GOD SHAPED HOLE, UN VIAGGIO VERSO LA SPERIMENTAZIONE SONORA DI FLAVIO G. CUCCURULLO

Di Davide Agrò

Classe 1992, nato ad Avellino, Flavio G. Cuccurullo è un chitarrista e compositore attivo in diversi settori musicali che lo vedono coinvolto come autore di colonne sonore, spot e cortometraggi. Il suo ultimo lavoro God shaped hole, pubblicato per la Blue Spiral Records, è un album composto da nove brani, in una commistione di generi e strumenti sapientemente orchestrati.

Ad aprire le danze è As above so below. L’apertura in crescendo permette di dare spazio all’ingresso di ogni singolo strumento per gustare al meglio il tema principale. A metà fra l’etnico e l’elettronico, il brano richiama verdi praterie e pascoli incontaminati, in una cavalcata musicale scandita da un ottimo uso delle dinamiche strumentali. Suoni lunghi e vibranti si distendono in Rah. L’uso intensivo del riverbero disegna un paesaggio sonoro tridimensionale, quasi palpabile, mentre il sitar prende possesso della scena imponendosi tra le percussioni.

In Dream catcher (feat. Alice Tamburrino) possiamo ascoltare una chitarra e un pianoforte dialogare fino all’inaspettato ingresso vocale che rende il tutto estremamente coinvolgente, melodico, sognante. Romantico e malinconico, Measuring the silence ci trascina in una lenta melodia dai toni pacati, che lascia spazio a riflessioni e pensieri. Dopo il primo minuto e mezzo, il brano incalza nella dinamica coinvolgendo percussioni e aumentando il numero di note al canto, in un disperato sforzo finale che aggiunge pathos alla composizione.

Quasi pop, acustico, We are earth, alla traccia numero cinque. Con la sua semplicità e chiarezza di intenti è un brano frizzante e giocoso. Protagonista è la chitarra acustica che strappa un sorriso iniziale che si fa più riflessivo al secondo minuto, intervallato da pause e rallentamenti. L’ingresso di un’elettronica più invadente prende il controllo del brano nella sua lenta evoluzione di oltre sette minuti, per poi ritornare allo stadio iniziale.

Segue una breve introduzione strumentale che cede il passo alla voce di Ekaterina Shelehova in Catch the sun. Ricorda negli intenti la celebre band Florence and the Machine ma con un piglio più sperimentale, simile a Bjork. Moderna, a tratti epica, orecchiabilissima. È sicuramente la traccia più riuscita di tutto l’album, grazie alla commistione di diversi generi in un unico grande respiro.

A riportarci con i piedi per terra ci pensa Zephyr, con i suoi soli di chitarra che si fanno spazio tra arpeggi e lunghi suoni stirati. Il brano, a tratti, ricorda sonorità country in un calderone etnico e futuristico. Torna la splendida voce di Ekaterina Shelehova in Everything. Dal sapore ancora più pop questa volta, definisce chiaramente il modello canzone con verso e ritornello su una base strumentale semplice che accompagna e sostiene la voce.

Ultimo brano, God shaped hole, con un’introduzione alla chitarra accompagnata da archi e sostenuta successivamente dalle percussioni, in un climax sonoro che esplode pacatamente al secondo minuto. Vivace, non perde occasione per mettere in mostra la tecnica chitarristica del suo autore, senza mai uscire fuori dal genere e rimanendo comunque in un binario stilistico ormai consolidato durante tutto il disco.

Etnico, moderno, a tratti pop, incredibilmente variegato eppure così omogeneo, sincero, sicuro. Un disco senza sbavature, denso della tecnica e della sapiente maestria di Flavio G. Cuccurullo. Il tutto confezionato in un packaging accattivante disegnato da Maurizio Orioli. Imperdibile.

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