BANCO DEL MUTUO SOCCORSO, IN PRINCIPIO ERA IL PROG ROCK

A 25 anni di distanza dall’ultimo album da studio, con l’immutato desiderio di continuare una strada che profeticamente è stata pensata come “un’idea che non puoi fermare”, Musica Intorno vuole raccontarvi la genesi di una band: la storia di uno dei più rappresentativi gruppi di rock progressivo, attraverso un percorso fatto di album e di vita.

Il Banco del Mutuo Soccorso sfornò entrambi i suoi capolavori nel 1972: il disco omonimo, caratterizzato dalla copertina a forma di salvadanaio, conteneva brani presto divenuti leggendari: dopo l’iniziale In volo, con le voci parlate di Vittorio Nocenzi e Francesco Di Giacomo nel ruolo dell’Ippogrifo (“Da qui, messere, si domina la valle: ciò che si vede… è”), il brano R.I.P. (Requiescat in pace) esplodeva in un riff concitato, raccontandoci di una battaglia sanguinosa (“cavalli, corpi e lance rotte si tingono di rosso, lamenti di persone che muoiono da sole, senza un Cristo che sia là”), seguito da un tema struggente, contrappuntato dal flauto dolce di Gianni Nocenzi e dalla voce divenuta quieta del vocalist (“Ora si è seduto il vento, il tuo sguardo è rimasto appeso al cielo, sugli occhi c’è il sole, nel petto ti è rimasto un pugnale”).

È un inno contro tutte le guerre, che sottolinea l’inutile sacrificio di ogni combattente (“E tu no, non scaglierai mai più la tua lancia per ferire l’orizzonte, per spingerti al di là, per scoprire ciò che solo Iddio sa”), con le liriche che diventano poesia (“Ma di te resterà soltanto il dolore, il pianto, che tu hai regalato”).

Passaggio ci fa ascoltare i passi di Vittorio che si siede per suonare una bella melodia appena accennata ad una sorta di clavicembalo, per poi richiudere lo strumento e allontanarsi. Le lunghissime Il giardino del mago e Metamorfosi permettono al gruppo di esprimersi in tutta la sua perizia strumentale, lasciando comunque spazio a Di Giacomo per emozionarci con la sua voce non paragonabile a quella di altri.

Il successivo Darwin! racconta, sempre con musiche strepitose e testi affascinanti, il nascere della vita sulla Terra (L’evoluzione) e il comparire del primo uomo, che da quadrumane riesce infine ad alzarsi in piedi (La conquista della posizione eretta), per poi scoprire nella convivenza con i suoi simili le condizioni per una vita migliore (Cento mani e cento occhi).

Splendido il duetto tra pianoforte e voce nella delicata 750.000 anni fa…l’amore?, con l’uomo primitivo che si nasconde per ammirare una donna (“Già l’acqua inghiotte il sole, ti danza il seno mentre corri a valle”) non osando mostrarsi nel timore che ella possa spaventarsi (“Ed io tengo il respiro, se mi vedessi fuggiresti via”) e reprimendo il suo desiderio (“Se fossi mia davvero, di gocce d’acqua vestirei il tuo seno, poi sotto i piedi tuoi, veli di vento e foglie stenderei”) non avendo il coraggio di mostrarsi fin quando lei non andrà via (“Lo so la mente vuole, ma il labbro inerte non sa dire niente, si è fatto scuro il cielo, già ti allontani, resta ancora a bere”).

Incredibilmente questo magnifico disco venne registrato con un semplice mixer a otto tracce collocato all’interno di un cinema parrocchiale: il sabato e la domenica la band doveva smontare tutti gli strumenti per permettere ai bambini della parrocchia di assistere alle proiezioni.

È del 1973 il terzo album, Io sono nato libero (il primo con Rodolfo Maltese alla chitarra, seppure in veste di ospite) ispirato, nel suo stupendo Canto nomade per un prigioniero politico, al golpe militare avvenuto quello stesso anno in Cile. Ma ricordato soprattutto per il successo della più accessibile Non mi rompete.

Il nuovo disco venne presentato al teatro Brancaccio di Roma il 22 novembre: per la prima e ultima volta si esibirono insieme Marcello Todaro e Rodolfo Maltese alle chitarre, mentre Vittorio Nocenzi suonò un assolo lungo 30 minuti, utilizzando i nuovi sintetizzatori costruiti per lui dall’artigiano Marco Maggi.

Come nel caso della PFM, la versione inglese di brani tratti dal primo e dal terzo disco, intitolata Banco (1975) fu dovuta all’interessamento della label Manticore degli ELP, con Keith Emerson che andò a vederli suonare dal vivo all’inizio di aprile presso il teatro Malibran di Venezia.

