ANDREA CECCOMORI, QUANDO LA MUSICA FAVORISCE LA PACE

Dopo un’estate densa di musica fra Brasile e il festival Assisi Suono Sacro, Andrea Ceccomori prosegue senza sosta la sua marcia all’insegna di musica e pace: Baton for Peace.

È una iniziativa sociale che l’artista vuole sostenere e presentare in diverse piazze italiane proprio per sensibilizzare l’opinione pubblica sul grande tema del XXI secolo: la pace. Spesso è proprio la musica ad agevolare la distensione del tessuto sociale e a favorire dialoghi complessi tra persone e stati. Questa possibilità vuole praticarla Andrea Ceccomori per inseguire il sogno di vivere in un mondo dove la musica e la pace siano i protagonisti principali della scena sociale.

Subito dopo aver concluso la sua prima tappa, avvenuta il 7 ottobre 2018 con un concerto a Bastia Umbra in duo con l’arpista Maria Chiara Fiorucci, dove ha inaugurato la Libera Università del Comune e ha suonato le sue musiche insieme a brani francesi e la Sonata di Nino Rota, è pronto un altro evento: in programma il 10 novembre, presso la Basilica Superiore di San Francesco in Assisi, si esibirà con Ensemble Assisi Suono Sacro (Elisa Bovi, Maria Chiara Fiorucci, Ermanno Vallini, Marco Testoni) e Orchestra Giovanile Assisi, dir. Francesco Seri. Con Andrea Ceccomori, musicista e artista sensibile alle tematiche sociali, il magazine Musica Intorno cerca di capire la valenza della musica nel contesto politico ed economico a beneficio della pace.

La musica in che modo può influenzare la pace?

«Ritengo che la musica sia essenziale ad un processo di sviluppo di una cultura della pace, in primis perché è un linguaggio universale comprensibile a tutti, e poi perché favorisce il dialogo e il confronto tra musicisti, stili e approcci che accolgono l’altro e la diversità come fattore fondamentale di creatività. Per ultimo, forse il più importante, è la musica che promuovo, sia personalmente, sia come Assisi Suono Sacro, perché è sufficiente sul principio dell’ispirazione: cioè cercare l’ispirazione nel suonare, la quale ispirazione produce un processo creativo che esprime quel concetto, per cui l’ispirazione è la stessa per tutti ma cambiano i modi di esprimerla. Come dire che ogni musicista perviene alla medesima fonte, pur esprimendo linguaggi differenti. Ecco che la pace è garantita in quanto esprime lo stesso concetto universale, sia pur nelle variabili diversità che necessariamente dialogano fra loro.»

Nel suo percorso caratterizzato da musica e pace quali reazioni della gente sono rimaste più impresse nel suo vissuto da artista?

«Ho notato un grande interesse nel connubio musica e pace; ho visto persone che, anche per strada, mi hanno fermato dicendomi che questa relazione deve essere promossa, affinché la musica possa esprimere la sua potenzialità affrontando temi fondamentali come l’amore, l’armonia e la pace. Spesso si parla di pace in maniera troppo sentimentale, di pacifismo, di pace nel senso di “uniamoci e vogliamoci bene”, ma il vero concetto di pace – detto filosoficamente – è quello che sostanzia ogni manifestazione, ogni fenomeno per cui se non ha pace al suo interno, quel fenomeno non può esistere. E la musica è vera in quanto non può barare, deve dire la verità su sé stessa per manifestarsi, altrimenti crea disarmonia. Altri, invece, mi hanno detto che non serve a nulla parlare di pace: non hanno torto, se non si attua uno strumento operativo che dia il buon esempio come lo è la musica stessa, non ha senso. La musica è di per sé stessa pace per definizione, non può entrare in conflitto.»

 

Perché crede che la melodia possa favorire la pace?

«Non penso sia tanto la melodia quanto piuttosto tutto l’insieme della musica, le sue forme, le timbriche, le armonie, il linguaggio. Diciamo che la melodia, essendo la regina della musica, cioè quella che viene popolarmente associata alla musica, può favorire dei nobili sentimenti che ispirano bellezza, allegrezza, apertura d’animo, canta che ti passa si dice. Dunque l’atteggiamento di apertura, fornito dalla melodia, è un potente propellente alla pace, perché dispone bene il proprio animo nei confronti del mondo e dell’altro.»

