NEGRITA, 9: IL POTERE EVOCATIVO DELLE CANZONI

Negrita01_musicaintornoRegistrato al Grouse Lodge di Rosemount, nell’Irlanda del Nord, e masterizzato da Ted Jensen presso lo Sterling Sound di New York…

il 27 febbraio 2015 veniva pubblicato “Il gioco”.

Il singolo anticipava “9”, il nono album in studio dei Negrita: produzione artistica di livello, tra emozioni, ricordi, lotte, rivoluzioni.

Nel carattere di un’opera particolarmente affascinante (come quella che abbiamo preso in esame), ciò che conta di più è quello che possiamo definire “quid”: quel certo che, capace di rendere unica e irripetibile un’opera a qualsiasi genere essa appartenga.

Ogni album, dappoi, se veramente riuscito, è un insieme di sensazioni capaci di suscitare tensioni emotive e una profonda azione pedagogica di critica delle convenzioni sociali, o il ricordo di fatti storici fondamentali, risultato di profondi sconvolgimenti politici e sociali. Il potere evocativo delle canzoni.

Negrita02_musicaintornoNel 1994, anno dell’esordio discografico della band, esce l’omonimo CD “Negrita” (per la Mercury/Black Out), mentre il 24 marzo 2015 viene pubblicato “9” (ultimo lavoro in studio) per la Universal Music Italia. I 13 brani che compongono quest’ultima fatica intellettuale dei Negrita possiedono intatti tutto il calore, l’emozione, la caparbietà e lo spirito rivoluzionario, trasgressivo ed evocativo di uno dei gruppi (già nel 1992 in formazione definitiva) più concreti e riusciti del panorama pop rock italiano e non solo, capaci anche di incursioni raffinatissime e di coloriture dei vari generi musicali nel loro sound.

Nello specifico mutatis mutandis: “Il gioco”, l’emozione della vita: «La vita è un gioco da eroi»; “Poser”, prima critica delle convenzioni sociali, feroce disamina dei social e di tutto il mondo che ruota attorno ad essi, un’attitudine all’omologazione della società dei selfie e del protagonismo nichilista a cui si oppone la vis dissacrante dell’artista: «Io sono un capo tribù, non sono un poser/na na na na ia/e non ho altre virtù I’m a loser!»; “Mondo politico”, seconda critica delle convenzioni sociali, l’istinto basico dell’uomo: «Senza alcun progetto per il futuro/con le mani in alto e le spalle al muro/l’uomo nasce e cresce in cattività/l’uomo vuole sangue e sempre sangue avrà»; “Que serà serà”, l’emozione della ricerca e dell’esperienza: «Voglio ubriacarmi la vita di curiosità… e fare collezione di prime volte».

Negrita03_musicaintorno“Se sei l’amore”, l’emozione di una preghiera pagana ad Eros: «Se sei l’amore salvami»;

“1989”, l’emozione della memoria, ricordo di lotte e rivoluzioni, anno cruciale nella storia dei nostri tempi. Il 15 aprile 1989 muore Hu Yaobang, padre del riformismo del Partito comunista cinese; questo innesca una serie di manifestazioni che sfociano, dopo l’approvazione della legge marziale del 20 maggio decisa da Deng Xiaoping, nelle proteste in piazza Tienanmen del 3 e 4 giugno.

Indimenticabili le immagini del 5 giugno del “rivoltoso sconosciuto” che si oppone all’avanzata dei carri armati dell’esercito popolare cinese, e che diventano il simbolo delle giovani istanze libertarie contro l’arroganza e la prepotenza del regime. Ma il 1989 è anche l’anno della caduta del muro di Berlino, che suddivideva la parte est della città sotto l’influenza dell’Urss da quella ovest sotto quella americana. Un muro (edificato il 13 agosto 1961 e demolito il 9 novembre 1989), diventato la cifra stessa che stigmatizza un intero periodo, iniziato a partire dal 1945, che vide la contrapposizione tra due sistemi, due potenze, due blocchi: comunismo (blocco sovietico) e liberal-capitalismo (USA) contro i sogni di molte generazioni come nel video e nel testo dei Negrita: «Giorni di velluto e poesie/disastri e utopie/a Berlino tutto ok/mentre il muro andava in briciole».

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“Ritmo umano”, l’emozione di essere libero, un ritorno alla natura primigenia dell’uomo: «Sono libero di respirare/libero ed ancestrale»; “Il nostro tempo è adesso”, l’emozione della tenacia dell’uomo contro la caparbietà del destino: «Ma il nostro tempo è adesso/nei labirinti di una città/la vita toglie la vita da»; “Baby I’m in love”, l’emozione della dipendenza e della dannazione: «Sei la mia dipendenza peggiore, la mia dannazione»; “Niente è per caso”, l’emozione dell’amore, del tempo, salvezza e malinconia: «Tempo che vivi/negli orologi/passa veloce/e portami via/da questo asfalto di carta vetrata/da questo esilio/di malinconia».

Negrita05_musicaintorno“L’eutanasia del fine settimana”, terza critica delle convenzioni sociali: comincia il video, inquadratura iniziale, sull’ingresso di una discoteca campeggia la scritta “Dancing Dead”.

Tra zombie e spacciatori la musica accompagna questa discesa all’inferno, metafora di una società che si annulla nella sua spasmodica ricerca del piacere che diventa un divertimento da “bara” a tutti i costi: «Scende il mostro della sera/nell’arena nazionale/ed ognuno si connette/al suo sogno artificiale».

“Vola via con me”, l’emozione di essere in due: «E dico che l’amore è un tango/e che si balla sempre in due/usciremo da questo fango/con le mie gambe e con le tue»; “Non è colpa tua”, l’emozione della memoria, ricordo di un sogno infranto: «Da Woodstock a White/dai Beatles a Jim/da Hendrix a Dylan/da Yung agli Stones/uno è il messaggio/ricorre una frase/portiamo l’amore che trionferà/milioni di cuori col sole negli occhi/vanno sicuri incontro al futuro/che promette tutto ma poi toglierà/la storia andò così».

 

 

Orazio Andrea Ricca

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