AMNESIA & TE’CANT, LA FORZA DELLE PAROLE

«M’aggio scurdato ro bbene pecché o bbene fa assaje male (Ho dimenticato il bene perché il bene fa troppo male)» si congedano Riccardo Maddalena e Antonio Savarese.

«Se puoi, ascolta “Parlano di noi”» riferendosi alla sesta canzone del loro nuovo disco. «Racconta di rapporti in cui ci si scambiano gesti, speranze e passioni.»

Speranze e passioni riversate in un progetto comune, quello dei due giovani napoletani Amnesia & Te’Cant, rispettivamente producer e rapper. Quattordici tracce che risiedono all’“Interno 13”: un album che rappresenta la zona di comfort; quel luogo immune dal buio e dal dolore, dove riesce ancora a filtrare la luce della possibilità.

Una produzione discografica dal sapore di rivalsa nei confronti di un futuro che tocca sul vivo tanti ragazzi, che, come i nostri, sono cresciuti troppo in fretta; un futuro di provincia che tenta di piegarli al volere della mediocrità e dell’incertezza. L’unica arma da opporre, per i guerrieri Amnesia & Te’Cant, resta la forza delle parole: lo strumento più efficace per arrivare dritto alla gente.

Cominciamo dall’inizio, chi sono Amnesia & Te’Cant?

«“Te’Cant”, nel senso che “te le canto” in napoletano» esordendo Antonio Savarese, il rapper, lenti scure sopra occhi da buono.

«“Amnesia”, invece, con l’accento sulla e per la pronuncia all’inglese, o sulla i all’italiana, perché soffro molto di dimenticanza» continuando Riccardo Maddalena, il produttore musicale. Aggiungendo: «Amnesia & Te’Cant sono due ragazzi che, da una realtà di provincia non sempre confortevole, provano a ritagliarsi il proprio angolo di luce. Concretamente, abbiamo realizzato un album, che ha dato libero sfogo ai momenti bui e a quelli felici, accompagnando il nostro percorso di crescita. Amnesia & Te’Cant sono due ragazzi che non hanno mai smesso di credere di poter dare il proprio contributo alla comunità in cui vivono, senza dover necessariamente aspettarsi qualcosa in cambio.»

Come nasce l’idea di realizzare un progetto comune?

Antonio: «Il nostro progetto artistico è nato circa 5 anni fa, quando Riccardo ha iniziato a produrre, acquistando i primi strumenti che gli consentissero di realizzare una traccia. Da lì ci siamo ripromessi, un giorno, di fare un album insieme. Ed eccoci qua.»

Riccardo: «Avevamo già 5 brani pronti e volevamo scegliere il modo migliore per presentarli al pubblico, veicolando i concetti che più ci stanno a cuore. La conseguenza è stata costruirci un album intorno.»

Dalla vostra bio si evince che – artisticamente – non vi siete mai mossi dai dintorni di Napoli, almeno fino a quando non siete atterrati a Londra…

Riccardo: «Siamo appena tornati dall’Inghilterra, dove stiamo stringendo rapporti per realizzare un brano con un rapper e un producer londinesi; lì siamo stati contattati anche da una rapper di Birmingham per un altro progetto discografico.»

Qual è l’aspetto più seducente della musica?

Antonio: «La nostra musica non nasce per ottenere visualizzazioni sui social e farci diventare dei personaggi mediatici. Facciamo musica per passione; perché abbiamo qualcosa da esprimere, da “cacciare fuori” e non riusciremmo farlo in altro modo. La musica rappresenta per noi un legame indissolubile.»

Riccardo: «L’aspetto più seducente è trasformare il nostro legame in qualcosa di concreto, in cui si possa riconoscere l’ascoltatore.»

Antonio: «Il brano “Pe me over” parla proprio di questo: il tentativo di riportare qualcosa di concreto, meno imbellettato di immagini, ma con un contenuto forte.»

Riccardo: «Vogliamo sedurre le persone con uno stato d’animo, affermando la forza delle nostre parole.»

Amnesia & Te’Cant sono due giovani consapevoli delle proprie possibilità, con tanta voglia di rivalsa. Per quale futuro?

Riccardo: «Rivalsa nei confronti di un futuro che, almeno dalle nostre parti, è incerto. A piccoli passi, stiamo cercando di stravolgere quel sottile equilibrio presente nella vita quotidiana di ogni ragazzo della nostra stessa età, della nostra zona, che è borderline tra il desiderio che abbiamo e ciò che si è costretti a fare perché c’è soltanto quella come prospettiva di vita.»

“Interno 13” rappresenta la vostra zona di comfort; un luogo immune dal buio e dal dolore, dove riesce sempre a filtrare la luce della speranza: speranza riposta nella possibilità di cambiamento. Qual è quello più urgente da attuare?

Riccardo: «Dovremmo attuare un drastico cambiamento culturale: bisognerebbe cambiare la mentalità del vivere quotidiano, la percezione degli altri e la considerazione del loro lavoro, qualunque esso sia. Ogni persona, anche la più piccola, merita rispetto e bisogna rivolgersi a lei con grande umiltà.»

Credete ancora che forza delle parole riesca a smuovere una società come la nostra, saldamente ancorata all’immagine?

Antonio: «La forza delle parole è tutto per noi. Quando ho cominciato ad appassionarmi al rap, i videoclip non erano diffusi come adesso: mi prendevano la musica e testo. Non avrei mai immaginato di potermi emozionare a tal punto, solo ascoltando delle parole. Da quel momento, le parole per me sono diventate lo strumento più efficace che abbiamo per arrivare alla gente.»

Nel bene e nel male, la vostra realtà è Napoli. Qual è l’insegnamento più grande che continua a darvi questa controversa città?

Antonio: «Alla nostra Napoli abbiamo anche dedicato una canzone dell’album. È la città più bella del mondo, ma ti fa crescere velocemente, perché popolata di molte persone che vorrebbero riuscire a prevaricare le altre, bruciando le tappe. Questo ti porta ad aprire gli occhi ed allargare la mente, per raggiungere l’obiettivo che ti sei prefissato.»

Riccardo: «La lezione più grande che ci dà questa città è che a Napoli, per quanti problemi ci siano, c’è sempre qualcuno che ti insegna a risolverli. Un napoletano non ti dirà mai: “Non so come uscire da questa situazione!”. Ogni singolo abitante di Napoli, nonostante tutto, riesce quotidianamente a trovare la forza, la giusta motivazione e la costanza per andare avanti. Buttati a terra dalle problematiche della vita, siamo guerrieri che hanno la forza di rialzarsi e dimostrare al mondo che ce l’hanno fatta!»

 

Gino Morabito

PDFStampa

Related posts