Un mondo ricco di musica come cambierebbe la situazione sociale

«Moltissimo! Purtroppo e ahimè soprattutto in Italia, culla della musica, bisogna constatare una carenza di musica vera, soprattutto nell’educazione e nella formazione. Manca la motivazione del fare musica, manca l’abitudine ai concerti. Per musica vera intendo una musica che combini in sé degli elementi non banali, in rapporto fra loro, che non siano solo espressione di una logica di mercato o di appiattimento verso il basso per acchiappare quel pubblico, come è appunto quello di un linguaggio banale. Anche se molti successi pop sono dovuti alla facilità di comunicazione, spesso questa è a scapito di una complessità del linguaggio (essendo il linguaggio espressione di un concetto). Pensiamo solo se tutti gli elementi della musica potessero essere compresi dalla gente comune, quale rivoluzione sociale sarebbe? Invece che una semplice melodia, che ci emoziona quel tanto che basta, se potessero passare alla comprensione e condivisione di molti, tutti i passaggi melodici e i loro rapporti interni, gli sviluppi armonici e formali, i rapporti timbrici, le agogiche e tanto altro, quale rivoluzione sarebbe? Ogni nota attiverebbe un’influenza sul comportamento delle persone e in questo modo certamente cambierebbe il tessuto sociale e diventerebbe appunto “musicale”.»

Insegnare musica a tutte le persone. Cosa cambierebbe?

«Più che insegnare musica a tutte le persone, occorrerebbe far comprendere a tutti la potenzialità del linguaggio musicale come specchio del mondo e della propria psiche. Basterebbe una sana educazione all’ascolto, al riconoscimento della musica come chiave di lettura dell’universo. Poi lo studio tecnico della musica deve essere lasciato ai musicisti, ma tutti dovrebbero avere una cultura generale musicale che non si limiti all’ascolto passivo da supermercato o da condivisione coi compagni, come mero sigillo di appartenenza ad un gruppo sociale.»

La musica è stata storicamente un momento di riflessione per i politici. Nel periodo storico contemporaneo cosa è cambiato rispetto al passato?

«Oggi è tutto radicalmente cambiato. Nell’era della libera fruizione a 360 gradi, la riflessione è un’astrazione. La musica oggi serve per vari scopi: commerciali, ludici, ricreativi, a volte educativi. Nel passato era più appannaggio di una casta di potere (la chiesa, le corti, i politici appunto) che deteneva il buono e cattivo tempo sulla società attraverso la musica. Anche la cosiddetta ricerca musicale era sovvenzionata negli ultimi decenni dallo Stato per esempio, ma oggi assistiamo ad un solipsismo artistico, dove ogni artista si esprime da sé e crea il suo proprio mondo, sempre più difficilmente riconducibile ad un contesto. C’è stata una frammentazione della produzione musicale e dei suoi scopi. Ma questo dato non lo leggo come dato negativo, anzi, credo che da queste ceneri possa risorgere una musica più autentica, cioè legata, come dicevo prima, alla ispirazione, al vero che voglio trasmettere. Per concludere potrei affermare che è necessaria una nuova figura di musicista, vera autentica espressione di sé. E questo fenomeno non può che sfociare in un futuro di pace, poiché non ha nulla da difendere.»

Il tour dedicato alla musica e alla pace non si ferma qui e continua con entusiasmo e coinvolgimento, occupandosi anche di denuncia contro la violenza, declinata ai nostri giorni. La violenza è un altro tema che deve essere combattuto perché sta dilagando troppo rapidamente. Il comportamento civile di un popolo deriva dalla sua educazione e dalla sua civiltà. A essere maggiormente a rischio è l’educazione che diventa la conseguenza di ogni azione di una persona. La musica è un valido strumento per far fronte alle derive sociali al pari della lettura perché rappresentano un valore culturale che riesce a fare da argine al malessere quotidiano.

 

Francesco Fravolini

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