Di Gino Morabito –
Vestitino inguinale, grinta inossidabile e capelli turchini. A settantatré anni e quel pantaloncino nero attillato, Nostra Signora del Rock tiene ancora botta. Il palco è una valvola di sfogo dove confessa di essersi “spremuta il cuore come un dentifricio” e “odiata abbastanza”. Quando i riflettori illuminano la scena, Loredana Bertè mette l’anima dentro il microfono e canta: il suo più autentico manifesto di libertà.
Con una fitta serie di date estive, sarà in giro per tutta Italia con “Ribelle Summer Tour 2024” fino a settembre.
Nel 1982 stregava l’Italia con “Non sono una signora”, a distanza di oltre quarant’anni si dichiara “Pazza”.
«Sono una per cui la guerra non è mai finita. Il mio modo di pensare non è cambiato, ho solo tinto i capelli di blu.»
L’urgenza di chi non le ha mai mandate a dire.
«A me la museruola non l’ha mai messa nessuno! Le “canto” a chi non rispetta la libertà e i diritti altrui, a chi mente, a chi imbroglia… ai “politici da fiera”.»
Dannatamente libera, ha sempre pagato di persona.
«Il prezzo è sempre stato alto. Ho pagato con la solitudine e col non avere avuto figli. Artisticamente è stato un braccio di ferro continuo con le case discografiche, che in passato volevano impormi di fare musica vecchia. Io guardavo avanti e loro guardavano indietro, non potevamo trovare un accordo. Nel 1985 nessuno avrebbe scommesso un centesimo sull’album “Carioca”. Gli unici a cui piaceva erano Mimì e Fossati. Nel tempo, il valore della collaborazione con Djavan è venuto fuori e mi sono presa le mie soddisfazioni.»
Un percorso umano e artistico che si incrocia con quello di Bibi Ballandi.
«Per me e Mimì è stato il primo manager. Un grande uomo con un grande cuore, che mi manca moltissimo. È stato una colonna portante di questo settore e trovo che sia giusto ricordarlo. Provo tanta nostalgia ripensando a lui e alle tantissime cose che abbiamo fatto insieme all’inizio della nostra carriera, quando ancora lavorava con suo papà a Bologna.»
Rancorosa nei confronti del tempo che le scivola tra le mani.
«Sono incazzata ogni giorno che passa, perché avrei tante cose ancora da fare e penso di non averne il tempo. Se potessi, chiederei subito un bonus di una ventina d’anni. Purtroppo mi aspettano solo morte e tasse (ride, ndr).»
Un grande peso le aspettative!
«Non si può piacere a tutti. Resto sempre me stessa, costi quel che costi. Negli ultimi anni ho avuto tantissimo e mi aspetto di non deludere mai nessuna delle persone che credono in me.»
Ossa rotte e dolore sono diventate urla e poi canzoni.
«Appena finito un disco, l’accantono e non lo riascolto più. Allo stesso modo, non ho mai riguardato le mie apparizioni in tivù come fanno alcuni miei colleghi. Sono molto autocritica e non mi piaccio mai.»
Una guerriera nata, la Che Guevara in gonnella che, sulle montagne russe della vita, sta vivendo un nuovo entusiasmante periodo “up”.
«Sono la versione migliore di me per questi anni.»