L‘IRRINUNCIABILE MONDO RARO DI DIMARTINO E CAMMARATA

DiMartino e Cammarata 5_musicaintornoCi inebriamo del profumo di ieri in pagine ingiallite, senza tempo, in una poesia raffinata e d’antan. Due le voci a declamare, una flautata e l’altra più densa e oscura, in un equilibrio suadente: Dimartino e Cammarata i nomi. Lontani gli orizzonti che suggeriscono. Oltreoceano, fino al Messico.

Un mondo raro è l’attraente esperimento dei due amici cantautori ritrovatisi insieme in un istinto: una selezione di dieci celebri canzoni della tradizione messicana, proprie del repertorio di Chavela Vargas, la Piaf ispanica dalla “rude voce della tenerezza” (Almodòvar).

Musiche, per l’occasione, vestite d’italiano – il che ci piace per la stessa ragione che ci fa sembrare il progetto inconsueto, quando ricordiamo il contrario con le esperienze di voci nostrane prestate a repertori latini (Patrizia Laquidara).

Il colore di fondo è quello della malinconia che conforta, il calore lo stesso di una finestra aperta al sole, della magia che svela volti e corpi, movenze e respiri degli amanti cantati. Perché è l’amore il tema portante della struttura, il sogno che ritroviamo in ogni pagina: appassionato e travolgente, doloroso e rassegnato, desiderato e inseguito, raggiunto e abbandonato, disperato. Il suo racconto è diretto, mai complicato e tortuoso – perché non occorre si soffi su quello che naturalmente vola.

L’amore apre, consuma, chiude.

DiMartino e Cammarata 6_musicaintornoSe il distacco e la lontananza per l’oblio amoroso caratterizzano la placida Non tornerò, una supplica, nel ricordo della donna amata, accende Macorina tra le metafore: metti la mano qui Macorina, metti la mano qui. Dove la lingua cambia, le linee melodiche classiche non subiscono che le sole inflessioni interpretative dei due bravi artisti che arrivano, non di rado, a cullarci.

Ecco allora Un mondo raro: taccia uno quell’amore vissuto che l’altro, spavaldo e nel dolore, andrà narrando: perché ovunque io andrò/parlerò del tuo amor/come un sogno dorato… Ma anche: a chi vuole sapere/del mio passato/risponderò così/con un’altra bugia/dirò che vengo da lì/da un mondo raro/che non so cos’è il dolor/e che ho vinto in amor/e che non ti ho mai amato.

Anche gli strumenti, asserviti ai racconti, restano fedeli alla tradizione: percussioni tipiche e trombe, archi e soprattutto le chitarre nelle agili dita dei Los Macorinos, virtuosi dello strumento, già musicisti della Vargas, che nel dialogo perpetuo del duo che formano, regalano al disco un suono leggendario.

In più, un pianoforte d’epoca, dalla voce infelice e struggente, è il perfetto prestito per l’intensa Le cose semplici, ovvero la separazione dalle piccole, e non meno rilevanti delle grandi, cose: uno torna sempre/negli stessi posti/dove amò la vita/e si rende conto/di quanto siano assenti/quelle cose care… Per questo ragazza/non partire ora/sognando il ritorno/ché l’amore è semplice/e le cose semplici/le divora il tempo.

Ci abbandoniamo del tutto alla musica una volta a Non son di qui, ostinato verso in bocca ad un indomito qualcuno che pare non esserci mentre riesce a godere di ogni piacere senza identità e alcuna età. Fiammeggia la tromba, ancora dopo Macorina. Riflettiamo. Nella condivisione della nostra Sicilia con Dimartino e Cammarata, ci riconosciamo consapevoli che qualcosa di indefinibile lega facilmente tutti i sud del mondo e crediamo che da lì sia partito il percorso di Un mondo raro – che ci piace ricordare essere prodotto dalla calabrese Picicca Dischi, etichetta legata a Dario Brunori.

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Il ritorno della malinconia, un all’allontanamento amoroso cantato in Croce di addio, è compensato da Verde luna, superba canzone di cui, tra le altre, ricordiamo la celebrazione nelle interpretazioni indimenticabili di Carlo Buti e Mina: la passione e il desiderio nel ricordo che si fa condanna sulle corde del violino.

Un valzer per un altro addio impreziosisce Le ombre ed un invito alla partenza riassume la vivace Andiamo via, versi di un amore imprigionato nelle differenze sociali in cerca di affrancamento.

Una sorta di fil rouge chitarristico, in conclusione, lega il principio del finale all’attacco del disco, sebbene si passi dal tono maggiore dell’inizio a quello minore di questa traccia di chiusura: Pensami. Un accorato invito all’essere pensati: pensami/quando soffri/anche quando piangi pensami/quando vuoi/ puoi rubarmi la vita/non la voglio per niente/a niente mi serve senza te.

Non abbiamo riserve, Un mondo raro è proprio l’amore. L’amore vero, irrinunciabile.

 

 

Giuseppe Sanalitro

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