AMEDEO MINGHI, TUTTO IL TEMPO È CANTARE D’AMORE

SANREMO: 58° FESTIVAL DELLA CANZONE ITALIANA, TERZA SERATA, I DUETTI“Conosco i passi tuoi più intimi, per questo io ti capirò”

Decenni di gavetta, brani scritti per altri interpreti, album di grande valore artistico ma commercialmente poco esposti. Inizia così il percorso artistico di un melodista italiano fra i più rappresentativi, il resto è storia.

Artista visionario e romantico, Amedeo Minghi continua a regalarci canzoni entrate nell’immaginario collettivo, colonne sonore, tour di grande fascino. Con quel suo guardo sempre rivolto al futuro, quell’andare a istinto, con i desideri che porta dentro… pubblica “Tutto il tempo”, testimonianza di un periodo artistico e musicale straordinario e probabilmente irripetibile: una foto dell’epoca, di come eravamo”, quando “le mani erano ancora libere di muoversi nell’aria e gli sguardi spesso cercavano altri sguardi”. Sono i ricordi del cuore – si sa, del nostro e del suo; quella “meravigliosa confusione” in cui cantare è e rimane. D’amore.

L’8 giugno 2018 è uscito “Tutto il tempo”. Tutto il tempo per farci cosa?

«“Tutto il tempo” è il titolo del brano che fa da apripista a questo cofanetto… non facciamo mica i meteorologi noi – sorridendo divertito per la mia provocazione; si parla del tempo in modo filosofico, pirandelliano direi. È un tempo che serve per guarire le ferite, sanare i problemi… si dice che il tempo sia galantuomo… C’è di fondo un problema di incomunicabilità e affidiamo al tempo la soluzione del nostro rapporto. Questo è il senso.»

… E nel pianoforte del tuo tempo, più tasti neri o tasti bianchi? Più rimpianti o speranze?

«La speranza ci deve sempre aiutare, è proprio grazie a quella dea che riusciamo ad andare avanti: la speranza di migliorare, di continuare a fare ciò che ci piace, di mantenere sempre un rapporto positivo con il pubblico… Se tasti neri o tasti bianchi? Beh, la vita è fatta di questo: di alti e di bassi. È un po’ come il pianoforte: un pianoforte senza i tasti neri e senza i tasti bianchi non suona. Se la vita non avesse queste coloriture, allora non varrebbe la pena viverla.»

“I tuoi occhi […] spalancati sul futuro…”, recita un verso di “1950”. Anche oggi il tuo sguardo ha la stessa forza?

«Guardo sempre avanti, con speranza. Il passato è passato e tale resta. Se così non fosse, non avrei 52 anni di carriera; non avrei pubblicato più di 30 album e quest’ultimo in particolare; non starei lavorando ai nuovi progetti. Il mio sguardo è sempre rivolto al futuro.»

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Perché la nuova pubblicazione dei due concerti emblematici della tua carriera, quello di Santa Maria in Trastevere nel 1990 e l’altro dello stadio Olimpico con l’orchestra sinfonica nel 1992, non prima, ad esempio, ma proprio in questo tempo?

«Non ci è dato saperlo – nuovamente il sorriso di Amedeo. Vado avanti a istinto, a desideri che porto dentro. C’è stato anche un problema burocratico, che ha fermato questi lavori per alcuni anni, e sono rimasti lì sul loro scaffale in attesa di qualcosa… Poi, da poco, tutto sembra si sia risolto, e hanno rivisto la luce. Si tratta di due incisioni a cui tengo particolarmente e sono, tra l’altro, una foto dell’epoca, di come eravamo.»

Scattando un’altra istantanea, oggi come siamo?

«Siamo incasinati, siamo incasinati di brutto, su tutti i fronti! È un momento difficile per l’umanità, che deve affrontare grandi problemi; si deve interrogare su grandi tematiche e forse, proprio in questo nostro tempo, non abbiamo grandi uomini in grado di farlo.»

Grandi uomini come quell’“uomo venuto da lontano”, brano dedicato al Santo Padre Giovanni Paolo II. Oggi chi potrebbe essere un altro simile “forestiero”?

«Beh, papa Wojtyla sapeva risolverli i problemi. Oggi, purtroppo, non riesco a intravedere all’orizzonte nessun altro come Giovanni Paolo II. Ancora non è arrivato, e speriamo che arrivi presto, perché ne abbiamo estremo bisogno.»

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A proposito di altri uomini, il tuo pubblico ha scritto “SiAmo questa musica”. Amedeo, la tua qual è?

«Quella che raccontiamo nel libro; un libro che, tra l’altro, verrà presentato al Premio Bancarella a Pontremoli. È proprio un bell’evento, tutte le persone che hanno scritto il libro, raccontando come e perché siamo questa musica, saranno presenti con me lì, idealmente, su quel palco.»

 

Gino Morabito

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