“LUNGA ATTESA”, MARLENE KUNTZ

 

DIGIPACK.inddSony Music/Columbia, 2016

Giunti al decimo album in studio, i cuneesi Marlene Kuntz si confermano realtà imprescindibile nel panorama del rock alternativo italiano.

L’iniziale canzone “Narrazione” è la classica invettiva contro una qualsivoglia normalizzazione dell’individuo rispetto a un esistente drammatico (“È la realtà che ci si disintegra e nulla che ci reintegra”).

La seconda track s’intitola “La noia” e si snoda lungo un lavoro chitarristico di rigore noise, che sostiene un testo ancora una volta fortemente polemico contro l’ambiente musicale sempre insoddisfatto (“Perché mi annoia la gente che spande arroganza/quella che sciorina sentenze/quella che al troppo ragionare si stanca”).

“Niente di nuovo” sottolinea il rinnovato standard compositivo della band piemontese: chitarre serrate e sezione ritmica di rigore. Per quanto concerne i il testo di questo pezzo, si conferma l’amarezza di una vita in cui si ripete la fenomenologia della ripetizione stanca di una tribolazione. La quarta “Lunga attesa” è una slow song che sorregge un testo dall’esistenzialismo un po’ cupo, “dubitoso” sulla presenza di un Dio da aspettare durante il corso degli anni.

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La successiva “Un po’ di requie” è l’ulteriore tassello della visione poetica del chitarrista e cantante Cristiano Godano, ossia l’affresco di un amore tanto decadente quanto degno di speranza. “Il sole è la libertà” è un brano che concede spazio alla vitalità di un sentimento redivivo, che s’apre decisamente all’ottimismo.

“Leda” si distingue per un’accelerazione della ritmica ed è la descrizione dell’esperienza di una donna, che vive un amore che sprizza genuina energia.

marlene-kuntz-lunga-attesa03_musicaintorno“La città dormitorio” si sostiene su un apprezzabilissimo wall of sound, aprendo la strada al testo che descrive la decadenza della dimensione da grande città. Emerge la convinzione che lo stereotipo dell’omologazione delle convenzioni annienti ogni spazio alla libertà personale.

“Sulla strada dei ricordi” è un piccolo manifesto sull’estetica dei Marlene Kuntz, in cui il sapore amaro di un passato vivido quanto doloroso è espresso con onesta schiettezza. L’ascolto di “Un attimo divino” ridesta la volontà di un sentimento nobile e ricambiato, testimonianza di una “fulgida” affezione.

“Fecondità” è il primo singolo che promuove questa raccolta di canzoni e lo è non casualmente: brano di forte impatto, sia dal punto di vista musicale (a proposito, l’innesto del bassista Lagash è una gradevole sorpresa per coloro che amano suoni solidi), sia da quello testuale (l’ennesima provocazione contro coloro che non covano ritegno nell’esprimersi “troppo”).

La finale “Formidabile” nulla aggiunge e nulla toglie alla bontà del cd: strutture musicali portentose e l’ennesimo attacco ad una “scena” eccessivamente ridondante nella sua vena ipercritica.

 

Giandomenico Morabito

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