VASCO ROSSI, CI SBATTE IN FACCIA LA VITA!

La registrazione avviene negli UMBI Studios di Umberto Maggi di Modena e ai Fonoprint di Bologna, in tempi brevi, con testi e arrangiamenti dissacranti. A metà delle registrazioni, Auro Lugli decide di lasciare il gruppo. All’epoca la title track Colpa d’Alfredo venne censurata e per la promozione fu proposto il singolo Non l’hai mica capito/Asilo “Republic”. Nell’album omonimo un’autentica perla, Anima fragile. Era il 1980.

Vasco Rossi, oltre quarant’anni di carriera e un repertorio musicale che ha letteralmente accompagnato l’intera esistenza di ogni adulto del nostro Paese. Perché di questo parlano le sue canzoni, della vita. Ci inondano come una tempesta perfetta e, anche se i tempi cambiano, cambia il modo di pensare e di esprimersi, la vita è sempre la vita, con i suoi regali e le sue fregature.

Vasco canta qualcosa che è insito nella nostra essenza. Lo fa dietro una sincerità disarmante e un’apparente semplicità, che lo rendono accessibile agli ascoltatori di ogni generazione. Canta quella vita che artisti del suo calibro portano tatuata sulla pelle e che lui riesce a sbatterci in faccia, in una ballad struggente o in un lacerante pezzo rock. Un repertorio, il suo, che è entrato nel nostro DNA, è parte integrante della nostra cultura. Ascoltare un brano del Blasco equivale a rivivere un carico di emozioni, così vivide e senza filtri, da arrivare dritte al cuore.

33 album, oltre 36 milioni di dischi venduti, una carriera unica e atipica, sbocciata in sordina e cresciuta rapidamente per raggiungere risultati inimmaginabili.

Risale al ‘77 il primo singolo Jenny/Silvia, seguito un anno dopo dall’album Ma cosa vuoi che sia una canzone. Nel 1979 arriva Non siamo mica gli americani! e si inizia a intravedere la sua anima, quel timbro inconfondibile che lo rende unico e immediatamente riconoscibile. Dal disco fa capolino Albachiara, uno dei brani più iconici di Vasco e tassello fondamentale di un percorso artistico costellato di successi intramontabili.

La fama inizia a crescere, e con lei gli scandali e le controversie. Siamo negli Ottanta. Girano sul piatto i suoi vinili e vengono criticate quelle esibizioni televisive che gli valgono, da parte della stampa, alcuni appellativi poco lusinghieri. La reazione artistica sarà la canzone Vado al massimo, proposta al Sanremo ‘82. Il Festival gli dà grande visibilità ma sarà la successiva Siamo solo noi a consacrare Vasco come una delle più interessanti realtà emergenti. Più tardi, lo stesso pezzo verrà scelto dalla rivista Rolling Stone come miglior bano rock italiano di sempre. “Siamo solo noi, generazione di sconvolti che non han più santi né eroi” canta il rocker di Zocca, riassumendo in una frase il senso di vuoto e alienazione di una generazione privata dei punti di riferimento certi.

La conferma di un carisma irriverente arriva nel 1983, quando, nuovamente in gara al Festival, porta sul palco di Sanremo Vita spericolata, classificandosi al penultimo posto ma restando per sempre impresso nel cuore del pubblico. Al grande trionfo segue un periodo buio, dettato dagli eccessi e da una condanna per detenzione di stupefacenti. L’esperienza lo segna, ma è catartica. Con l’uscita di C’è chi dice no, nel 1987, sarà costretto ad abbandonare i palazzetti, che non riescono più a contenere un pubblico in costante aumento. Inizia l’era dei grandi concerti negli stadi. Nell’‘89 è la volta di Liberi liberi al Flaminio di Roma e al San Siro di Milano, davanti a pubblico complessivo di 90.000 fan.

Galoppano i primi Novanta al ritmo de Gli spari sopra e Vivere. Nel ‘96 è la volta di Nessun pericolo… per te, in cui dedica Gli angeli all’amico Maurizio Lolli, scomparso dopo una dura lotta contro il cancro. Il video è diretto da Roman Polanski e distribuito su Internet, che non era ancora una piattaforma così rilevante per la promozione musicale. Ancora una volta Vasco precorre i tempi facendo incetta di visualizzazioni. Altre consacrazioni arriveranno con la Targa Tenco nel 1998 e il concerto alla prima edizione dell’Heineken Jammin Festival di Imola, a cui accorrono oltre 100.000 spettatori.

Continuano nel frattempo le collaborazioni in veste di autore per gli Stadio, Patty Pravo e Irene Grandi che, con La tua ragazza sempre, si piazza seconda al Festival di Sanremo, mentre nel 2001 Vasco vince il Festivalbar con Ti prendo e ti porto via, dall’album Stupido hotel. I Buoni o cattivi del 2004 registrano le più alte vendite dell’anno in Italia, a cui fa seguito l’esibizione in un concerto gratuito a Catanzaro di fronte a 400.000 persone. La laurea “honoris causa” in Scienze della Comunicazione conferitagli dallo IULM di Milano giunge nel 2005 a coronare gli studi interrotti dal cantante in gioventù ed è un’indicativa manifestazione di quanto il rocker ribelle sia riuscito ad ottenere il consenso generale, pur rimanendo fedele al proprio stile.

Nel 2008 esce il quindicesimo album in studio Il mondo che vorrei, la cui title track esordisce al primo posto delle classifiche, così come il singolo Eh… già, che anticipa l’uscita di Vivere o niente nel 2011. Il secondo estratto, Manifesto futurista della nuova umanità, conferma le doti di sintesi e profondità dell’autore Rossi, senza celare una vena malinconica di pacifica rinuncia. Un problema di salute lo costringe ad annunciare il temporaneo allontanamento dai palchi, che tornerà a calcare nel 2013 con il Live Kom 13. Seguono Cambia-menti, e Dannate nuvole preannuncia l’uscita di Sono innocente.

Intanto per il Live Kom 14 Vasco Rossi dà un’impronta metal al suo sound, come naturale svolta evolutiva, e registra oltre 400.000 spettatori sulla totalità delle date. Nel 2017 la madre di tutti gli eventi, il Modena park, che si terrà il primo luglio dello stesso anno, per celebrare i quarant’anni di carriera di questo immenso artista della musica made in Italy. Gli oltre 205.000 spettatori che accorrono a vederlo regalano a Vasco il record mondiale per il maggior numero di paganti a uno spettacolo dal vivo. A noi comuni mortali non resta che prenderne atto e quella irrefrenabile voglia di cantare a squarciagola: “Sai che cosa penso, che se non ha un senso, domani arriverà lo stesso”.

 

Gino Morabito e Ginevra Baldassari

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