Il Banco del Mutuo Soccorso aveva già firmato il contratto con l’etichetta, e il relativo tour cominciò il 25 marzo al teatro Ambasciatori di Catania, per chiudersi il 10 aprile al teatro Storchi di Modena. La data di Venezia era quella prevista come presentazione ufficiale del nuovo LP di imminente uscita e, oltre a Keith Emerson (che arrivò in ritardo, riuscendo ad ascoltare solo gli ultimi due brani) registrò la presenza di giornalisti venuti da ogni parte del mondo e le riprese della Rai, che non videro mai la luce.

Salvo spezzoni in bianco e nero di Canto nomade per un prigioniero politico e Leave me alone, la versione inglese di Non mi rompete: il frammento del primo brano, in tema con il testo, vedeva Di Giacomo coprirsi il volto con le sbarre di una cella. La copertina del disco mostrava invece la foto del barbuto cantante mentre lanciava in aria una scarpa, e conteneva la traccia inedita intitolata L’albero del pane. Tutti i brani erano stati registrati nuovamente e con arrangiamenti diversi, eccetto Traccia II.

Il concerto tenuto al teatro Verdi di Salerno il 23 aprile del 1975 (pubblicato dalla Ma.Ra.Cash Records 30 anni dopo) vide il pubblico contestare l’iniziale R.I.P. nella versione inglese, urlando: «Cantate in italiano!», per poi applaudire Francesco Di Giacomo quando interpretò nella nostra lingua la seconda parte del pezzo. Questo spettacolo venne inciso su un Revox a bobine collegato direttamente all’impianto del gruppo, e la registrazione, regalata a Vittorio Nocenzi, fu rimasterizzata per l’occasione.

Il booklet del doppio CD, intitolato Seguendo le tracce, conteneva il diario di viaggio del buon Rodolfo Maltese, compresi i suoi disegni relativi a quei giorni. Al fine di promuovere il nuovo disco, registrato a febbraio presso gli Advision Studios di Londra, la band partì per un breve tour in Inghilterra a dicembre, esibendosi a Manchester, Nottingham, Dorchester, Liverpool e Londra. La data di Manchester li vedeva quali gruppo spalla dei Cuved Air, ma l’entusiastica risposta da parte del pubblico invertì i ruoli. A Dorchester Rodolfo salì sul palco a concerto già iniziato, dal momento che si era perso per le strade della città avvolte dalla nebbia.

A Londra il Banco tenne due concerti alla Roundhouse, e chiuse la tournée al Marquee Club l’8 dicembre 1975. Nell’occasione il gruppo romano rimase sorpreso dalle piccole dimensioni del celebre locale; e Francesco Di Giacomo, rivolgendosi più alla stampa che al pubblico, chiese gentilmente di smetterla di utilizzare il termine “spaghetti rock” quando si parlava di band italiane. Greg Lake si congratulò per lo show inviando un telegramma; la gente rimase a bocca aperta, richiedendo numerosi bis, e anche i Soft Machine si complimentarono con loro a fine concerto. La locandina di quella sera, con riferimento agli show londinesi, recitava testualmente: “A seguito del fantastico responso in occasione del debutto alla Roundhouse, il Marquee è orgoglioso di presentare il Banco per l’ultima data del suo tour inglese”.

Per inciso, durante le sopramenzionate registrazioni agli Advision Studios (che ospitarono anche la PFM) i fratelli Nocenzi si trattennero qualche giorno in più, e Vittorio si lanciò insieme a Keith Emerson in un duetto di tastiere lungo 40 minuti.

Dopo la colonna sonora per il film Garofano rosso dello stesso anno, il gruppo pubblicò il bellissimo Come in un’ultima cena nel 1976, tradotto in inglese da Angelo Branduardi (As in a last supper), dal momento che anche questo lavoro sarebbe uscito per la Manticore. Del disco faceva parte il brano Si dice che i delfini parlino, già presente con altro titolo nell’opera rock San Francesco, rimasta inedita e risalente all’anno prima, con la partecipazione dello stesso Branduardi, il quale seguì il Banco durante il tour del 1976 insieme ai Danzatori Scalzi, ottenendo grande successo con il brano Alla fiera dell’Est.

Lo stesso cantante e violinista avrebbe affiancato il Banco anche in occasione del tour 1978-1979 denominato “La carovana del Mediterraneo”, che, partito dall’Italia (memorabile lo show all’arena di Verona) avrebbe toccato altri Paesi quali Inghilterra, Svizzera, Germania e Belgio. Altra tournée europea del Banco era stata quella del 1976 insieme ai Gentle Giant, con Marcello Todaro al mixer invece che alla chitarra.

Vittorio Nocenzi compose le musiche e diresse l’orchestra per il disco interamente strumentale intitolato … di terra (1978), con il contributo di Alan King (flauto e sax), mentre Francesco di Giacomo partecipò solo ideando i titoli del lavoro, che, letti nel loro insieme, formavano una poesia.

Il Banco del Mutuo Soccorso concluse il decennio con l’ottimo Canto di primavera, pubblicato nel 1979 con Gianni Colajacomo al posto di Renato D’Angelo.

 

Giuseppe Scaravilli

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