UNICITÀ,
PROFONDITÀ,
CALORE E COLORE DI UNA VOCE
A volte, quando meno te lo aspetti, ti capitano dei casi “banali” che invitano a riflettere sull’arte in generale e sulla bravura di certi autori e artisti di trasmettere sensazioni più o meno forti, a seconda della maggior o minore efficacia delle loro opere e modalità espressive, tra cui preminente nello specifico, per un musicista o compositore è la capacità di modulare o usare o far usare lo strumento o gli strumenti che si hanno a disposizione (anche la penna o il computer), dando loro una precisa matrice, identità, unicità che veicolano e mettono in relazione, spesso in modo assolutamente inequivocabile, il suono (e magari anche il testo) con il suo stesso autore o emittente, rendendolo riconoscibile secondo i vari gradi di identificabilità (il suono di un violino, di un orchestra o il rumore per strada, uno spartito che viene eseguito).
In una notte di metà novembre piena di sensazioni che “suonavano” nell’aria, mi sono definitivamente reso conto, se ce ne fosse stato bisogno, dell’importanza di quello che considero il suono (la voce), capace di una delle più forti caratterizzazioni in grado di porre in essere questa equazione identità, autore.
Vicino alla finestra della mia stanza, con la luna in parte riflessa, in parte nascosta dalle nuvole, tanto da creare strani giochi nell’aria quasi spettrali, retaggio di un Halloween da poco trascorso…
… mentre sono impegnato a mirare quello spettacolo, la mia vista viene distratta dall’udito, per la precisione da un rumore, quello di una macchina che passa per una strada davanti al mio condominio. E Il rumore, sfumando, si trasforma in soul e nel suono di una voce e di una canzone: “Do you feel like I feel”, “identità, unicità, profondità, calore e colore di una voce”. Ladies and gentlemen vi presento Mario Biondi.
Certo, nel caso di un cantante strumento e persona fisica non sono separati ma ovviamente in simbiosi per motivi prettamente strutturali, ma, al di là di questo, a parte alcuni riferimenti stilistici che mettono il nostro artista in relazione con Isaac Hayes, Barry White e Lou Rawls, la voce, il suono di Mario Biondi possiedono una “identità”, intesa come matrice, “unicità”, cioè capacità di essere riconoscibile secondo una precisa gradualità, “profondità, calore e colore” del timbro. Ognuno di questi elementi (validi per ogni caso ), in sintesi, forma lo stile di un artista e di questo in particolare. Il tutto coadiuvato da una padronanza tecnica notevole e dall’uso del falsetto che gli permette, dove sia necessario, di alzarsi in impennate inaspettate, sempre nei limiti dell’estensione vocale e del timbro.
A un anno e mezzo di distanza da “Beyond”, arriva “Best of soul”, il nuovo doppio album di Mario Biondi che celebra i 10 anni dall’esordio discografico con “Handful of soul”. 22 brani, con 7 inediti, tra i quali uno a cui il nostro Mario Ranno è strettamente legato.
«Tra gli inediti di #BestOfSoul ce n’è uno a cui tengo in modo particolare, si tratta di “Gratitude”. Mi sono fermato a pensare agli ultimi 10 anni passati insieme, alle cose che abbiamo vissuto, a tutta la strada che abbiamo percorso…
… e la parola “gratitude” esprimeva perfettamente le sensazioni che provavo e provo per voi. Ho cercato di mettere tutto questo in musica.»
Un gran bell’album che vuole rendere omaggio al genere musicale di cui l’artista catanese è unico rappresentante italiano nel mondo.
“Best of soul”, riduttivo definirlo una raccolta dei più grandi successi di Mario Biondi… e a febbraio al via il tour!
Orazio Andrea Ricca