto dei vincitori per interpretare insieme proprio quel duetto, aggiungendo che mi avrebbe portato molta fortuna. Mi ritrovai così davanti a trentamila persone, nella piazza di Pécs in Ungheria, al fianco di uno dei più grandi tenori della storia, quel mito i cui ascolti avevano accompagno la mia infanzia. Quanta acqua sotto i ponti è passata da allora… un bellissimo ricordo!»

La Carmen di Bizet è una donna estremamente attuale, che possiede una forza e un carisma unici. È autentica, coerente con le proprie scelte, incarna l’ideale di libertà.

«Mi sento realmente libera perché ho la fortuna di poter fare ciò che amo. Sono fedele ai miei principi e coerente nelle mie scelte. Sono libera di interpretare i personaggi che sento miei e di fare le scelte di vita che desidero, non dovendo rendere conto a nessuno se non a me stessa.»

Mettere in scena la Carmen a Palermo è stato significativo perché, con quest’opera, il Teatro Massimo ha riaperto le porte al pubblico lanciando un chiaro messaggio di ripartenza e di rinascita.

«L’emozione è stata doppiamente grande: oltre a portare in scena un’opera simbolo della libertà, ho avuto il privilegio di essere tra gli artisti che hanno potuto dare di nuovo il benvenuto al pubblico del Teatro Massimo di Palermo, che mancava da un anno e mezzo.»

La magia del teatro, un meraviglioso meccanismo dove tutti gli ingranaggi devono essere perfettamente in sintonia affinché funzioni. Così come la magia di realizzare un desiderio attraverso l’uso della propria voce.

«Se potessi avere una bacchetta magica per realizzare un desiderio, vorrei che la mia voce riuscisse a donare gioia a chi è in difficoltà, a chi sta soffrendo, agli emarginati, a chi vive in paesi disastrati. Vorrei riuscire a portare sui volti di quelle persone un sorriso, almeno un momento di serenità.»

Rinnovando un messaggio che resta universale, il mondo dell’opera è cambiato di pari passo con la società in cui viviamo.

«La grandezza dell’opera è quella che, nonostante sia stata scritta nel passato più o meno lontano, trasmette valori universali e immortali. Ci comunica insegnamenti estremamente attuali affrontando problematiche che troviamo anche ai giorni nostri. Parlando di Carmen, per esempio, emerge il tragico tema del femminicidio e il tema della libertà. Il teatro è finzione ma sa esprimere le più grandi verità. Spesso nella società odierna ci perdiamo dietro a valori finti, fittizi, superficiali. Stiamo vivendo un’esistenza apparente più che una vita vera, ed è questo che mi fa paura. Dobbiamo aiutare i nostri giovani a crescere sull’esempio di valori autentici, a ritrovare le proprie radici, alle quali potersi aggrappare nei momenti di difficoltà.»

Nel nostro Paese la musica è ancora considerata la Cenerentola delle discipline.

«Purtroppo non ci si rende conto dell’importanza formativa che riveste la musica a partire già dalla scuola elementare. Si potrebbe e si dovrebbe fare molto, molto di più.»

Non c’è una ricetta collaudata per il successo di una carriera, ma passione, studio, costanza e determinazione sono componenti essenziali.

«Se si vuole ottenere qualcosa, il modo migliore è quello di studiare tanto per avere un’ottima preparazione, mettendoci sempre dentro il cuore. Il consiglio è quello di non mollare mai e credere sempre nei propri sogni lavorando molto affinché questi si possano realizzare. Perché, se è quello il tuo destino, allora in qualche modo prima o poi il sogno si realizzerà. Dunque la ricetta è: passione, entusiasmo, costanza e tanto lavoro.»

L’opera è lo specchio dei tempi e racconta la vita.

«Ogni giorno mi racconto la mia storia. Quando attraverso dei momenti di difficoltà, di sconforto, torno sempre indietro, a quand’ero bambina, e rivedo quegli occhi pieni di entusiasmo, di voglia di realizzarmi, di intraprendere quella che poi sarebbe diventata la mia carriera. Quel sogno realizzato è la bellissima verità che mi ritrovo a vivere ogni giorno.»

www.musicaintorno.it

PDFStampa

Related posts