MICHAEL BUBLÉ, LA RINASCITA DI UN EX-EGOCENTRICO

“Ero ossessionato dai record, dai numeri, dalle classifiche. La mia vita ruotava intorno al mio successo e mi sembrava l’emblema della perfezione. Mi sentivo una star, un vincente e il mio ego veniva prima di tutto…

… poi è arrivata quella diagnosi e una parte di me è morta per sempre affinché una nuova venisse alla luce.”

Esternazioni di forte impatto emotivo che lui, Michael Bublé, il divo da 60 milioni di dischi venduti e ben 4 Grammy Awards all’attivo, lascia fluire con naturalezza. I suoi occhi non disdegnano di nascondere le lacrime, non più, anzi pare vogliano ostentarle, quasi fossero uno stendardo di cui andare fieri; un vessillo da proteggere, da amare, da condividere.

“L’amore, la famiglia, la salute, ecco cosa conta davvero nella mia vita. Adesso queste sono le mie priorità dopo la guarigione di Noah.”

Ogni singola parola è intrisa di commozione, propria a chi ha vissuto un dolore forte e ha temuto scenari tragici ed irreversibili. Michael pare essere uscito psicologicamente devastato dalla malattia del figlio al quale, due anni fa, fu diagnosticato un cancro al fegato. Alla terribile notizia, l’artista canadese decise di abbandonare il tour e gli impegni di sponsorizzazione dell’album “Nobody but me” e di dedicarsi univocamente, per due anni, alle cure del bambino. Quello che il cantante affronta è un calvario di angoscia e terrore; un incubo che non può non scuotere, non lasciare strascichi, ferite insanabili e che inevitabilmente traccia nuove rotte, delinea nuovi cardini nella vita di un individuo. Fortunatamente Noah reagisce bene alle cure e, qualche mese fa, con un comunicato stampa, se ne annuncia la guarigione.

L’assenza di Michael dalle scene, ad ogni modo, preoccupa non poco i fans e le voci, che si rincorrono e si propagano velocemente, palesano la volontà dell’artista di ritirarsi definitivamente perché troppo scosso da quanto ha subito. L’annuncio dell’uscita del nuovo album “Love” spazza via timori e perplessità e riempie di gioia gli innumerevoli estimatori dell’artista che avevano temuto di rimanere orfani della sua calda e intensa voce.

“Quando i medici mi hanno detto che Noah era gravemente ammalato, ho pensato che non sarei più riuscito a cantare, ma la musica è la mia vita ed è stata un’ancora di salvezza nei momenti bui; non potrei mai lasciarla.”

Nella stessa occasione, il cantante ha ribadito con orgoglio le sue radici italiane, parlando affettuosamente del nonno trevigiano, Demetrio, che lo persuase ad incamminarsi verso la strada della musica.

Michael Steven Bublé nasce a Burnaby (Canada) da madre italiana e vanta, pertanto, anche la cittadinanza del nostro Belpaese. Nonno Demetrio gli trasmette l’amore per Frank Sinatra, grazie al quale scopre lo stile di canto suadente e sussurrato dei crooner, che pare gli si addica particolarmente e lo fa suo. Con il viso, la fisicità e il timbro vocale che madre natura gli ha donato – mi si conceda la riflessione tutta al femminile! – avrebbe potuto incamminarsi verso strade di facile percorrenza, adoperando scaltramente melodie orecchiabili e videoclip accattivanti. Michael, al contrario, sceglie un percorso sfidante e si cimenta, con invidiabile semplicità, in sonorità che lasciano trapelare il suo amore per lo swing più ricercato. Degne di nota sono le sue versioni di “Put your head on my shoulders” di Paul Anka, “Come fly with me” di Frank Sinatra e “Crazy little thing called love” di Freddy Mercury. Il resto è storia.

 

Il cantante racconta commosso quanto gli siano state d’aiuto le parole affettuose dei fans; gli innumerevoli messaggi di incoraggiamento e le preghiere che, come un balsamo dolcissimo, hanno lenito in parte il dolore e confortato lui e sua moglie. Ringrazia continuamente e le parole di riconoscenza sono toccanti, vere, sentite. Si rivolge spesso al pubblico, dispensando sorrisi e spostando più volte l’attenzione su quest’ultimo. È un uomo nuovo Michael: un ex- egocentrico che ha compreso che la felicità non la si trova guardandosi allo specchio ma donando e ricevendo amore.

“Love”, non poteva intitolarsi diversamente l’ultimo lavoro del rinato Bublé, che ammette quanto gli applausi di un pubblico interessato sopratutto al benessere e alla stima dell’uomo, prima che dell’artista, possano dare molta più soddisfazione.

“Ritengo che questo sia l’album perfetto. Un disco attraverso il quale mi impegno a restituire al mondo un po’ di quell’affetto ricevuto, perché ce n’è tanto bisogno”, commenta.

 

“Love” costituisce un vero e proprio tributo alle priorità assolute dell’esistenza, ponendo un delicato accento sui sentimenti umani più elevati: l’amore donato e quello ricevuto; il supporto emotivo dell’altro; il conforto.

“Love you anymore”, il singolo che ha anticipato la pubblicazione dell’album, è una passionale dichiarazione verso un antico e puro amore, che riaffiora prepotentemente con ricordi provenienti da un passato genuino e si insinua nel presente dei piccoli gesti quotidiani… Che sia un subliminale messaggio di un uomo intenzionato a dismettere le giacche tempestate di lustrini da superstar mondiale, in favore di una camicia griffata sì, ma di fattura più comoda e umile? Probabile. Com’è probabile che Michael non ci leggerà… Vero è, però, che a noi questo “ex-egocentrico rinato dall’amore e dalla sofferenza” piace di più!

 

Brigida Buonfiglio

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