I’LL SLEEP IN A PERFECT DREAM, CASCATE DI NOTE PER PIANOFORTE SOLO

Spontanea, inaspettata, suggestiva.

Natasha Tancredi non è la classica pianista da conservatorio, non ha studiato per decenni in una fredda aula e non è nemmeno una totale autodidatta. Si è fatta le ossa tra band, studio e concorsi.

“I’ll sleep in a perfect dream” (rilasciato da Blue Spiral Records) è la sua prima fatica discografica, un concentrato di personali emozioni, rese musica dal tocco delle sue dita, fra i tasti neri e bianchi del pianoforte.

Cinque brani compongono questo lavoro. “Over” è una cascata di note, che sembra essere anche il tratto distintivo nelle composizioni di Natasha. Quasi tutta d’un fiato si esaurisce in due minuti e trenta, “il brano nato per caso che cambiò la vita dell’artista, dopo un periodo difficile risalì verso i suoi sogni, senza mai arrendersi davanti alle difficoltà.

Dedicato alla nipotina invece è “Helena”, brano lento che si sviluppa in arpeggi della mano destra, questa volta più melodiosa e meno frenetica del primo, che conclude con un rallentando del tema, rendendo ancora più romantico l’epilogo del discorso musicale.

“Real madness” spezza il romanticismo e si apre ad un melancolico intro, cupo, fino ad una scala che termina nelle note più gravi del pianoforte, come una discesa all’inferno. Nervoso, ma sempre molto melodico si conclude con il tema iniziale.

“Dreamer awake” si apre ancora una volta con arpeggi, questa volta della mano sinistra, e avrebbe potuto prendere il volo per altri tre minuti, risultando un altro gradevole e semplice brano, se non fosse per il brusco e inaspettato cambio di registro udibile al primo minuto. Interrotto quasi di netto il discorso musicale, il brano prende un’altra piega, un altro tempo; rallenta, cambia linguaggio e segue un altro percorso, fino a velocizzarsi, salire di dinamica e riprendere lo stesso arpeggio per ritornare all’idea originale.

“Chiudi gli occhi e si vola, suonare senza pensare” così scrive la compositrice Natasha Tancredi descrivendo “Bandaged game”, ultimo brano di questo lavoro. Melodico e veloce, caratterizzato da arpeggi di entrambe le mani, si sviluppa da un tema iniziale di pesanti accordi, addolcendoli e sciogliendoli in melodia. Il brano di due minuti e mezzo danza ininterrotto fino a riprendere il tema degli accordi iniziali e concludere con un inaspettato tempo molto più simile ad un ragtime o un jazz.

Non la classica pianista, dunque, ma un inaspettato concentrato di emozioni personali, che trasbordano dall’etichetta, forse troppo stretta, di “classica”, e che trovano invece comodità nel più ampio e sincero grembo di Musica.

 

Davide Agrò

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