LA RIVOLUZIONE DEL GIORNO PRIMA, FOGGIA ROCK SFAVILLANTE

 

I Ritmo Tribale sono una delle band più longeve e credibili della storia del rock alternativo nazionale.

La fama di Edda Rampoldi è anche da addurre al suo ruolo di cantante di questo gruppo durante gli anni Novanta. Come dimenticare dischi come “Mantra” (1994) e “Psychorsonica” (1995), che possiamo annoverare tra le gemme del rock italiano anni Novanta?!

Ormai viviamo questo 2020 ed i Ritmo Tribale fanno a meno della loro voce storica (in verità sin dai tempi del precedente “Bahamas”, risalente al 1999) e presentano la seguente line-up: Andrea Scaglia (voce, chitarra), Fabrizio Rioda (chitarra), Andrea Filippazzi (basso), Luca Talia Accardi (tastiere), Alex Marcheschi (batteria).

Orbene, pubblicano “La rivoluzione del giorno prima” e il disco inizia con una parte del famoso discorso di Gian Maria Volontè in Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (Petri, 1970), che è una chicca miliare sul potere che reprime. Un’introduzione d’eccezione che non le manda a dire sulla visione underground dell’ensemble.

Nessuna nostalgia appare dal tiratissimo rock di Le cose succedono: l’hic et nunc di uno stato attitudinale che eccelle nella sua puntualità e nell’urgenza di un falso riscatto rispetto ad una sconfitta generazionale che mai c’è stata.

Con La rivoluzione del giorno prima vi è uno sprint ulteriore su un’età che si chiede e si risponde simultaneamente riguardo ad un’esistenza che non s’arrende. Resurrezione show è una rivisitazione di un pezzo dei Killing Joke, che è tradotta in un italiano visionario: qui la poetica di Jaz Coleman è immortalata nella sua pregnanza, ossia in un illuminante flash perenne.

Milano muori è una Polaroid sulla metropoli in questione: altro pezzo più che energico dalla foggia rock sfavillante per un testo tanto semplice quanto ficcante. Jim Jarmush vede in grande rilevanza un cantato forsennato per un testo diretto: borderline punk nella sua apoteosi.

Cortina accentua le tinte visionarie del cd, segnando i lati precostituiti di una società che ammorba l’individualità. Autunno ripropone un rock molto fluido per parole vivide. La conclusiva Buonanotte è una rilettura personale (il brano fu pubblicato già in “Mantra”), sorretta da un piano che spicca nella sua magnificenza, lasciando emergere la voce di Andrea Scaglia.

 

Per quanto mi concerne, uno dei dischi italiani dell’anno.

 

Giandomenico Morabito

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